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Agricoltura

Economia circolare, robotica, intelligenza artificiale, Internet delle cose, tecnologie per l’educazione e la formazione, spazio  e agritech a Maker Faire Rome The European Edition 2019

Dal 18 al 20 ottobre 2019 torna, alla Fiera di Roma, Maker Faire Rome – The European Edition, l’evento europeo più importante dedicato all’innovazione tecnologica, raccontata in modo semplice e informale, giunto alla sua settima edizione, organizzato dalla Camera di Commercio di Roma, attraverso la sua Azienda speciale Innova Camera.

Visto il successo il format della manifestazione si integra, ma non si modifica nella sua struttura portante: il venerdì mattina del 18 ottobre si parte con l’Educational Day ovvero il tradizionale appuntamento di formazione gratuita dedicata alla visita in anteprima delle scolaresche da tutta Italia (l’anno scorso accorsero ben 27mila studenti). Il pomeriggio di venerdì, dalle 14, Maker Faire si apre al grande pubblico fino a domenica 20 ottobre, ospitando il meglio dell’innovazione internazionale in sette padiglioni a tema per una superficie espositiva di oltre 100mila mq. La suddivisione dei padiglioni proposta dai curatori invita i visitatori a diventare parte attiva già a partire dai loro nomi: Re-think, Learn, Create, Discover, Make, Research.

Il curatore della MFR 2019 è Massimo Banzi, co-founder di Arduino, indicato dal settimanale “The Economist” come uno dei fautori della “nuova rivoluzione industriale” messa in atto dal movimento Maker. Ad affiancarlo c’è Alessandro Ranellucci, coordinatore esecutivo di tutti i contenuti di MFR. Insieme a loro, un qualificato team di responsabili di area: Fabrizio Bernardini (area spazio), Paolo De Gasperis e Leonardo De Cosmo (EdTech), Carlo Hausmann (area food e agritech), Mauro Spagnolo (economia circolare), Valentino Catricalà (arte), Paolo Mirabelli (area droni).

Maker Faire Rome è testimonianza di come la creatività, il lavoro e la forza delle idee siano capaci di generare nuovi modelli produttivi fondati su singole iniziative e progetti brillanti. La città di Roma si conferma, per il settimo anno consecutivo, polo attrattivo di nuove idee, contenuti e modelli economici: basti pensare che oltre mille progetti provenienti da oltre 40 nazioni sono arrivati dalle varie call e oltre 600, dopo attenta selezione, verranno esposti in fiera.

Economia circolare, robotica e intelligenza artificiale, IoT – Internet delle cose, manifattura digitale, foodtech, agritech, mobilità smart, edilizia sostenibile, realtà virtuale e aumentata, spazio, tecnologia nell’arte contemporanea, sportech, edtech: saranno questi alcuni dei temi protagonisti dell’edizione 2019.

Economia circolare: Maker Faire Rome diventa carbon neutral e plastic free. La grande questione dell’economia circolare e, in particolare, la bioeconomy, il greenbuilding, il greentech sono temi quanto mai attuali a cui la MFR dedica già dalla scorsa edizione un intero padiglione: decine di aziende innovative e di esperti del settore dimostrano concretamente come coniugare impresa, manifattura e sostenibilità esponendo i loro prodotti, i loro progetti e le loro tecnologie. E quest’anno, la Maker Faire Rome farà un ulteriore salto di qualità visto che sarà il primo evento fieristico italiano a manifestare una concreta sensibilità per i cambiamenti climatici attraverso l’adozione di un approccio carbon neutral, oltre che plastic free.

L’intento è di iniziare un percorso virtuoso, difficile e impegnativo, che possa ridurre l’impatto ambientale della Fiera trasformandola in un evento di grande valore ambientale, oltre che tecnologico. Saranno, infatti, compensate tutte le emissioni di gas serra generate nei giorni di apertura attraverso la piantumazione del bosco Maker Faire realizzato grazie alla collaborazione con la start up zeroCO2, i cui alberi saranno singolarmente tracciati con un code e un sistema di georeferenziazione.

Nell’ambito dell’evento, inoltre, sarà utilizzata unicamente energia certificata prodotta da fonte rinnovabile. Per sviluppare il progetto “Maker Faire Rome Carbon Free” è stato incaricato uno spin off dell’Enea che eseguirà il calcolo dettagliato, quantitativo e qualitativo, delle emissioni generate nei giorni di apertura della Fiera. Saranno, ad esempio, raccolti tutti i dati relativi ai consumi energetici, idrici, dei trasporti, e dei rifiuti generati nel corso dell’evento.

A sostegno di questo ambizioso progetto, nell’ambito della Maker Faire Rome 2019 tutto il materiale utilizzato per somministrare food&beverage sarà integralmente biodegradabile e compostabile certificato. Considerate le dimensioni di Maker Faire Rome, si tratta di uno sforzo organizzativo ed economico molto rilevante, ma di grande valore simbolico ed ambientale, per il quale è stato necessario quasi un anno di lavoro congiunto con tutti gli operatori coinvolti. I visitatori saranno invitati ad essere partecipi di questo progetto cercando di non introdurre nel quartiere fieristico bottiglie o contenitori di plastica.

