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Dal bucato ai piatti, passando per il forno: falsi miti da sfatare per risparmiare energia

Lavare i piatti a mano è più eco-friendly che usare la lavastoviglie. Utilizzare un programma di lavaggio rapido quando si fa il bucato contribuisce al risparmio energetico. Preriscaldando il forno il tempo di preparazione delle pietanze diminuisce. Se qualcuno pensa che questi gesti siano corretti ha sbagliato di grosso. In casa, infatti, il rischio di cadere nei “falsi miti del risparmio energetico” è dietro l’angolo. E anche se lavatrice, lavastoviglie e forni sono diventati sempre più attenti all’ambiente, molto dipende dalla capacità di saperli usare in modo efficiente.

Ma come evitare errori? Tra chi fornisce informazioni utili per un uso consapevole degli elettrodomestici c’è Idealo, comparatore di prezzi e opinioni per gli acquisti on line, che attraverso il suo magazine ci guida alla scoperta di 10 falsi miti sul risparmio energetico in casa.

Partiamo dalla lavatrice. Quelle di oggi sembrano ormai il cruscotto di comando di una navicella, se paragonate ai modelli rumorosi in cui le manopole meccaniche “grattavano” il tempo dei lavaggi. Quelle tuttavia erano modelli molto più dispendiosi da un punto di vista energetico. E anche il modo di lavare lo era. Oggi non serve più lavare a 60 o 90 gradi per un bucato più pulito: le nuove lavatrici e le avanzate tecniche di lavaggio permettono di ottenere capi puliti allo stesso modo con un lavaggio alla temperatura di 40 come 60 gradi. Le possibilità di risparmio sono in questo caso davvero notevoli, sottolinea Idealo: “Lavare a 40 piuttosto che a 60 gradi equivale a utilizzare la metà dell’energia. Un lavaggio a 30 gradi permette di usarne solo un terzo”.

Ricordate, inoltre, che macchie più profonde possono essere trattate con uno smacchiatore o del sapone da bucato prima del lavaggio effettivo. E tornando ad uno dei falsi miti citati all’inizio: più veloce non equivale a più risparmio. Questo, ad esempio, è il motivo per cui le lavatrici sul mercato dotate del programma Eco, impiegano più tempo per il lavaggio. Il motivo è semplice: nel caso di un lavaggio rapido servirà un maggiore apporto di acqua e di energia per raggiungere la temperatura desiderata in un tempo più breve.

Dal bucato passiamo alla cucina. Partiamo sfatando il mito per cui lavare i piatti a mano sia più eco-friendly che usare la lavastoviglie. Come rivelato da uno studio condotto dall’Università tedesca di Bonn, lavare la stessa quantità di stoviglie con una lavastoviglie piuttosto che a mano corrisponde ad una riduzione del consumo di acqua pari al 50% e ad un risparmio energetico del 28%. Un ulteriore potenziale di risparmio risiede nelle dimensioni dell’elettrodomestico: una lavastoviglie da 9 coperti è adatta per 1-2 persone. Una lavastoviglie da 12-14 coperti è la soluzione ottimale per famiglie, studentati e case condivise. E ricordate, inoltre, che un ulteriore risparmio idrico è garantito se si evita di prelavare a mano i piatti prima di metterli in lavastoviglie: basterà rimuovere i residui di cibo più grossolani con una forchetta o cucchiaio.

Chiudiamo rimanendo in cucina: nelle modalità di preparazione di diversi prodotti è consigliato preriscaldare il forno. Ma questo diminuisce il tempo di preparazione delle pietanze facendoci risparmiare energia? La risposta è no. La quantità di energia utilizzata per un preriscaldamento è di gran lunga superiore al minimo vantaggio che se ne ricava in termini di tempo. Il vero modo per risparmiare energia, come consiglia Idealo, è fare l’opposto: spegnere il forno poco prima della fine del consueto tempo di cottura e lasciarlo chiuso. Così facendo il calore residuo continuerà a cuocere il cibo.


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Il grande giorno dell’apertura dello Science Gateway, centro di educazione scientifica del Cern

Il Cern ha inaugurato Science Gateway, il centro per l’educazione scientifica e la cultura. (altro…)


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Basta affitti insostenibili: la battaglia della studentessa del PoliMi Ilaria Lamera

Ilaria Lamera, studentessa di Ingegneria ambientale al PoliMi, ha deciso di protestare concretamente contro il caro affitti a Milano accampandosi con la sua tenda in piazza Leonardo Da Vinci dal 2 fino al 7 maggio con l’obiettivo di puntare i riflettori su una tematica che sta ostacolando il percorso universitario di moltissimi studenti.

