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Sociale

Fabrizio Palenzona è il nuovo Presidente della Fondazione CRT

Fabrizio Palenzona è il nuovo Presidente della Fondazione CRT. Palenzona è stato eletto dal Consiglio di Indirizzo alla prima votazione con la maggioranza assoluta di 10 consensi.

Il neo Presidente Palenzona subentra a Giovanni Quaglia, che ha guidato la Fondazione CRT dal prino febbraio 2017.

Nato a Novi Ligure nel 1953, laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Pavia, giornalista pubblicista. È Vice Presidente di Confcommercio, Presidente Onorario di Conftrasporto, Presidente di Prelios SpA e di FAI Service società cooperativa.

È stato anche Presidente di Assaeroporti (Associazione Italiana Gestori Aeroporti), Presidente di Aiscat (Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori), Vice presidente e cofondatore di Unicredit S.p.A., Consigliere di Amministrazione di Mediobanca S.p.A., Presidente di Aviva Italia S.p.A.

Nell’attività politica ha ricoperto la carica di Presidente della Provincia di Alessandria e di Sindaco di Tortona.


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Bambini

La gioventù nel mondo — e in Italia — è un film dell’orrore

c:\>11 C’è chi ricorda la gioventù come un periodo felice. Domani questo potrà essere vero solo per una minima parte dei sopravvissuti nell’indifferenza generale.

Lo scorso 2 novembre si è tenuto il World Children’s Day– Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza dell’UNICEF.

È sempre più importante ricordare anche qui che ogni 11 minuti nel mondo un adolescente si toglie la vita. Le ragazze e i ragazzi hanno difficoltà a chiedere aiuto, non sanno a chi rivolgersi e sono preoccupati per la condizione economica della famiglia. Il suicidio rappresenta la quinta causa di morte per i giovani tra i 15 e i 19 anni nel mondo e la seconda causa in Europa. Numeri allarmanti.

Tra i 10 e i 19 anni, 1 su 7 soffre di salute mentale e secondo i dati dell’ultimo sondaggio di Unicef, il 50% di loro si sente triste, preoccupato o angosciato.

La metà di tutte le problematiche legate alla salute mentale inizia entro i 14 anni di età e il 75% di tutte le problematiche legate alla salute mentale si sviluppano entro i 24 anni, ma la maggior parte dei casi non viene individuata e non viene trattata.

Una delle ragioni che stanno alla base del problema è il modo in cui vengono interiorizzate stigmatizzazione e norme sociali e di genere dannose. Per le ragazze le norme inique svalutano le loro vite, limitano le loro libertà, le spingono al matrimonio precoce e incoraggiano ideali di bellezza dannosi.

È di poche ore fa la notizia che il Parlamento indonesiano ha approvato gli emendamenti legislativi che vietano il sesso prematrimoniale e apportano altre modifiche significative al Codice penale del Paese. Due uomini sono stati frustati pubblicamente nella provincia conservatrice indonesiana di Aceh, sull’isola di Sumatra, per aver fatto sesso ricevendo 77 frustate ciascuno di fronte alla folla da un ufficiale mascherato.

Il mancato finanziamento dei servizi e le interruzioni dovute al COVID-19 hanno fatto sì che bambini e giovani non ricevessero il sostegno di cui avevano bisogno soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito dove tra il 76% e l’85% delle persone non riceve alcun trattamento per i propri problemi di salute mentale.

La situazione italiana

In Italia, prima della pandemia solo 30 su 100 persone minorenni con un disturbo neuropsichico riuscivano ad accedere ad un servizio territoriale specialistico e solo 15 su 100 riuscivano ad avere risposte terapeutico-riabilitative appropriate; la prevalenza dei problemi di salute mentale si collocava intorno al 18-20% della popolazione, ovvero tra 1.800.000 e i 2 milioni di persone minorenni. Nel 2019, si stimava che il 16,6% dei ragazzi e delle ragazze fra i 10 e i 19 anni, circa 956.000, soffrissero di problemi di salute mentale, con una prevalenza in questa fascia d’età maggiore nelle ragazze (17,2%, pari a 478.554) rispetto ai ragazzi (16,1%, pari a 477.518) e con una incidenza in aumento con l’età.