La Maker Faire Rome intende migliorare e sviluppare ulteriormente questo progetto anche nelle prossime edizioni nell’intento di diventare un evento di grande valore ambientale, oltre che tecnologico, per dimostrare la concreta possibilità, da subito, di una radicale inversione di marcia sul fronte della riduzione delle emissioni climalteranti, dell’adozione convinta dell’economia circolare, della sostituzione dei principali materiali inquinanti con quelli biocompostabili. Nel 2008 la Green Utility Spa ha istallato, nella Fiera di Roma, un generatore fotovoltaico, integrato nelle coperture, con una potenza pari ad oltre 1,7 MWp e in grado di produrre quasi 2 GWh all’anno. L’impianto registrò a suo tempo un rilevante primato: si trattava del più grande generatore al mondo, per potenza installata, a thin film. Da allora ha prodotto circa 16.888.788 kWh, evitando emissioni in atmosfera per circa 8.454 tonnellate di CO2.

Grazie alla partnership con Green Utility Spa, partner energetico del progetto di sostenibilità di MFR19, il 100% dell’energia elettrica consumata da Maker Faire Rome 2019 sarà rinnovabile e a zero emissioni di CO2.

E a MFR 2019 ci sarà spazio anche per la moda. Altaroma, da sempre impegnata a sostenere e promuovere i giovani interpreti della creatività contemporanea Made in Italy, con un occhio sempre attento alle nuove tendenze, sarà protagonista di uno spazio dedicato con sei designer caratterizzati per creatività, qualità di prodotto, ricerca e sperimentazione, che utilizzano materiali innovativi e di alta qualità. Fili Pari, Italo Marseglia, Repainted, Tiziano Guardini, Zingales Shoes e Woobag esporranno le loro collezioni di abbigliamento e accessori realizzate attraverso processi produttivi eco sostenibili, caratterizzate dall’utilizzo di materiali rinnovati che spaziano dalle polveri di marmo al legno, pellami di recupero provenienti dall’industria ittica alimentare come la pelle di salmone, materie prime rinnovabili di origine vegetale e microfibre certificate di ultima generazione, tessuti tecnici dalle alte prestazioni ottenuti dalla rigenerazione di rifiuti come reti da pesca e plastica abbandonati nell’oceano.

Quest’anno un ruolo importante lo avrà anche l’arte contemporanea grazie a MakerArt: una successione d’installazioni interattive lungo il percorso della manifestazione, pensate per coinvolgere il pubblico e rappresentare i tanti e diversi modi di interpretare la cultura dell’innovazione tecnologica. Oltre a grandi installazioni d’intelligenza artificiale, robotica, sound art, videoarte, la sezione prevede dei “pop up art”, ovvero degli happening in grado di “spiazzare” continuamente lo spettatore nel suo percorso. Inoltre, per la prima volta in Italia, una novità assoluta nel panorama nazionale e peculiare a questo spaccato fieristico, gli artisti avranno la possibilità di collaborare con le aziende del settore tecnologico creando un vero connubio tra arte, scienza e innovazione tecnologica.

Le opere, basate sia su proposte di concetti utopici sia su progetti realizzabili collegati a temi universali quali la vita umana, la salvaguardia dell’ambiente, le relazioni sociali, si propongono di stimolare attraverso la creazione artistica interrogativi e riflessioni che riguardano ognuno di noi e il mondo che ci circonda. Molte le presenze, con provenienze rappresentative di tutto il mondo: Belgio, Canada, Italia, Russia e USA compongono la rosa degli artisti rispondente a profili internazionali di altissimo livello. Durante la MakerArt saranno, infatti, visibili le installazioni di Pier Alfeo, Mattia Casalegno, Cod.Act, Joseph DeLappe, Joaquin Fargas, Anna Frants, Richard Garet, Alessandro Giannì, Elena Gubanova e Ivan Govorkov, Giang Hoang Nguyen, Sergey Komarov e Alexey Grachev, Via Lewandowsky e Carlo Caloro, LU.PA., Matteo Nasini, Simone Pappalardo e José Angelino, Chiara Passa, Donato Piccolo, Maria Grazia Pontorno, Martin Romeo, Aura Satz, Federico Solmi, Lino Strangis, Mat Toan, Patrick Tresset e Bill Vorn. Cultura Italia, l’aggregatore nazionale del patrimonio culturale italiano, collabora con MakerArt.

Quest’anno debutta il progetto Ask Me Anything tramite cui il vasto pubblico della fiera potrà accedere a un servizio di consulenza, strutturato in “sportelli” tematici, a cui i visitatori potranno porre quesiti tecnici. L’iniziativa ha l’obiettivo di diffondere le opportunità legate alle nuove tecnologie digitali e il target principale è costituito da piccole e medie imprese, dal comparto artigianale e dai professionisti legati all’ambito I4.0

Un’altra novità assoluta di MFR 2019 sarà l’inaugurazione del padiglione dedicato allo sviluppo tecnologico dell’attività sportiva in campo agonistico e amatoriale. Nei 300 metri quadri del padiglione 6 si potrà osservare come le innovazioni nel campo dei materiali, delle misurazioni e della salute stiano modificando in maniera sostanziale la prestazioni, la diffusione e la cultura sportiva. Tutto questo offrendo possibilità di sviluppo lavorativo, spesso ad altissimo contenuto scientifico e nella ricerca: argomenti che saranno oggetto di dibattiti e presentazioni nello “speech corner” presente davanti agli stand. Ma nel nuovo padiglione “Sportech” oltre che vedere si potrà anche giocare utilizzando queste tecnologie: ci saranno infatti un campo di calcio 2vs2, uno di streetball, una pista da sprint con blocchi e telemetria e un angolo ring da pugilato dove allenarsi con un “sacco smart” capace di valutare ogni colpo.

