Sostenibilità
Greta Thumberg a Torino: Dobbiamo combattere per il domani, noi siamo la speranza

Greta Thuumberg è arrivata a Torino stanca ma sorridente dopo un lungo viaggio a bordo di una Tesla elettrica. E’ stata accolta da un robusto servizio di sicurezza e ospitata nell’area intorno alla Prefettura dei Musei Reali – Teatro Regio dove ha incontrato anche la sindaca Chiara Appendino.
Poi ha parlato alla folla in Piazza Castello dal palco dove ha partecipato al 50o presidio del movimento Friday For Future di Torino:
Dobbiamo combattere per il domani, noi siamo la speranza. Non possiamo fermarci non è un’opzione. Il 2020 è l’anno delle azione. L’anno in cui ci impegneremo perché taglino le emisissioni. Dobbiamo essere uniti. Non possiamo più dare per scontato il domani, noi giovani vivremo quel domani. In meno di tre settimane entreremo in una nuova decade, che deciderà il nostro futuro.
Quello che faremo o non faremo cambierà il futuro e I nostri figli e nipoti vivranno in quel futuro. Torino, credo sia meravigliosa, è veramente bellissima, anche se sfortunatamente non ho potuto spendere molto tempo a fare la turista, sono molto felice di essere qui. Un paio di mesi fa ho visto le foto dei cortei di Torino con le strade piene e mi ha dato speranza, vedere così tante persone.
Grazie a tutti. Sono sicura che vi impegnerete per il nostro futuro. Dopo questo incontro andrò a casa, con ancora un paio di tappe lungo la strada e arriverò prima di Natale. Dopo mi prenderò una pausa durante le vacanze, perché bisogna prendersi delle pause, bisogna riposare. Non so quanto durerà la pausa, non troppo, ma abbastanza per essere ben riposata.
Il video dell’evento Fridays for Future a Torino con Greta Thumberg
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Mobilità sostenibile
SanSa pedala per promuovere la mobilità sostenibile nel quartiere di San Salvario a Torino

SanSa pedala è un’azione di Torino Mobility Lab, il piano della Città di Torino studiato per favorire gli spostamenti da casa a scuola e da casa al lavoro, a piedi e in bicicletta, nel quartiere di San Salvario, in particolare nella zona compresa tra corso Vittorio Emanuele II, via Nizza, corso Bramante e corso Massimo D’Azeglio. (altro…)
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Agricoltura
Il suolo italiano è malato

Ogni 100 metri quadri di suolo, 47 presentano qualche forma di degrado. L’80% dei terreni agricoli, pari al 23% del territorio nazionale, è sottoposto a fenomeni erosivi e il 68% ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente in essi. Il 23% dei suoli agricoli presenta livelli eccessivi di azoto mentre il 7% è sottoposto a fenomeni di salinizzazione secondaria. Le aree soggette a rischio alto o molto alto di compattazione coinvolgono l’8% del territorio. E poi ancora c’è il problema contaminazione: quella da alti quantitativi di rame riguarda il 14% della superficie italiana, mentre l’1% presenta elevate concentrazioni di mercurio. Sono sono alcuni dei numeri – certamente noti agli addetti ai lavori ma sconosciuti a buona parte dell’opinione pubblica, degli operatori dell’informazione e degli amministratori pubblici – contenuti nella prima edizione del Rapporto “Il suolo italiano ai tempi della crisi climatica” presentato a pochi giorni dal World Soil Day della FAO che si tiene il 5 dicembre.
“La degradazione del suolo rappresenta una grave minaccia per il Pianeta” ammonisce Maurizio Martina, vicedirettore generale FAO nella prefazione del rapporto. “Dai suoli dipende infatti una serie di servizi ecosistemici fondamentali per il benessere umano, come la protezione dell’ambiente e della biodiversità, la tutela del paesaggio, l’architettura e i processi urbani, oltre alle attività agricole. Il 95% del cibo globale viene prodotto direttamente o indirettamente dal suolo. Con il tasso corrente di erosione si stima che circa il 90% dei suoli sarà a rischio entro il 2050. Senza un’inversione di tendenza, potremmo perdere la totalità della terra fertile e coltivabile entro i prossimi 60 anni”.
L’idea del rapporto è di Re Soil Foundation, fondazione creata da Università di Bologna, Politecnico di Torino, Coldiretti e Novamont. Ma la pubblicazione è un’opera a più mani, resa possibile dal coinvolgimento del Joint Research Center della Commissione europea, CREA (Consiglio per la Ricerca e l’Economia Agraria), dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca ambientale), Ministero dell’Ambiente e dell’Università di Bologna.