L’UNICEF Italia ha lanciato un sondaggio, realizzato sulla piattaforma digitale indipendente U-Report sostenuta dall’UNICEF, al fine di rilevare la percezione di benessere psicosociale e salute mentale fra un campione di adolescenti di età compresa fra i 10 e i 19 anni; su 194 rispondenti: il 28% si sente ottimista; il 12% triste; il 14% preoccupato; il 14% angosciato; ed il 10% frustrato.

Fra le circostanze che causano apprensione le difficoltà economiche personali e/o della famiglia (17%), il senso di isolamento (19%), la distanza dalla famiglia e dagli affetti (8%), i litigi e tensioni all’interno della famiglia (7%), emergono come i fattori più preponderanti; Tuttavia, il 41% degli adolescenti afferma di non aver richiesto aiuto a nessuno, il 22% di aver cercato aiuto da coetanei ed amici e l’11% ai familiari. L’11% dichiara di essersi rivolto presso psicologi presenti nelle scuole e nelle comunità ed il 7% presso i servizi sociali e sanitari. Fra le ragioni per non aver richiesto aiuto, il 22% afferma di non ritenerlo necessario, il 10% di non sapere a chi rivolgersi, il 10% di temere di richiedere aiuto, e l’8% di avere timore del giudizio negativo degli altri. 1,3 milioni di bambini in Italia sono in povertà assoluta; il 36,9% dei bambini e degli adolescenti tra 5 e 19 anni sono in sovrappeso o obesi, 1 adolescente su 3 è vittima di bullismo o cyberbullismo.

Secondo i dati ISTAT in tema di bullismo le ragazze presentano una percentuale di vittimizzazione superiore rispetto ai ragazzi. Nel periodo della rilevazione, oltre il 55% delle giovani 11- 17enni è stato oggetto di prepotenze qualche volta nell’anno mentre per il 20,9% le vessazioni hanno avuto almeno una cadenza mensile (contro, rispettivamente, il 49,9% e il 18,8% dei loro coetanei maschi). Il cyberbullismo ha colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo. Nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute (più volte al mese).

Il Report del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale evidenzia che per quanto riguarda i casi di cyberbullismo si è registrato un incremento pari al 13%, tra l’anno 2020 e il 2021: nella fascia di età 0-9 anni i dati sono rimasti sostanzialmente identici mentre l’incremento maggiore ha riguardato la fascia di età 14-17 anni.

L’indagine rivela che gli adolescenti vorrebbero sentire parlare più spesso di salute mentale e benessere psicosociale dalle istituzioni (34%), dalle scuole (31%), dai famigliari (7%) e dai media (7%).

Nei primi 6 mesi del 2022 si evidenzia che:

  • la violenza sessuale, la violenza sessuale aggravata perché commessa presso istituti di istruzione e l’abuso dei mezzi di correzione sono i reati in aumento rispetto all’analogo periodo del 2021
  • la fascia anagrafica con il maggior numero di vittime è quella infraquattordicenne (età tra 0 e14 anni), tranne che per la violenza sessuale e la violenza sessuale di gruppo dove la fascia di età con più vittime è quella tra i 15-17 anni
  • le vittime di genere femminile sono predominanti per quasi tutte le tipologie di reato analizzate dal Report (atti sessuali con minorenne, violenza sessuale, adescamento di minorenni, abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, pornografia minorile, abbandono di persone minori o incapaci, maltrattamenti contro familiari e conviventi, sottrazione di persone incapaci, violazione degli obblighi di assistenza familiare
  • gli autori dei reati sono uomini in quasi 9 casi su 10, mentre in quasi i due terzi dei casi (62%) gli autori sono adulti di “mezza età”, compresi nelle fasce anagrafiche che vanno dai 35 ai 64 anni.