Altra realtà da non perdere di MFR 2019, è la nuova sezione interamente dedicata al mondo delle tecnologie per l’educazione e la formazione, un settore in grande crescita e ricco di nuove opportunità. Si chiama “Spark – Light on EdTech” ed è uno spazio, concepito da DiScienza, per condividere idee, pratiche e tecnologie dove realtà italiane ed europee porteranno la propria esperienza attraverso talk, progetti e momenti di discussione. Tra i tanti ospiti delle otto sessioni di talk tematici previsti, ci saranno Loredana Bessone, responsabile degli addestramenti in grotta degli astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea, e Raffi Tchakerian, del Dubai Institute of Design and Innovation. Ospiti nello spazio espositivo alcuni dei principali enti ricerca italiani come l’Istituto Italiano di Tecnologia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Fondazione “Bruno Kessler”. “Spark – Light on EdTech” è uno spazio creato per fornire un panorama completo su opportunità e nuovi trend e accrescere le proprie professionalità. L’obiettivo è quello di creare un network strategico che permetta uno scambio diretto di best practices fra formatori, ricercatori, aziende, studenti e più in generale tra le figure chiave nel mondo della formazione.

Tornando agli argomenti che, nel corso degli anni, sono stati protagonisti a Maker Faire Rome e che hanno riscosso un crescente interesse di pubblico – anche grazie alla sapiente curatela del professor Bruno Siciliano, docente di Robotica e Direttore del Centro ICAROS presso l’Università di Napoli “Federico II” – ci sono la robotica e l’intelligenza artificiale. Basti pensare che, su questi temi, si è passati da un’area espositiva di 400mq nel 2017 agli oltre mille dell’anno scorso, con un forte incremento del numero di prototipi e conference dedicate, per arrivare quest’anno ad un intero padiglione espositivo dedicato a questi temi in cui si potranno ammirare oltre 70 progetti, di cui molti stranieri.

E a conferma del forte interesse verso questi temi, per l’edizione 2019 si è fatto un decisivo balzo in avanti: è stata, infatti, avviata una stretta collaborazione con l’Istituto di Robotica e Macchine Intelligenti (I-RIM), creato lo scorso luglio, che raccoglie tutte le eccellenze italiane nella ricerca e nella industria del settore. I-RIM si prepara, infatti, a esordire ufficialmente a MFR, organizzando un grande evento di lancio nella tre giorni di fiera, negli spazi del padiglione 10.

La tre giorni di robotica e macchine intelligenti “I-RIM 3D” sarà un evento fortemente innovativo anche nella sua formula, rivolta al mondo professional della ricerca e dell’innovazione, ma aperta agli studenti e ai giovani entusiasti della tecnologia. L’evento I-RIM 3D sarà multidimensionale: oltre ai dibattiti che coinvolgeranno i leader dell’industria, della ricerca e delle istituzioni e all’esposizione delle ricerche e dei prodotti più avanzati con agili pitch divulgativi, le aziende presenti potranno partecipare a due innovativi eventi di matchmaking pensati per favorire la circolazione delle idee e delle persone.

Una nuova applicazione permetterà, infatti, di incrociare i bisogni e le offerte di tecnologia sull’intero territorio nazionale: le startup e i centri di ricerca più creativi potranno offrire le loro soluzioni incontrando le aziende più grandi, che invece cercano innovazione per migliorare la propria posizione competitiva.

Dal mondo dei social e dai siti di incontri prende ispirazione, invece, l’applicazione che permetterà ai giovani neolaureati di dare il loro like alle aziende presenti, e viceversa. L’applicazione – scherzosamente chiamata RoboTinder – li metterà in contatto e li farà conoscere a I-RIM 3D: starà a loro vedere se da lì nascerà un rapporto proficuo e duraturo.

L’edizione 2019 di Maker Faire Rome ospiterà, di nuovo, un’ampia sezione orientata al settore aerospaziale, con lo scopo di concentrare le discipline, le attività e le realizzazioni attinenti o derivanti. La New Space Economy si riflette anche nelle proposte dei laboratori di ricerca, delle università, e nelle idee delle piccole aziende e dei privati che sempre di più hanno un’opportunità di contribuire all’economia di mercato, ed alla creatività, che sono punti di forza dello sviluppo del settore. In questo ambito, Makers for Space è, all’interno di Maker Faire Rome, un palcoscenico esclusivo, unico in Europa, per dare voce a chi fa innovazione e creatività nell’ambito del settore aerospaziale.

La sezione Makers For Space porterà, anche quest’anno, in primo piano progetti, idee e creazioni relativi al mondo aerospaziale e al vasto indotto interdisciplinare che caratterizza questo settore, con la collaborazione di istituzioni quali Asi, Aeronautica Militare, Inaf, e Università Sapienza, oltre che di diverse associazioni, tra cui la IAU.

L’esplorazione di Marte sarà il tema principale dell’area espositiva. Verrà presentato il ruolo fondamentale che la scienza italiana ha nella scelta dei siti di atterraggio delle future missioni umane e si porrà l’attenzione sui piani attuali anche grazie alcuni allestimenti unici nel loro genere.