“Il degrado del suolo è ancora oggi la Cenerentola delle emergenze ambientali. La sua sottovalutazione rappresenta un ostacolo all’adozione delle misure indispensabili per invertire la tendenza e riportare in salute i suoli italiani” spiega Giulia Gregori, membro del Consiglio di amministrazione di Re Soil Foundation – “Con questa pubblicazione abbiamo quindi cercato di riunire i dati più aggiornati e completi a nostra disposizione. Le dimensioni e le implicazioni dell’emergenza suolo sono ovviamente ben conosciute dagli addetti ai lavori, ma lo sono meno tra gli operatori dell’informazione, i decisori pubblici e l’opinione pubblica. In questo modo speriamo di aiutare ad innalzare l’attenzione su questo problema che ha già oggi impatti gravi e multiformi e richiede quindi di essere affrontato attraverso un approccio olistico che coinvolga tutte le competenze e le esperienze virtuose che ruotano attorno al Pianeta-suolo”.
Uno dei problemi da affrontare con maggiore urgenza è proprio la mancanza di dati adeguati. “A nostra disposizione – spiega Luca Montanarella, componente del Joint Research Center della Commissione europea, vincitore del Glinka World Soil Prize della FAO – abbiamo dati assolutamente parziali che non permettono una valutazione dettagliata di ogni singolo fenomeno su scala nazionale. Per una valutazione oggettiva dello stato dei suoli su tutto il territorio nazionale, sono indispensabili dati dettagliati, raccolti secondo procedure standardizzate e ripetuti nel tempo. Al momento, questi dati sono disponibili solo parzialmente”. Lacune cui cerca di rispondere la proposta di direttiva sul monitoraggio del suolo presentata nei mesi scorsi dalla Commissione europea e che, nelle prossime settimane, inizierà l’iter parlamentare di approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio Ue.
IL CARBONIO ORGANICO CONTINUA A DIMINUIRE
I dati a nostra disposizione, sono in ogni caso, estremamente preoccupanti. È il caso del carbonio organico, componente che ha un ruolo vitale per il funzionamento dell’ecosistema suolo e per la sua fertilità: la maggior parte dei suoli italiani, in particolare quelli coltivati, hanno un contenuto di carbonio organico da molto basso (< 1%) a basso (1÷2%), in ogni caso inferiore al limite considerato necessario per poter considerare sano un suolo. “La carenza della sostanza organica – spiega Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica Agraria all’università di Bologna – interessa territori da nord a sud dell’Italia. Sono particolarmente colpite alcune aree del Piemonte nella zona del cuneese, dell’Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, gran parte dei territori della Sicilia e parte della Sardegna. Una situazione dannosa sia sotto il profilo agronomico che ambientale”.
La perdita di sostanza organica è connessa con la diffusione di tecniche tipiche dell’agroindustria che hanno portato al sopravvento della fertilizzazione chimica, facendo aumentare le rese agricole ma depauperando però i suoli.
EROSIONE E DESERTIFICAZIONE
L’uso di tecniche dannose per i suoli non ha causato danni solo sul fronte del tasso di carbonio organico. “La meccanizzazione delle operazioni colturali e l’uso di pratiche agronomiche poco sostenibili, come concimazioni azotate e lavorazioni troppo profonde, unite al mancato presidio del territorio da parte dell’uomo, hanno fatto perdere 135 delle 677 gigatonnellate di carbonio stoccato nei terreni mondiali” ricorda all’interno del rapporto Giuseppe Corti, direttore Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca e l’Economia agraria). “Tutto questo, ha accentuato il fenomeno dell’erosione. In Italia, le perdite annuali di suolo sono superiori a 10 tonnellate per ettaro all’anno. Ma in alcuni territori, superano anche le 100 T/ha. Ciò equivale all’asportazione di uno spessore di suolo compreso tra 1 e 10 millimetri all’anno”.
Perdita di carbonio organico e erosione sono tra i fenomeni più rilevanti di degrado, che al suo massimo livello si presenta come desertificazione, con la perdita totale dei servizi ecosistemici. L’Italia è compresa a pieno titolo tra i Paesi a rischio di desertificazione nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione. “Le regioni più a rischio sono in questo caso quelle in cui l’elevato uso non sostenibile del suolo si associa a una scarsità di risorsa idrica” spiega Francesca Assennato, responsabile dell’Area monitoraggio e analisi integrata dell’uso del suolo, trasformazioni territoriali e processi di desertificazione dell’ISPRA. “Pensiamo in primo luogo alle nostre regioni meridionali. Ma la diversa distribuzione nel corso dell’anno di quantità disponibile causata dai cambiamenti climatici mette tutto il nostro territorio in pericolo”.
Eppure, “Intervenire è non solo utile dal punto di vista ambientale e sociale ma anche un ottimo investimento economico”, ricorda Anna Luise, Corrispondente Tecnico-scientifico della UNCCD e aggiunge che “Per ogni euro investito sul ripristino dei suoli si ottiene un risparmio di mancati costi attorno ai 30 euro”.