I reati che registrano un maggior numero di denunce sono gli atti sessuali con minorenne (31,5%), la violenza sessuale in danno a minori di 14 anni (28,0%), la pornografia minorile (17,4%), la corruzione di minorenne (10,2%).

Per arginare questi fenomeni il Ministero della Salute ha avviato negli anni diverse azioni per tutelare il diritto alla salute di neonati, bambini e adolescenti, anche perché investire sulla salute dei minori rappresenta una delle politiche a lungo termine più efficaci per promuovere società pacifiche e sostenibili, contrastare la povertà, anche educativa, e le disuguaglianze, nonché rilanciare la crescita economica.

Tra le azioni avviate si ricordano:

  • Accordo in Conferenza Stato Regioni sul Documento di indirizzo “Investire precocemente in salute: azioni e strategie nei primi mille giorni di vita” , rivolto a genitori, operatori sanitari e policy
  • Piano di Azione Nazionale della Garanzia Infanzia (PANGI), disponibile in versione italiana a seguito della validazione della Commissione Europea
  • Protocollo di intesa tra Ministero dell’Istruzione e Ministero della Salute “Tutela del diritto alla salute, allo studio e all’inclusione”
  • “V° Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva”, approvato dall’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza il 21 maggio 2021, e adottato con decreto del Presidente della Repubblica il 25 gennaio 2022
  • Protocollo di intesa dell’11 novembre 2021 tra Ministero della Salute e Unicef Italia per il sostegno e la promozione dell’allattamento nell’ambito del Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell’allattamento al seno (TAS). Il Protocollo nasce con l’obiettivo di collaborare per promuovere i diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, con attenzione particolare al diritto al benessere e allo sviluppo dei più piccoli, e per la realizzazione di iniziative inerenti le tematiche dell’Agenda 2019-2022 del TAS.

Un pianeta per vecchi?

Nel mondo, secondo dati Unicef, 300 milioni di bambini tra i 2 e i 4 anni nel mondo subiscono regolarmente violenze dai propri familiari/tutori (circa 3 su 4), 250 milioni di questi sono puniti in modo fisico (circa 6 su 10).
La violenza sessuale durante l’infanzia e l’adolescenza, evidenzia l’Unicef, si verifica contro i bambini di tutte le età:15 milioni di ragazze tra i 15 e 19 anni hanno subito episodi di violenza sessuale nella loro vita, 2,5 milioni di giovani donne di 28 paesi europei riportano di aver subito episodi di violenza sessuale prima dei 15 anni.
Secondo il rapporto Unicef “On my mind”, The State of The World’s Children 2021, a livello globale 1 adolescente su 7 tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato. L’ansia e la depressione rappresentano il 40% dei disturbi mentali diagnosticati. Il suicidio è la quinta causa prevalente di morte per ragazzi e ragazze adolescenti di età compresa tra 10 e 19 anni. Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Adolescent Mental Health stima che il 3,6% dei 10-14enni e il 4,6% dei 15-19enni abbiano sperimentato un disturbo d’ansia.
Nel mentre che oltre 200 milioni di bambini soffrono di qualche forma di malnutrizione e nel solo 2017, la malnutrizione è stata concausa di circa 3 milioni di decessi infantili – oltre il 50% della mortalità infantile globale – nello stesso anno circa 38,3 milioni di bambini sotto i 5 anni risultavano in sovrappeso: 8 milioni in più rispetto ai 30,1 milioni del 2000.

L’UNICEF invita i governi e i partner del settore pubblico e privato a intraprendere subito azioni urgenti per promuovere la salute mentale di tutti i bambini, gli adolescenti e le persone che se ne prendono cura, per proteggere coloro che hanno bisogno di aiuto e per prendersi cura dei più vulnerabili, tra cui:

  • Aumentare significativamente gli investimenti a lungo termine nei servizi di salute mentale e benessere psicosociale dal momento che, in base ai più recenti dati OCSE, in Italia la spesa pubblica per questo settore è tra le più basse d’Europa;
  • Garantire un sistema uniforme e integrato di servizi di assistenza neuropsichiatrica infantile e adolescenziale;
  • Promuovere su tutto il territorio nazionale interventi a sostegno della genitorialità consapevole rispetto al tema del benessere mentale;
  • Permettere a tutte le bambine, i bambini e gli adolescenti di beneficiare di un supporto per la salute mentale nelle scuole e nelle comunità;
  • Garantire, consolidandone la diffusione, i servizi di prevenzione e sostegno psicologico nei contesti educativi e comunitari.