Verrà anche spiegato l’importante cambio di paradigma che evidenzia il ruolo che la “makers attitude” avrà nei primi avamposti marziani notando che sin da oggi i makers possono contribuire a trovare soluzioni ai problemi da affrontare. Il programma Apollo verrà di nuovo celebrato anche con l’esposizione di un campione di roccia lunare gentilmente offerto dalla NASA e diverse attività interattive. A contorno dell’area espositiva, progetti, idee e creazioni relativi al mondo aerospaziale e al vasto indotto interdisciplinare che caratterizza questo settore.

L’Area Food & Agritech presenterà 30 soluzioni innovative per il settore agroalimentare. Si parte dall’innovazione sul cibo. Qui saranno presentate diverse soluzioni che riguardano nuove frontiere del settore della gelateria, la produzione di nuovi integratori alimentari, come l’aglio nero o il confezionamento di aperitivi in perle gel destinato al mercato dell’happy hour innovativo.

Saranno poi presentate diverse innovazioni come, ad esempio, la cioccolata prodotta a bassa temperatura, e alcune nuove tecnologie per la conservazione degli alimenti, tipo la disidratazione in autoclave a pressione che consente la conservazione della mozzarella a temperatura ambiente. Non mancheranno le soluzioni per l’economia circolare e la sostenibilità, come la produzione di contenitori in bioplastica realizzati a partire dai residui dei caseifici, la produzione di film isolanti che evitano i trattamenti con diserbanti, macchine intelligenti per il compostaggio della frazione umida dei rifiuti, la produzione di nanomembrane a base di fibre realizzata impiegando estratti di foglie di fico d’India.

Un’attenzione particolare sarà, poi, dedicata alla coltivazione di micro-spazi (small scale farming), utilizzando tecniche e attrezzature dedicate. Chiudono la carrellata sistemi innovativi privi di residui chimici per l’igiene degli alimenti, un sistema di intelligenza artificiale che promuove i piccoli negozi di prossimità, e diverse soluzioni per la trasformazione alimentare e per il confort dei lavoratori agricoli.

L’esposizione interattiva sarà affiancata da un ciclo di talk curati dai massimi esperti del settore dedicati ai temi del climate change, del digital divide e delle nuove frontiere dell’educazione nutrizionale.

In quest’area, infine, sarà attiva – per tutta la durata della manifestazione – la sezione “Green Food per il Futuro”, con un bar vegetale, uno street food vegetariano e un ciclo di show cooking di alta cucina green.

Anche la settima edizione di Maker Faire Rome, come da tradizione, riserva ai piccoli innovatori un grande spazio di circa 10mila mq dove i giovani aspiranti maker, dai 4 ai 15 anni, potranno partecipare a tantissime attività didattiche e laboratori per sperimentare in prima persona le tecnologie e lo spirito maker grazie al coding, al making e alla creatività digitale.

In particolare, lo spazio “Kids & Education” di quest’anno porterà i più piccoli (e i grandi che li accompagneranno) direttamente sulla Luna!. Molte delle attività presentate infatti, verteranno su questo tema per celebrare i 50 anni dello sbarco sul nostro satellite.

Tra le proposte immancabili, all’interno degli Open Labs sarà presente la Space Coding Challenge, un inedito laboratorio di visual coding alla conquista dello spazio, e la Realtà aumentata, in cui sarà possibile costruire una colonia spaziale virtuale. Sempre la Realtà aumentata sarà protagonista di “LunAria”, una mostra sperimentale su fatti e curiosità meno note riguardanti le missioni lunari dagli anni ‘60 a oggi, mentre in altri spazi sarà possibile cimentarsi nella creazione di prototipi spaziali grazie ai nuovissimi Meccano Innovation Sets.

Grande aspettativa, infine, per la Mission To Moon, in cui sarà possibile rivivere l’emozione delle missioni spaziali programmando dei rover robotici che si muoveranno sulla superficie lunare.

Anche quest’anno l’area Educational è curata e coordinata dal team di Codemotion Kids!, in collaborazione con i maggiori player del settore edutech.

Anche l’edizione 2019, si è arricchita di contest e iniziative speciali finalizzate a valorizzare i migliori progetti, per garantire visibilità e lo sviluppo delle diverse iniziative presentate: un riconoscimento pubblico e tangibile al valore della creatività esposta durante la manifestazione.

Tra i tanti contest proposti quest’anno ricordiamo “Make Christmas Lights Acea”, promosso da Acea spa, gold partner di Maker Faire Rome che, in vista delle prossime festività natalizie, ha chiesto ai partecipanti di elaborare un progetto di illuminazione artistica di alto livello per la città di Roma. Un’iniziativa che è stata un grande successo con ben 21 proposte arrivate da tutto il mondo. E il vincitore verrà annunciato in occasione della Opening Conference di MFR 2019, il prossimo 17 ottobre.

A grande richiesta si è, poi, riconfermato “Make to Care” promosso da Sanofi Genzyme, giunto alla sua quarta edizione, e finalizzato a far emergere e facilitare la realizzazione, nonché la diffusione, di soluzioni innovative e utili a incontrare i bisogni reali delle persone affette da qualunque forma di disabilità, intesa come qualsiasi diminuzione marcata della qualità della vita a causa di patologie e/o eventi traumatici.

Molto ampia e variegata, come da tradizione, l’offerta formativa della Maker Faire Rome 2019: già programmate centinaia tra conferenze, seminari e workshop su temi come economia circolare, intelligenza artificiale e robotica, IoT – Internet delle cose, spazio, tecnologie per lo sport, edilizia sostenibile, editoria digitale, cucina e arte.