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Digitale

La scelta fra Assange e Google

c:/> 09 Dai Big digitali nuovi sostanziosi gettiti finanziari per il fact-checking pilotato dal controllo politico internazionale

Mentre nonostante abbiano atteso più di un decennio, oggi la stragrande maggioranza della stampa internazionale e anche la nazione brasiliana si sta schierando contro la persecuzione in corso da parte degli USA nei confronti di Julian Assange, e lo fa con una formale lettera di protesta al governo degli Stati Uniti d’America per chiedere la fine delle persecuzioni giudiziarie, il nuovo monopolio dell’informazione digitale si muove nel senso opposto, ovvero verso una implicita censura verso tutto quello che non sia a loro insindacabile arbitrio contrario al politically correct.

“Ottenere e divulgare informazioni sensibili quando è necessario nell’interesse pubblico è una parte fondamentale del lavoro quotidiano dei giornalisti. Se questo lavoro viene criminalizzato, il nostro discorso pubblico e le nostre democrazie sono resi significativamente più deboli”: questo il testo riportato da New York Times, Le Monde, The Guardian, Der Spiegel ed El País. Testate italiane? Non pervenute!

In compenso Google e YouTube hanno annunciato, infatti, una sovvenzione di 13,2 milioni di dollari per l’International Fact-Checking Network rinforzando la battaglia che da qualche tempo si sta combattendo fra i principali social media di cui abbiamo già scritto. Ad avere in mano la patata non si espongono certo ad essere quelli di Alphabet ma una società dietro le quinte, la Poyntner, scuola di giornalismo no-profit con sede a St. Petersburg in Florida che distribuisce le regalie che riceve da “innocui e imparziali sovvenzionatori” come appunto “Aphabet” ad una rete di 135 organizzazioni di fact-checking in 65 nazioni che coprono oltre ottanta lingue.

Se vogliamo capire di che cosa si tratta e perché si stia verificando proprio in questi giorni occorre ricordare che tutto è iniziato a partire dagli stati di polizia pandemici aa sostegno dell’imposizione vaccinale delle Big Pharma per proseguire poi con la guerra in Ucraina. È evidente come le corporation mediatiche digitali — alla faccia di chi ha il coraggio di dare del dittatore a Musk, o perlomeno soltanto a lui — si stiano definitivamente armando per scendere in campo con tutto quello di cui si ritengono capaci per influenzare le masse e plasmare gli eventi, creando il consenso a tutti i costi seguendo la ben nota scuola Hearst.

Google allunga poi i suoi potenti tentacoli nelle scuole e nelle biblioteche fino a fondare la Google Safety Engineering Center for Content Responsibility (GSEC) a Dublino concepito come «un punto di riferimento regionale per gli esperti Google impegnati a contrastare la diffusione di contenuti illegali e dannosi, nonché un luogo in cui possiamo collaborare con legislatori, ricercatori e autorità nell’ambito della regolamentazione».

“Nello specifico, Google sta operando soprattutto nell’Europa centrale e orientale, attraverso finanziamenti di 2,5 milioni di dollari a TechSoup Europe con l’obiettivo di aiutare le ONG a combattere la disinformazione e di supportare Demagog – sito che controlla la veridicità delle affermazioni dei politici cechi e dei contenuti popolari sui social network – «nella costruzione del suo ecosistema di verifica dei fatti in tutta la regione». YouTube ha lanciato, invece, un’iniziativa di «alfabetizzazione mediatica», chiamata Hit Pause, per «aiutare le persone a valutare i contenuti che guardano e condividono fornendo suggerimenti sull’identificazione delle diverse tattiche di manipolazione utilizzate per diffondere disinformazione». Quest’ultima iniziativa verrà estesa in tutta Europa nei prossimi mesi. Inoltre, Jigsaw – una squadra all’interno di Google che sviluppa ricerca e tecnologia per contrastare i danni online – ha recentemente distribuito una serie di video prebunking come tattica preventiva per aiutare a contrastare le narrazioni anti-rifugiati in tutta l’Europa centrale e orientale” (L’Indipendente).

Sicuramente uno dei primi obiettivi di questi censori con l’aureola demoKratiKa sarà quello di condannare:

  • la libera gestione della salute personale e familiare
  • la denuncia delle manovre di “normalizzazione” e controllo sociale di Klaus Schwab e del suo Great Reset (peraltro da lui stesso vergato nero su bianco) qualificate come complottismo paranoico, reazionario, terroristico ed anti democratico.

Da qui all’oscuramento, o all’equipollente derubricazione dai database dei motori di ricerca, il passo direi che sarà breve.


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