Nel frattempo il problema del sostegno al disagio psicologico e sociale che dilaga non solo fra i giovani, ma anche fra anziani, soggetti deboli e adulti disoccupati e soprattutto privi di indirizzo, in particolare dopo il lockdown, ma — fenomeno decisamente ancora sottovalutato — dopo gli effetti internazionali della belligeranza diffusa e l’anomia sociale conseguente i paradossi incontrollati originati dal crollo del modello consumistico-capitalista, non trova risposte adeguate. In molte regioni prime fra tutte la nostra del Piemonte sono stati previsti sostanziosi investimenti in questa direzione, tuttavia è l’inconsistenza del sistema sociosanitario e i cattivi rapporti con i professionisti privati a rendere pessimisti molti di noi.


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Content Creator

La scelta fra Assange e Google

c:/> 09 Dai Big digitali nuovi sostanziosi gettiti finanziari per il fact-checking pilotato dal controllo politico internazionale

Mentre nonostante abbiano atteso più di un decennio, oggi la stragrande maggioranza della stampa internazionale e anche la nazione brasiliana si sta schierando contro la persecuzione in corso da parte degli USA nei confronti di Julian Assange, e lo fa con una formale lettera di protesta al governo degli Stati Uniti d’America per chiedere la fine delle persecuzioni giudiziarie, il nuovo monopolio dell’informazione digitale si muove nel senso opposto, ovvero verso una implicita censura verso tutto quello che non sia a loro insindacabile arbitrio contrario al politically correct.

“Ottenere e divulgare informazioni sensibili quando è necessario nell’interesse pubblico è una parte fondamentale del lavoro quotidiano dei giornalisti. Se questo lavoro viene criminalizzato, il nostro discorso pubblico e le nostre democrazie sono resi significativamente più deboli”: questo il testo riportato da New York Times, Le Monde, The Guardian, Der Spiegel ed El País. Testate italiane? Non pervenute!

In compenso Google e YouTube hanno annunciato, infatti, una sovvenzione di 13,2 milioni di dollari per l’International Fact-Checking Network rinforzando la battaglia che da qualche tempo si sta combattendo fra i principali social media di cui abbiamo già scritto. Ad avere in mano la patata non si espongono certo ad essere quelli di Alphabet ma una società dietro le quinte, la Poyntner, scuola di giornalismo no-profit con sede a St. Petersburg in Florida che distribuisce le regalie che riceve da “innocui e imparziali sovvenzionatori” come appunto “Aphabet” ad una rete di 135 organizzazioni di fact-checking in 65 nazioni che coprono oltre ottanta lingue.

Se vogliamo capire di che cosa si tratta e perché si stia verificando proprio in questi giorni occorre ricordare che tutto è iniziato a partire dagli stati di polizia pandemici aa sostegno dell’imposizione vaccinale delle Big Pharma per proseguire poi con la guerra in Ucraina. È evidente come le corporation mediatiche digitali — alla faccia di chi ha il coraggio di dare del dittatore a Musk, o perlomeno soltanto a lui — si stiano definitivamente armando per scendere in campo con tutto quello di cui si ritengono capaci per influenzare le masse e plasmare gli eventi, creando il consenso a tutti i costi seguendo la ben nota scuola Hearst.