La “Maker Faire Rome – The European Edition” si avvale della preziosa collaborazione di partner istituzionali quali l’ITA (Italian Trade Agency) Agenzia ICE, Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. In particolare, il sostegno dell’Agenzia si inserisce nel quadro di un più ampio supporto del Ministero dello Sviluppo Economico a iniziative in favore della competitività e dell’innovazione. Nello specifico è stata svolta una campagna di advertising e comunicazione nazionale e internazionale e organizzando un incoming di oltre 50 operatori esteri di rilievo, selezionati dalla propria rete di Uffici nel mondo e provenienti da Usa, Francia, Croazia, Regno Unito, Austria, Belgio e Ungheria.

Tra i partner istituzionali, anche quest’anno, sarà presente la Regione Lazio con uno spazio di 200 mq con desk interattivi ed esposizioni delle eccellenze del territorio che spaziano in tutti i campi dell’innovazione. Lo stand regionale ospiterà anche i 21 prototipi finalisti di “Aspettando Maker Faire”, contest che ha coinvolto un centinaio di talenti e giovani creativi del Lazio negli Spazi Attivi regionali. La MFR 2019 si avvale della partnership di Inail, Unioncamere, InfoCamere, Dintec, Sviluppo Campania e ha il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico, Roma Capitale, Ambasciata degli Stati Uniti e Ordine nazionale degli Ingegneri.

I tanti sponsor, nazionali e internazionali, rendono fattibile la realizzazione della manifestazione e hanno sposato la logica dell’interazione con pubblico e addetti ai lavori per offrire esperienze indimenticabili e moltiplicare l’offerta di contenuti fruibili da un pubblico variegato, composto anche da imprenditori e investitori. Tra questi Eni (main partner), Sanofi Genzyme, Acea, Ferrovie dello Stato Italiane, Unidata, Arrow Electronics, OKdo, Digi-Key, Campus Store, Conrad, Teko, STMicrolectronics, Doc Creativity, l’Agenzia strategica per la tecnologia e l’innovazione della Puglia.


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Agricoltura

Coalizione #CambiamoAgricoltura: dietro le proteste c’è un sistema ingiusto che non tutela i piccoli e medi agricoltori

“Decenni di politiche agricole e commerciali nazionali e comunitarie che hanno creato un modello agricolo insostenibile e iniquo, rispetto al quale gli interessi delle filiere industriali e distributive hanno dominato, a spese del lavoro e del reddito degli agricoltori, della salute delle persone e dell’ambiente, del benessere animale. Agricoltori e consumatori rappresentano oggi gli anelli deboli della filiera agroalimentare, esposti alle conseguenze dei danni all’ambiente e alla salute provocati da questo sistema, mentre i suoi attori forti hanno visto accresciuti i loro profitti e la loro influenza sui decisori politici”. Da questa denuncia parte l’analisi della Coalizione #CambiamoAgricoltura che in una nota analizza le “vere cause del disagio sociale ed economico dietro gli agricoltori che manifestano”.

Per la Coalizione #CambiamoAgricoltura, le associazioni agricole e dell’agroindustria hanno dato in queste settimane “l’ultima spallata” al Green Deal europeo, additato come la principale causa della crisi del settore primario: “L’effetto paradossale di questa situazione è che la maggioranza degli agricoltori, schiacciati dagli attori dominanti la filiera, sono in una condizione di crescente disagio e sfiducia verso l’intero sistema agroalimentare e sono stati indotti a orientare le loro proteste verso le regole e gli impegni per la tutela dell’ambiente, complice anche la strumentalizzazione dei decisori politici”.

Gli obiettivi delle strategie del Green Deal europeo al 2030, definiti per trovare soluzioni efficaci alle due grandi crisi ambientali globali, il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità, che colpiscono in particolare l’agricoltura, sono diventati il facile capro espiatorio del crescente disagio sociale e della crisi economica di molti agricoltori.

Dietro le proteste c’è un sistema ingiusto che non tutela i piccoli e medi agricoltori

I motivi di questo malessere sono in realtà assai più numerosi, come risulta evidente anche dalla rapida evoluzione delle rivendicazioni e richieste dei comitati che stanno animando la protesta, che avrà probabilmente nella manifestazione di oggi a Roma il suo epilogo.

Le contestate regole agroambientali sono state introdotte, peraltro con scarso successo, nelle più recenti programmazioni della Politica Agricola Comune (Pac) per cercare di correggere le distorsioni di questa politica europea, ma non è altresì cambiata la distribuzione della grande percentuale degli aiuti che è rimasta profondamente iniqua, con l’80% dei 387 miliardi di euro previsti nel periodo 2021-2027 che verranno distribuiti solo al 20% delle aziende agricole. Questa iniquità e ingiustizia non è stata risolta con l’ultima riforma della Pac, il cui fallimento va attribuito a conflitti di interesse su posizioni conservatrici in difesa di privilegi e rendite storiche.

