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Sostenibilità

La Camera dei Deputati ha approvato la mozione di Emergenza Climatica

Mercoledì 11 dicembre, la Camera ha approvato, con 243 voti favorevoli, 135 contrari e 24 astenuti, la mozione presentata dalla deputata Rossella Muroni e firmata da diversi altri parlamentari, contenente le disposizioni per la Dichiarazione di un’Emergenza Climatica e Ambientale a livello nazionale.

Finalmente il nostro Parlamento ha riconosciuto che la più grande Crisi della storia dell’umanità è un’Emergenza e va affrontata come tale. Siamo felici che le istituzioni, finalmente, dicano formalmente che ci stanno ascoltando. Ora abbiamo bisogno che agiscano, e continueremo a ricordarlo, più entusiasti di prima.

La mozione integrale

La Camera, premesso che: eventi climatici estremi – alluvioni, siccità, ondate di calore, livello del mare e l’aumento del cuneo salino – si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo, determinando danni economici a persone, ad animali e a interi sistemi produttivi; numerosi studi accademici hanno confermato come il cambiamento climatico in atto sia direttamente influenzato e dipendente dalle attività umane, siano esse industriali o meno; l’urgenza di un intervento netto e deciso per invertire tale processo non è più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall’intera comunità scientifica; secondo l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento
climatico si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale; l’organismo scientifico dell’Onu ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;
nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane (46 per cento) e uragani e tempeste (42 per cento). L’Italia dal 1998 al 2018 ha speso, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per «riparare» i danni del dissesto secondo dati del Cnr e della Protezione civile (un miliardo di euro all’anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro); gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche conseguenze sociali derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto, la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a quota 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali
diventate invivibili; in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli
anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite per 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, che è costata circa 4 miliardi di dollari; uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica Climate ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all’anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto alla media preindustriale. Mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780 mila unità, in crescita del 123 per cento
rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo; in Italia la situazione non è migliore, anzi. Il 2018 è stato l’anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici sempre più intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini; soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d’aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali; da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è verificata una sequenza di maree eccezionali, mai verificatesi in precedenza, con l’acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l’alluvione del 1966; l’alta marea ha, come noto, colpito anche le isole del Lido e di Pellestrina e Chioggia. Contestualmente e ancora in queste ore si sono verificati eventi meteorologici eccezionali in aree localizzate lungo l’intero territorio italiano: dal Piemonte – in particolare nell’alessandrino – alla Liguria – con il crollo di un viadotto autostradale sull’A6 – dalla Calabria, con Reggio Calabria, alla Basilicata, con Matera e il Metapontino;

nonostante la portata storica dell’Accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di
sviluppo ormai insostenibile, sotto il profilo ambientale, ma anche sociale ed economico; nella recente Cop24 (Conferenza delle parti della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato aver dotato l’Accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione dal 2020, mentre non sono stati concordati impegni sull’adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso; l’esempio dell’adolescente svedese Greta Thunberg ha dato vita ad una manifestazione transnazionale che il 15 marzo 2019 ha riempito di giovani e studenti le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane, chiedendo l’impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta, non pregiudicandone oltre il futuro; secondo gli scienziati dell’Onu dell’Ipcc si ha tempo fino al 2030 per
contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5° gradi centrigradi e molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica; per dare una risposta a queste istanze bisogna investire in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione; in questo drammatico contesto l’Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie in modo da uscire dalla crisi climatica, economica e sociale;
è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un Green new deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del sistema costituzionale italiano.

Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione
dell’ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che
incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco-innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative,
in modo da rendere quanto più efficace la «transizione ecologica» e indirizzare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura
del rifiuto; come noto, Green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio per il 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo sugli altri Paesi europei e che il Governo intende rafforzare in tutte le sue dimensioni; è fondamentale rimarcare che un Green new deal non deve essere solo una agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell’economia, l’economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l’adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico, ma anche un programma, che comporti un fisco green che sostenga la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, e una legislazione che attui pienamente il principio del «chi inquina paga» e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti;