Google allunga poi i suoi potenti tentacoli nelle scuole e nelle biblioteche fino a fondare la Google Safety Engineering Center for Content Responsibility (GSEC) a Dublino concepito come «un punto di riferimento regionale per gli esperti Google impegnati a contrastare la diffusione di contenuti illegali e dannosi, nonché un luogo in cui possiamo collaborare con legislatori, ricercatori e autorità nell’ambito della regolamentazione».

“Nello specifico, Google sta operando soprattutto nell’Europa centrale e orientale, attraverso finanziamenti di 2,5 milioni di dollari a TechSoup Europe con l’obiettivo di aiutare le ONG a combattere la disinformazione e di supportare Demagog – sito che controlla la veridicità delle affermazioni dei politici cechi e dei contenuti popolari sui social network – «nella costruzione del suo ecosistema di verifica dei fatti in tutta la regione». YouTube ha lanciato, invece, un’iniziativa di «alfabetizzazione mediatica», chiamata Hit Pause, per «aiutare le persone a valutare i contenuti che guardano e condividono fornendo suggerimenti sull’identificazione delle diverse tattiche di manipolazione utilizzate per diffondere disinformazione». Quest’ultima iniziativa verrà estesa in tutta Europa nei prossimi mesi. Inoltre, Jigsaw – una squadra all’interno di Google che sviluppa ricerca e tecnologia per contrastare i danni online – ha recentemente distribuito una serie di video prebunking come tattica preventiva per aiutare a contrastare le narrazioni anti-rifugiati in tutta l’Europa centrale e orientale” (L’Indipendente).

Sicuramente uno dei primi obiettivi di questi censori con l’aureola demoKratiKa sarà quello di condannare:

  • la libera gestione della salute personale e familiare
  • la denuncia delle manovre di “normalizzazione” e controllo sociale di Klaus Schwab e del suo Great Reset (peraltro da lui stesso vergato nero su bianco) qualificate come complottismo paranoico, reazionario, terroristico ed anti democratico.

Da qui all’oscuramento, o all’equipollente derubricazione dai database dei motori di ricerca, il passo direi che sarà breve.


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Futuri possibili

La bolla che verrà (parte prima)

c:\>06 Da Musk a Zuckerberg fino a FTX, ci sono tutti i segnali che qualcosa sta cambiando nel mondo digitale

Il sogno dell’innovazione eterna sta per essere infranto da molti segnali, fra i quali la crisi energetica conseguente all’aumento di volumi dell’industria delle armi, e le delusioni delle grandi promesse ingegneristiche (si pensi al recente abbandono di IperLoop e altro da parte del magnate Sir Branson di Virgin). Nel suo percorso lascerà sulla strada più homeless e cadaveri del bluff degli yuppies degli anni ’90 e della crisi dei subprime degli anni ’90. Fra loro è possibile ci siano molti di noi che ancora crediamo — spesso mentendo il contrario — ai social media che in questo momento stanno aprendo le danze. Sicuramente a gridare che il re è nudo è il solito Elon Musk che mischia pirateria e rivoluzione prendendo in giro il sistema e ognuno di noi pur senza alla fine rischiare mai di uscire dal gioco. Di lui parleremo nella prossima e ultima parte.

Il sogno infranto della valuta libera (Parte prima)

«L’uso di stimolanti era comune tra coloro che erano al vertice di Bankman-Fried. Caroline Ellison, CEO di Alameda Research, ha twittato l’anno scorso: “Niente come l’uso regolare di anfetamine per farti apprezzare quanto sia stupida un’esperienza umana normale e non medicata”»

Lo speculatore vicino alle lobbies ebraiche Samuel Bankman-Fried noto anche con le sue iniziali SBF , ex CEO di FTX , uno scambiatore di criptovalute ha vissuto una crisi di solvibilità alla fine del 2022, che ha portato a un crollo di FTT, criptovaluta nativa di FTX.