Le corporazioni agricole hanno, infatti, difeso un sistema di pagamenti legato alle superfici aziendali e ai titoli storici, che da temporanei sono diventati permanenti, premiando i grandi proprietari e penalizzano i piccoli e medi agricoltori, condannando al fallimento le aziende agricole delle aree interne e penalizzando i nuovi giovani agricoltori. Il risultato è che, solo in Italia, nell’ultimo decennio è scomparso il 30% delle aziende agricole mentre nell’ultimo cinquantennio è stato abbandonato oltre un terzo delle superfici agricole. A questo si è aggiunta la mancanza da parte delle organizzazioni agricole di un’azione di accompagnamento degli agricoltori nel cambiamento del modello produttivo e aumento delle competenze.

La stessa retorica dell’agricoltore custode dell’ambiente e artefice del cibo di qualità, a prescindere dal modello di agricoltura praticato, non ha aiutato a comprendere la necessità di un’evoluzione del ruolo sociale e ambientale dell’agricoltura.

Gli agricoltori sono i fornitori del nostro più importante bene comune, il cibo. Il cambiamento dei sistemi agroalimentari deve avvenire dando loro la possibilità di operare nelle migliori condizioni.

Perché è necessaria una transizione agroecologica

I sussidi pubblici all’agricoltura devono essere funzionali al mantenimento di una sostenibilità economica per le aziende agricole e alla loro crescita numerica, senza distorsioni nella distribuzione degli aiuti. Ma devono anche facilitare la necessaria transizione ecologica con l’adozione di pratiche agroecologiche in grado di garantire la tutela dell’ambiente e del benessere animale. Queste pratiche tuteleranno ulteriormente anche il reddito degli agricoltori. Nell’annata agraria 2023, caratterizzata da notevoli cali di produzione dovuti agli effetti devastanti del cambiamento climatico (con perdite del 10% per i seminativi fino al 70% per la frutta come pere e ciliegie), le aziende agricole biologiche sono risultate essere le più resilienti, a dimostrazione dell’efficacia delle pratiche agronomiche basate sull’agroecologia alternative all’agricoltura avvelenata dai pesticidi e fertilizzanti chimici.

Le Associazioni della Coalizione #CambiamoAgricoltura esortano gli agricoltori, la Commissione europea e il Governo italiano a evitare qualsiasi indebolimento delle regole della Pac, ribadendo che tali azioni impediranno la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.

Invitano infine le Istituzioni nazionali e tutte le Associazioni che a vario titolo rappresentano gli agricoltori ad aprire un serio dibattito sulle reali cause della crisi economica del settore primario, che non vanno cercate nella protezione dell’ambiente, nella conservazione della natura e nella lotta ai cambiamenti climatici, ma in un sistema agroalimentare ingiusto, che tutela essenzialmente gli interessi delle grandi corporazioni agricole e agroindustriali (chimiche, meccaniche, sementiere, della trasformazione alimentare), penalizzando invece i piccoli produttori e i consumatori.

CambiamoAgricoltura è una coalizione nata nel 2017 per chiedere una riforma della PAC che tuteli tutti gli agricoltori, I cittadini e l’ambiente. Aderiscono alla Coalizione oltre 90 sigle della società civile ed è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista, consumerista e del biologico italiane che aderiscono ad organizzazioni europee (Associazione Consumatori ACU, AIDA, AIAB, AIAPP, Associazione Italiana Biodinamica, CIWF Italia FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e WWF Italia). E’ inoltre supportata dal prezioso contributo di Fondazione Cariplo.


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Agricoltura

Nel 2024 il via alla funivia delle mele in Val di Non. Un progetto che mira alla sostenibilità

Il progetto recentemente presentato dal consorzio Melinda è un’iniziativa senza precedenti a livello mondiale che contribuirà in modo sostenibile al trasporto delle mele della Val di Non. (altro…)


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Agricoltura

Il suolo italiano è malato

Ogni 100 metri quadri di suolo, 47 presentano qualche forma di degrado. L’80% dei terreni agricoli, pari al 23% del territorio nazionale, è sottoposto a fenomeni erosivi e il 68% ha perso più del 60% del carbonio organico originariamente presente in essi. Il 23% dei suoli agricoli presenta livelli eccessivi di azoto mentre il 7% è sottoposto a fenomeni di salinizzazione secondaria. Le aree soggette a rischio alto o molto alto di compattazione coinvolgono l’8% del territorio. E poi ancora c’è il problema contaminazione: quella da alti quantitativi di rame riguarda il 14% della superficie italiana, mentre l’1% presenta elevate concentrazioni di mercurio. Sono sono alcuni dei numeri – certamente noti agli addetti ai lavori ma sconosciuti a buona parte dell’opinione pubblica, degli operatori dell’informazione e degli amministratori pubblici – contenuti nella prima edizione del Rapporto “Il suolo italiano ai tempi della crisi climatica” presentato a pochi giorni dal World Soil Day della FAO che si tiene il 5 dicembre.

“La degradazione del suolo rappresenta una grave minaccia per il Pianeta” ammonisce Maurizio Martina, vicedirettore generale FAO nella prefazione del rapporto. “Dai suoli dipende infatti una serie di servizi ecosistemici fondamentali per il benessere umano, come la protezione dell’ambiente e della biodiversità, la tutela del paesaggio, l’architettura e i processi urbani, oltre alle attività agricole. Il 95% del cibo globale viene prodotto direttamente o indirettamente dal suolo. Con il tasso corrente di erosione si stima che circa il 90% dei suoli sarà a rischio entro il 2050. Senza un’inversione di tendenza, potremmo perdere la totalità della terra fertile e coltivabile entro i prossimi 60 anni”.

