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Le criptovalute non sono solo speculazione

Dopo il Venezuela, ora anche la popolazione di Turchia e Libano, molto colpita dall’inflazione, sta sperimentando la rivoluzione delle criptovalute senza passare dalle banche

Il problema dell’inflazione in Turchia

La Turchia nonostante la pesante inflazione (ha toccato il 20%) continua la sua politica sul taglio dei tassi d’interesse, ossia il guadagno che le banche hanno quando prestano denaro, questo per volere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, solamente nel 2021, ha cambiato ben tre Presidenti della Banca Centrale della Repubblica di Turchia a causa della loro contrarietà a questa politica monetaria estremamente espansiva.

Notoriamente, per porre un freno all’aumento dei prezzi, le banche centrali alzano il costo del denaro, limitando l’offerta di moneta per contrastare l’inflazione. Erdogan, a quanto pare, non ha intenzione di seguire questa regola poiché aveva promesso tassi più bassi per la sua nazione sia per rispettare gli insegnamenti islamici che proibiscono l’usura sia per stimolare l’economia rendendo più vantaggiosi i prestiti.

La Banca centrale taglia tassi d’interesse al 15%

La Banca centrale turca ha tagliato i tassi d’interesse di 100 punti base, dal 16% al 15%, dopo aver effettuato già ad ottobre un taglio di 200 punti base, dal 18% al 16%. Si tratta quindi del terzo taglio netto e consecutivo nel giro di pochi mesi, per un totale di 300 punti base.

Negli ultimi giorni, a causa della spregiudicata politica monetaria di Erdogan, il ministro delle finanze turco ha subito la stessa sorte degli ultimi Presidenti della Banca Centrale. Lufti Elvan, 59 anni, è l’ultima vittima del capo del governo e lascia l’incarico dopo solo un anno dalla nomina su sua espressa richiesta, secondo il decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale turca.

La sua colpa è di essere rimasto l’ultimo difensore di politiche economiche e monetarie ortodosse basate sulla lotta all’inflazione e che invece il nuovo ministro delle finanze, Nureddin Nebati, non seguirà.

Nureddin Nebati, Ministro Finanze Turchia

Il ruolo delle criptovalute

Ovviamente l’opinione di Erdogan sulle criptovalute è tutt’altro che positiva: ad aprile 2021 il governo turco ha vietato l’uso di valute digitali per effettuare pagamenti nel Paese. A settembre il Presidente ha espresso il suo parere contrario durante l’evento “Meeting With Youth”tenutosi con studenti universitari di 81 province a Mersin, città portuale e fondamentale per l’economia del Paese.

Uno dei partecipanti ha chiesto se la Banca Centrale turca fosse interessata ad aprirsi alle criptovalute, considerando anche il fatto che da poco la Banca Centrale ha creato una nuova piattaforma per ricercare e testare una versione digitalizzata della lira turca, chiamata Digital Turkish Lira Collaboration Platform.

La risposta di Erdogan è stata: “Al contrario, abbiamo una guerra separata, una lotta separata contro di loro. Pertanto, non gli daremo mai supporto. Perché andremo avanti con la nostra valuta che ha una sua identità.”

Molti giovani però, nonostante i divieti imposti contro le valute digitali, trovano il modo di comprarle sia per investimento contro l’inflazione sia per comprare beni e servizi. Nel momento in cui la moneta di stato vale sempre di meno si rischia di avere delle oscillazioni giornaliere incredibili anche su beni di primaria necessità ed è in questo caso che entrano in gioco le StableCoin.

La stablecoin è una valuta digitale ancorata a un’attività di riserva stabile come il dollaro statunitense o l’oro. Le “valute stabili” sono progettate per ridurre la volatilità rispetto alle criptovalute non ancorate come i bitcoin pertanto sono molto meno volatili  e rappresentano una forma di valuta digitale molto più adatta al commercio di ogni giorno e alle operazioni trasferimento tra valute diverse.

Il governo turco ha sicuramente tutti i mezzi per proibire ai negozi di usare legalmente le criptovalute come pagamento e gli ATM di Bitcoin, ma è assolutamente impossibile impedire lo scambio di denaro digitale tra persone dotate di smartphone e questa rivoluzione silenziosa continuerà.


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Torna a Torino dal 16 al 19 maggio Space Festival Gioco, Scienza, Fantascienza

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Earth Day – Il giorno della Terra

Dal 18 al 22 aprile tornano le celebrazioni dell’Earth Day con le parole d’ordine: Ambiente, Pace, Giovani, Innovazione, Plastica. (altro…)


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Eventi

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale inasprendo o generando instabilità e un conflitto mondiale a pezzi.

Quest’anno il movimento scenderà in piazza insieme ai movimenti palestinesi per chiedere anche un cessate il fuoco immediato e permanente in Palestina. Come afferma Martina Comparelli, attivista di Fridays For Future Milano: “Gli interessi delle lobby fossili continuano a finanziare gli Stati responsabili di guerre, colonialismo e genocidi, come per esempio accade nel caso del Piano Mattei di ENI voluto dal governo Meloni. La stessa ENI a fine Ottobre 2023 ha firmato un accordo con chi colonizza la Palestina, per esplorare giacimenti di gas nelle acque di Gaza, rendendosi a pieno titolo complice del genocidio del popolo palestinese.”

Inoltre, è stato annunciato uno sciopero di tutta la giornata di venerdì 19 aprile da parte del sindacato Sisa per tutto il personale docente, dirigente e ATA, sia di ruolo che precario, sia in Italia che all’estero. Questo sciopero rappresenta un’importante mobilitazione nel settore dell’istruzione, sottolineando l’urgenza di affrontare le sfide attuali legate alla giustizia climatica e sociale anche nel contesto educativo.

Il movimento climatico chiama a raccolta tutte le realtà che lottano per la giustizia climatica e sociale, per la costruzione di un futuro condiviso e più equo per tutti. “Abbiamo bisogno di riprenderci il futuro. Di agire per il benessere collettivo, fermando i progetti fossili confermati con il Piano Mattei come il raddoppio del gasdotto Tap, realizzando qui come altrove una transizione a pianificazione democratica” aggiunge Comparelli.

Di transizione e Piano Mattei si parlerà anche al prossimo G7 in Puglia, a giugno, ma gli già insufficienti impegni presi nell’edizione precedente non vedono ancora un riscontro nelle politiche italiane, come spiega Michele Ghidini, attivista di Fridays For Future Brescia: “Serve una spinta decisa verso l’uscita dal fossile: se vogliamo davvero rimanere i +1.5°C dobbiamo seguire le indicazioni che la scienza ci ha dato già da tempo. L’ultimo rapporto dell’IPCC è chiaro: la transizione deve essere accelerata accompagnandola con misure di riduzione delle disuguaglianze come la cancellazione del debito.”

Le date di mobilitazione sono annunciate in collaborazione con altre realtà sociali, sindacali e transfemministe, tra le quali il collettivo di fabbrica GKN e Giovani Palestinesi Milano. Come dice Alessandra Pierantoni, attivista di Fridays For Future Forlì: “Vogliamo mostrare che un’alternativa è non solo possibile, ma desiderabile. Abbiamo bisogno di un intervento pubblico ora che operi ora e massicciamente per assicurare una transizione equa partendo dai bisogni di base, che coinvolga anche il mondo del lavoro, in modo da creare nuovi posti in tutti i settori necessari e adottare politiche di inclusione economica e sociale. Nessuno/a deve essere lasciato indietro.”


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