Il patrimonio netto di Bankman-Fried ha raggiunto il picco di $ 26 miliardi. Nell’ottobre 2022, aveva un patrimonio netto stimato di $ 10,5 miliardi. Tuttavia, l’8 novembre 2022, durante la crisi di solvibilità di FTX, si stima che il suo patrimonio netto sia sceso del 94% in un giorno a $ 991,5 milioni, secondo il Bloomberg Billionaires Index , il più grande calo di un giorno nella storia dell’indice che entro l’11 novembre 2022 portava Bankman-Fried ad essere privo di ricchezza materiale. Non va dimenticato che l’allora ventottenne miliardario spendeva $ 5,2 milioni per conquistare il secondo posto fra i donatori individuali di Joe Biden nelle elezioni presidenziali del 2020 e che due anni dopo non ha mancato di profondere altre donazioni per $ 40 milioni ai candidati democratici durante le ultime elezioni di medio termine. Operazioni queste che sembrano accompagnarsi con ha chiari legami con i piani alti del potere mondialista, dal Deep State Usa al Forum di Davos, passando per rapporti opachi con l’Ucraina.

«Il Forum Economico Mondiale fino a pochi giorni fa ostentava sul proprio sito il logo dei FTX e citava tra i suoi partner la società con sede alle Bahamas (un paradiso fiscale), “costruita da operatori commerciali per operatori commerciali”, capace di offrire “prodotti innovativi”. Ci asterremo dunque da sospettare che il sistema criptovalutario possa essere anche un eccellente mezzo di riciclaggio di denaro e di regolazione di transazioni sporche o segrete. Lo stesso SBF è stato tra i relatori a Davos lo scorso maggio: non certo uno sconosciuto per l’élite. I legami con il WEF riguardano anche la famiglia: fa parte dell’organizzazione una zia, epidemiologa (!?!) presso la Columbia University, Linda P. Fried. Bankman Fried- che aveva in portafogli fondi come Black Rock e Soft Bank- è accusato di vare utilizzato il denaro dei clienti per finanziare in operazioni spericolate la società sorella di FTX, Alameda Research. Fin qui, si tratta di film già visti. La novità è l’evidente contiguità tra il livello più alto del potere USA e l’ambizioso giovanotto. Circolano fotografie di Bill Clinton sul palco di un evento alle Bahamas lo scorso aprile accanto a SBF, insieme con l’ex primo ministro britannico Tony Blair.» (Maurizio Blondet)

Il sistema delle criptovalute che vedeva alla sua fondazione il progetto dell’avatar anonimo di Satoshi Nakamoto per il rivolgimento della dittatura monetaria delle banche centrali è stato verosimilmente preso in mano da potentati finanziari di lobbies e mafie varie per nascondere ingenti spostamenti segreti di denaro.

Una delle tante grandi beffe delle rivoluzioni sociali.

Il potere dell’album scolastico

Ma lo scandalo dei $ 25 miliardi persi da SBF rischia di non essere un gran che se paragonato alle enormi operazioni dei social network. In questo precipuo periodo, per fare un primo nome, Mark Zuckerberg ha perso quasi 100 miliardi di dollari.

Attraverso il Center for Technology and Civic Life e il Center for Election Innovation and Research, il patron di Facebook, Instagram e WhatsApp, Mark Zuckerberg ha investito finanziamenti privati ​​per 419,5 milioni di dollari a sostegno del Partito Democratico al voto nel 2020.

È quasi quanto i 479,5 milioni di dollari in fondi federali e statali per le spese elettorali relative a COVID nello stesso anno.

Instagram era una simpatica idea di app che utilizzava uno smartphone come una Kodak Instamatic (da cui il nome) per foto-ricordi familiari (in contrasto con le opere d’arte per cui al limite potevano esistere altre piattaforme). Nel 2012, meno di due anni dalla sua messa sul mercato, venne assorbita dalla società di Mark Zuckerberg per 741 milioni di dollari.