il Governo, attraverso l’articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, ha già istituito un programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e per il miglioramento della qualità dell’aria, in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 e contrastare i
cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima e con la pianificazione di bacino per il
dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata, altresì, riconosciuta la necessità della trasformazione del Cipe in Cipess (Comitato
interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti
dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite; vanno considerate, altresì, come un passo nella giusta direzione le recenti
misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane, con
l’obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l’adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34; il disegno di legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per la transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull’economia circolare, alla decarbonizzazione dell’economia, a misure di
sostegno e per l’innovazione nel compatto agricolo, tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l’estensione degli incentivi di Industria 4.0 per le imprese che realizzano progetti ambientali nell’ambito dell’economia circolare, così come il piano «Rinascita urbana» finalizzato a migliorare la qualità dell’abitare e che punta, inter alia, sulla riqualificazione urbana e delle periferie; è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, così come riportato, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo, nella mission del programma «Casa Italia», ora dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative, anche normative, per:

a) riconoscere lo stato di emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese e operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell’economia;
b) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;
c) promuovere l’inserimento del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;
d) rafforzare le misure contenute nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell’ambito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
e) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l’efficientamento energetico, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all’utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative
necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione;
f) accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell’acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del «pacchetto economia circolare» in materia di rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile;
g) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di
sostenibilità, anche con l’eventualità di introdurre l’obbligo di valutazione ambientale preventiva dei sussidi, con l’obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, a cominciare dall’agricoltura;
h) elaborare politiche di trasporto, edilizia, modelli produttivi che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano regioni e comuni;
i) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico sostenibile e verso la mobilità elettrica, con l’obiettivo della completa decarbonizzazione – emissioni zero – del settore;
l) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;
m) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
n) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all’abusivismo edilizio;
o) sostenere a livello europeo la proposta di arrivare alla «carbon neutrality» entro il 2050;
p) rendere possibili finanziamenti agevolati, da parte degli istituti bancari e creditizi, per sostenere l’economia circolare e quella eco-compatibile;
q) promuovere lo sviluppo della filiera agricola convenzionale e biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l’impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo,
aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;
r) favorire l’occupazione giovanile attraverso l’introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali,
con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all’implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo dell’economia circolare;
s) attuare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia «Benessere Italia», istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri dell’11 giugno 2019, attraverso il potenziamento della struttura in termini di adeguate risorse umane e finanziarie necessarie al perseguimento delle finalità e all’assolvimento dei compiti istitutivi.


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Clima

Lo stato del clima in Europa nel 2023, il secondo anno più caldo. In due anni i ghiacciai delle Alpi hanno perso un decimo del loro volume

Il Copernicus ECMWF Climate Change Service  e la World Meteorological Organization hanno pubblicato il rapporto sullo stato del clima europeo ESOTC nel 2023. I dati sono presentati nel sito con molte infografiche
e corredati da animazioni. E’ stato l’ennesimo anno in cui gli impatti del Cambiamento Climatico hanno colpito milioni di persone.

Dai numerosi indicatori utilizzati si scopre che  il 2023 è stato l’anno più caldo o il secondo più caldo mai registrato, a seconda del dataset. I tre anni più caldi mai registrati per l’Europa si sono verificati tutti dal 2020 e i dieci più caldi dal 2007.

Il rapporto sullo stato europeo del clima rivela che l’Europa ha vissuto un numero record di giorni con “stress termico estremo” nel 2023. Dal 1970, il caldo estremo è stato la principale causa di decessi connessi al clima e al clima in Europa, con un notevole aumento dal 2000.
Le precipitazioni sono state complessivamente sopra la media del 7% con il fondamentale contributo della forte piovosità nei Paesi intorno al Mare del Nord; record di caldo per i mari, con anomalie fino a +5,5 °C in luglio e agosto nel Mediterraneo e di estensione degli incendi forestali, ma anche di portata dei fiumi in dicembre, con diffuse inondazioni in Europa centrale; inoltre i ghiacciai delle Alpi hanno perso un decimo del loro volume in appena due estati nel 2022 e 2023
Il rapporto rivela che nel 2023, un terzo della rete fluviale europea ha visto i flussi fluviali superare la soglia “alta” delle inondazioni, e il 16% superare la soglia “grave” e che la temperatura media della superficie del mare per l’oceano europeo è stata la più calda mai registrata. Parti del Mar Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico nordorientale hanno visto la loro media annuale più calda mai registrata.

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