IMPERMEABILIZZAZIONE E BONIFICHE
La strada da fare è ancora lunga. I dati sull’impermeabilizzazione e coperture artificiali sono ad esempio particolarmente allarmanti anche se sono tra i più noti anche al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, grazie al meritorio lavoro dell’ISPRA che, da ormai un decennio, dedica al tema un rapporto ad hoc. “La copertura artificiale del suolo – ha ricordato durante la conferenza Michele Munafò, responsabile del Servizio per il Sistema Informativo Nazionale Ambientale dell’ISPRA – è arrivata al 7,14% del territorio nazionale. La media UE è del 4,2%. Ma in Lombardia, Veneto e Campania, tre delle aree più fertili del Paese, si supera già il 10% di impermeabilizzazione. Nelle provincie di Monza, Napoli e Milano il dato è ben oltre il 30%. Per di più, i suoli urbani sono quelli nei quali il consumo di suolo si è più intensificato negli ultimi anni. Sono così scomparse preziose aree permeabili, aggravando i danni da allagamenti e ondate di calore”.Va meglio sul fronte bonifiche. L’Italia conta attualmente 42 siti di interesse nazionale, che occupano 170mila ettari a terra e 78mila a mare, distribuiti all’interno del territorio italiano in maniera omogenea tra nord, sud e isole maggiori. Per bonificarli, il Ministero dell’Ambiente ha finora stanziato 2,25 miliardi di euro. “Dal 2014 ad oggi sono state restituite e quindi resi riutilizzabili circa 7565 ettari di suolo favorendo quindi la concreta applicazione dei principi di sostenibilità e di circolarità” ricorda Laura D’Aprile, capo del Dipartimento Transizione ecologica e investimenti verdi del Ministero dell’Ambiente. “Il trend è sempre crescente grazie anche al nuovo approccio utilizzato in primis dall’amministrazione centrale e di conseguenza da tutti gli operatori di settore, pubblici e privati, che si sono adoperati a raggiungere gli obiettivi prefissati, consapevoli delle opportunità che la bonifica di aree contaminate può offrire. Nel campo della bonifica dei siti contaminati risultati significativi possono essere conseguiti unicamente coinvolgendo tutti gli attori del settore: amministrazioni centrali e territoriali, enti di ricerca e università, aziende, associazioni e cittadini”.
DATI, BUONE LEGGI, CONOSCENZA E UN’AGRICOLTURA “AMICA DEL SUOLO”
Un approccio partecipato e percorsi condivisi che, oltre al problema del recupero delle aree contaminate, possono essere molto efficaci per curare anche molti altri mali del suolo. A ribadirlo sono i diversi rappresentanti delle tre società del suolo intervenute alla conferenza e che, all’interno del Rapporto, hanno indicato una serie di proposte concrete. A partire dall’esigenza della possibilità di poter contare su un minimo data set di indicatori da riunire in un indice di qualità del suolo. “Un indice – ricorda Giovanni Gigliotti, presidente della Società Italiana di Chimica Agraria – può essere usato per predire gli effetti dei sistemi agrari, delle pratiche agronomiche sulla qualità del suolo, o può evidenziare i primi segni della sua degradazione”. In tal senso, va ricordata positivamente la proposta della Mission Soil UE di usare 6 indicatori fondamentali: a ciascuno andranno associate delle soglie per verificare l’effetto delle diverse pratiche di gestione del suolo, in modo da poter distinguere quelle effettivamente sostenibili.
“Un’agricoltura ‘amica del suolo’ – aggiungono i rappresentanti del Comitato direttivo della SISS (Società Italiana Scienze del Suolo) – deve essere capace di adattare i sistemi agricoli alle condizioni esistenti, programmando operazioni che nel tempo riescano a riabilitare i suoli. In molti casi, il recupero o la rivisitazione delle sistemazioni idraulico-agrarie può essere la chiave di volta per permettere la reintroduzione di sostanza organica nel suolo”. Molte azioni possono essere messe in atto ma – aggiungono gli esponenti SISS – “devono essere intraprese di comune accordo tra amministratori, esperti, aziende agricole e cittadini”.
Ovviamente tutto ciò è reso più difficile dalle lacune legislative. “La legislazione italiana sul suolo è carente” denunciano i vertici della SIPe (Società italiana di Pedologia). “Nessuna proposta è andata oltre l’approvazione di un solo ramo del Parlamento. Auspicabili provvedimenti legislativi devono però basarsi su indicatori e modelli scelti e validati per fornire informazioni e schemi interpretativi della salute del suolo. In questo senso la SIPe (nel 2013 e nel 2022) si è fatta promotrice – con la collaborazione di tutte le società scientifiche agrarie (AISSA) – di una proposta di legge quadro sul suolo (il ddl 2614 nella XVIII legislatura)”. Ma altrettanto importante è aumentare la consapevolezza diffusa tra l’opinione pubblica sull’importanza del sistema suolo per il futuro dell’Umanità: “La formazione scolastica ed universitaria – aggiungono dalla SIPE – assume un ruolo fondamentale per smuovere l’attuale apatia nei confronti dei problemi del suolo; infatti una buona parte di studenti che si iscrive all’università non conosce l’esistenza di queste discipline”.
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Anti-spreco
Presentate ad Alba le nuove Linee Guida per la gestione dei rifiuti durante gli eventi

Sono state presentate ad Alba le nuove Linee Guida per la gestione dei rifiuti durante gli eventi dopo i buoni risultati nella gestione dei rifiuti registrati durante Collisioni e il Baccanale dei borghi della Fiera del tartufo. (altro…)
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