Nel 2009 Jan Koum e Brian Acton, due ex impiegati della società informatica Yahoo!, inventarono un’app di messaggistica per mobile che, diversamente da altre già presenti, poteva funzionare su tutti i cellulari con sistema operativo aperto, compreso i BlackBerry e soprattutto i Nokia con Symbian (un sistema operativo a sua volta derivato dai palmari PSION). 5 anni dopo fu proprio FaceBook, la società che aveva rifiutato di assumerli alla loro uscita da Yahoo! ad appropriarsi di quella che rapidamente era divenuta la vera e propria alternativa agli SMS imperanti, proprio perché, oltre ad essere gratuita, permetteva molte ulteriori operazioni. Lo fece investendo oltre 20 miliardi di dollari, circa la metà di quello che avrebbe speso Musk per un social dove però stavano già da da 16 anni interagendo presidenti di stato, star della musica e del cinema, politici e giornalisti di ogni nazione e praticamente buona parte della popolazione statunitense.

Se queste informazioni possono essere note ai più, ma ritengo siano utili per ricostruire il quadro d’insieme, quanto c’è da dire su FaceBook sarebbe ovvio a tutti. Tuttavia vale la pena ricordare che nel 2003 non era nato né con quel nome ma come Facemash, né grazie a Zuckerberg, né per diventare quello in cui si è trasformato: i suoi creatori lo avevano pensato come un passaparola per studenti e fu quando se ne impossessò Zuckerberg che le sue ambizioni divennero mondiali; all’inizio ci si poteva connettere facilmente con i guru di Internet e non solo, si poteva facilmente parlare con intellettuali e attori o cantanti e non era affatto il social più diffuso al mondo. Ricordo che quando feci la prima registrazione mi sembrava un chiacchiericcio inutile e poco comprensibile fra giovani statunitensi. Fu nell’estate del 2008, quando seppi che un milione e più di italiani si erano improvvisamente iscritti ex abrupto, che lo ripresi in mano e lo vidi passare da un ambiente stimolante ad un mostro di luoghi comuni e masse umane che compresi quanto più dannoso che inutile potesse essere un social network. Non che ci fosse solo FaceBook: ben prima che nascesse ne erano nati e perfino defunti un certo numero, ma più o meno erano circoscritti a regioni o competenze precise. Solo YouTube, presto acquisito da Google, proprio come Blogger poteva competere con la viralità di FaceBook.

Fu alla fine del 2020 che gli Headquarters di FaceBook compresero che arrivati a oltre due miliardi e mezzo di utenti più o meno regolari la curva di crescita andava a calare implacabilmente. TikTok stava erodendo gran parte della popolazione giovanile e di quella ludico-qualunquista che faceva gran parte del successo del social di Zuckerberg. Avevano già tentato con Paper e altro la via delle news ma l’hanno trovata sempre molto impervia, sia per il controllo del cartello delle testate che, soprattutto, per la diffusione del giornalismo alternativo. La cosiddetta pandemia, il legame sempre più stretto con il WEF e la guerra alle fake-news intrapresa già dai controllori scientifici che istruirono Wikipedia a bollare di inattendibilità scientifica tutto ciò che non fosse stato sdoganato dagli accademici al potere fecero il resto e le cose si resero complicate fino all’attuale decisione di snellire le fonti di notizie a quelle da decidere. Fu forse per questo che nel 2021 FaceBook cambiò vestito e si trasformò in Meta, un progetto decisamente transumanista volto a sviluppare tecnologie, software e piattaforme per la realizzazione di un mondo virtuale sempre più digitale a partire dal trasferimento dei sensi in apparati tecnologici. Un progetto già nato e presto fallito ai tempi di Second Life.

Oggi gli 11 mila licenziamenti e le perdite per oltre 100 miliardi di dollari lasciano immaginare che le aspettative verso quella presunta rivoluzione fossero esagerate di certo più della morte di Mark Twain di quella volta. Sarà complicato aggiustare le relazioni nei confronti delle tante imprese che avevano scommesso in quei sogni da ingegneri mitomani. Altrettanto complicato sarebbe fare marcia indietro e tornare alla quotidianità di un social onnipresente ma anche lentamente sempre meno attrattivo.

A questo punto ci tocca però occuparci della sciarada-Musk, ma lo faremo un articolo più in là.


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