L’idea del rapporto è di Re Soil Foundation, fondazione creata da Università di Bologna, Politecnico di Torino, Coldiretti e Novamont. Ma la pubblicazione è un’opera a più mani, resa possibile dal coinvolgimento del Joint Research Center della Commissione europea, CREA (Consiglio per la Ricerca e l’Economia Agraria), dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca ambientale), Ministero dell’Ambiente e dell’Università di Bologna.

“Il degrado del suolo è ancora oggi la Cenerentola delle emergenze ambientali. La sua sottovalutazione rappresenta un ostacolo all’adozione delle misure indispensabili per invertire la tendenza e riportare in salute i suoli italiani” spiega Giulia Gregori, membro del Consiglio di amministrazione di Re Soil Foundation – “Con questa pubblicazione abbiamo quindi cercato di riunire i dati più aggiornati e completi a nostra disposizione. Le dimensioni e le implicazioni dell’emergenza suolo sono ovviamente ben conosciute dagli addetti ai lavori, ma lo sono meno tra gli operatori dell’informazione, i decisori pubblici e l’opinione pubblica. In questo modo speriamo di aiutare ad innalzare l’attenzione su questo problema che ha già oggi impatti gravi e multiformi e richiede quindi di essere affrontato attraverso un approccio olistico che coinvolga tutte le competenze e le esperienze virtuose che ruotano attorno al Pianeta-suolo”.

Uno dei problemi da affrontare con maggiore urgenza è proprio la mancanza di dati adeguati. “A nostra disposizione – spiega Luca Montanarella, componente del Joint Research Center della Commissione europea, vincitore del Glinka World Soil Prize della FAO – abbiamo dati assolutamente parziali che non permettono una valutazione dettagliata di ogni singolo fenomeno su scala nazionale. Per una valutazione oggettiva dello stato dei suoli su tutto il territorio nazionale, sono indispensabili dati dettagliati, raccolti secondo procedure standardizzate e ripetuti nel tempo. Al momento, questi dati sono disponibili solo parzialmente”. Lacune cui cerca di rispondere la proposta di direttiva sul monitoraggio del suolo presentata nei mesi scorsi dalla Commissione europea e che, nelle prossime settimane, inizierà l’iter parlamentare di approvazione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio Ue.

IL CARBONIO ORGANICO CONTINUA A DIMINUIRE

I dati a nostra disposizione, sono in ogni caso, estremamente preoccupanti. È il caso del carbonio organico, componente che ha un ruolo vitale per il funzionamento dell’ecosistema suolo e per la sua fertilità: la maggior parte dei suoli italiani, in particolare quelli coltivati, hanno un contenuto di carbonio organico da molto basso (< 1%) a basso (1÷2%), in ogni caso inferiore al limite considerato necessario per poter considerare sano un suolo. “La carenza della sostanza organica – spiega Claudio Ciavatta, professore ordinario di Chimica Agraria all’università di Bologna – interessa territori da nord a sud dell’Italia. Sono particolarmente colpite alcune aree del Piemonte nella zona del cuneese, dell’Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Basilicata, gran parte dei territori della Sicilia e parte della Sardegna. Una situazione dannosa sia sotto il profilo agronomico che ambientale”.

La perdita di sostanza organica è connessa con la diffusione di tecniche tipiche dell’agroindustria che hanno portato al sopravvento della fertilizzazione chimica, facendo aumentare le rese agricole ma depauperando però i suoli.

EROSIONE E DESERTIFICAZIONE

L’uso di tecniche dannose per i suoli non ha causato danni solo sul fronte del tasso di carbonio organico. “La meccanizzazione delle operazioni colturali e l’uso di pratiche agronomiche poco sostenibili, come concimazioni azotate e lavorazioni troppo profonde, unite al mancato presidio del territorio da parte dell’uomo, hanno fatto perdere 135 delle 677 gigatonnellate di carbonio stoccato nei terreni mondiali” ricorda all’interno del rapporto Giuseppe Corti, direttore Agricoltura e Ambiente del CREA (Consiglio per la Ricerca e l’Economia agraria). “Tutto questo, ha accentuato il fenomeno dell’erosione. In Italia, le perdite annuali di suolo sono superiori a 10 tonnellate per ettaro all’anno. Ma in alcuni territori, superano anche le 100 T/ha. Ciò equivale all’asportazione di uno spessore di suolo compreso tra 1 e 10 millimetri all’anno”.

Perdita di carbonio organico e erosione sono tra i fenomeni più rilevanti di degrado, che al suo massimo livello si presenta come desertificazione, con la perdita totale dei servizi ecosistemici. L’Italia è compresa a pieno titolo tra i Paesi a rischio di desertificazione nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione. “Le regioni più a rischio sono in questo caso quelle in cui l’elevato uso non sostenibile del suolo si associa a una scarsità di risorsa idrica” spiega Francesca Assennato, responsabile dell’Area monitoraggio e analisi integrata dell’uso del suolo, trasformazioni territoriali e processi di desertificazione dell’ISPRA. “Pensiamo in primo luogo alle nostre regioni meridionali. Ma la diversa distribuzione nel corso dell’anno di quantità disponibile causata dai cambiamenti climatici mette tutto il nostro territorio in pericolo”.

Eppure, “Intervenire è non solo utile dal punto di vista ambientale e sociale ma anche un ottimo investimento economico”, ricorda Anna Luise, Corrispondente Tecnico-scientifico della UNCCD e aggiunge che “Per ogni euro investito sul ripristino dei suoli si ottiene un risparmio di mancati costi attorno ai 30 euro”.

IMPERMEABILIZZAZIONE E BONIFICHE

La strada da fare è ancora lunga. I dati sull’impermeabilizzazione e coperture artificiali sono ad esempio particolarmente allarmanti anche se sono tra i più noti anche al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori, grazie al meritorio lavoro dell’ISPRA che, da ormai un decennio, dedica al tema un rapporto ad hoc. “La copertura artificiale del suolo – ha ricordato durante la conferenza Michele Munafò, responsabile del Servizio per il Sistema Informativo Nazionale Ambientale dell’ISPRA – è arrivata al 7,14% del territorio nazionale. La media UE è del 4,2%. Ma in Lombardia, Veneto e Campania, tre delle aree più fertili del Paese, si supera già il 10% di impermeabilizzazione. Nelle provincie di Monza, Napoli e Milano il dato è ben oltre il 30%. Per di più, i suoli urbani sono quelli nei quali il consumo di suolo si è più intensificato negli ultimi anni. Sono così scomparse preziose aree permeabili, aggravando i danni da allagamenti e ondate di calore”.Va meglio sul fronte bonifiche. L’Italia conta attualmente 42 siti di interesse nazionale, che occupano 170mila ettari a terra e 78mila a mare, distribuiti all’interno del territorio italiano in maniera omogenea tra nord, sud e isole maggiori. Per bonificarli, il Ministero dell’Ambiente ha finora stanziato 2,25 miliardi di euro. “Dal 2014 ad oggi sono state restituite e quindi resi riutilizzabili circa 7565 ettari di suolo favorendo quindi la concreta applicazione dei principi di sostenibilità e di circolarità” ricorda Laura D’Aprile, capo del Dipartimento Transizione ecologica e investimenti verdi del Ministero dell’Ambiente. “Il trend è sempre crescente grazie anche al nuovo approccio utilizzato in primis dall’amministrazione centrale e di conseguenza da tutti gli operatori di settore, pubblici e privati, che si sono adoperati a raggiungere gli obiettivi prefissati, consapevoli delle opportunità che la bonifica di aree contaminate può offrire. Nel campo della bonifica dei siti contaminati risultati significativi possono essere conseguiti unicamente coinvolgendo tutti gli attori del settore: amministrazioni centrali e territoriali, enti di ricerca e università, aziende, associazioni e cittadini”.

DATI, BUONE LEGGI, CONOSCENZA E UN’AGRICOLTURA “AMICA DEL SUOLO”

Un approccio partecipato e percorsi condivisi che, oltre al problema del recupero delle aree contaminate, possono essere molto efficaci per curare anche molti altri mali del suolo. A ribadirlo sono i diversi rappresentanti delle tre società del suolo intervenute alla conferenza e che, all’interno del Rapporto, hanno indicato una serie di proposte concrete. A partire dall’esigenza della possibilità di poter contare su un minimo data set di indicatori da riunire in un indice di qualità del suolo. “Un indice – ricorda Giovanni Gigliotti, presidente della Società Italiana di Chimica Agraria – può essere usato per predire gli effetti dei sistemi agrari, delle pratiche agronomiche sulla qualità del suolo, o può evidenziare i primi segni della sua degradazione”. In tal senso, va ricordata positivamente la proposta della Mission Soil UE di usare 6 indicatori fondamentali: a ciascuno andranno associate delle soglie per verificare l’effetto delle diverse pratiche di gestione del suolo, in modo da poter distinguere quelle effettivamente sostenibili.

“Un’agricoltura ‘amica del suolo’ – aggiungono i rappresentanti del Comitato direttivo della SISS (Società Italiana Scienze del Suolo) – deve essere capace di adattare i sistemi agricoli alle condizioni esistenti, programmando operazioni che nel tempo riescano a riabilitare i suoli. In molti casi, il recupero o la rivisitazione delle sistemazioni idraulico-agrarie può essere la chiave di volta per permettere la reintroduzione di sostanza organica nel suolo”. Molte azioni possono essere messe in atto ma – aggiungono gli esponenti SISS – “devono essere intraprese di comune accordo tra amministratori, esperti, aziende agricole e cittadini”.

Ovviamente tutto ciò è reso più difficile dalle lacune legislative. “La legislazione italiana sul suolo è carente” denunciano i vertici della SIPe (Società italiana di Pedologia). “Nessuna proposta è andata oltre l’approvazione di un solo ramo del Parlamento. Auspicabili provvedimenti legislativi devono però basarsi su indicatori e modelli scelti e validati per fornire informazioni e schemi interpretativi della salute del suolo. In questo senso la SIPe (nel 2013 e nel 2022) si è fatta promotrice – con la collaborazione di tutte le società scientifiche agrarie (AISSA) – di una proposta di legge quadro sul suolo (il ddl 2614 nella XVIII legislatura)”. Ma altrettanto importante è aumentare la consapevolezza diffusa tra l’opinione pubblica sull’importanza del sistema suolo per il futuro dell’Umanità: “La formazione scolastica ed universitaria – aggiungono dalla SIPE – assume un ruolo fondamentale per smuovere l’attuale apatia nei confronti dei problemi del suolo; infatti una buona parte di studenti che si iscrive all’università non conosce l’esistenza di queste discipline”.


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