Clima
21,5 milioni i rifugiati ambientali a causa dei cambiamenti climatici

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha sviluppato il concetto di “migrazione ambientale”: il cambiamento climatico porta al degrado ambientale cui contribuiscono anche altri fattori, come ad esempio lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali. Il degrado ambientale distrugge le basi materiali della sussistenza e sempre più espone le persone colpite al rischio di disastri naturali.
Secondo il rapporto di Greenpeace Germania “Climate Change, Migration and Displacement”, ogni anno 21,5 milioni di persone sono costrette a lasciare le proprie case a causa di siccità, tempeste o alluvioni. Se prendiamo in considerazione il solo 2015, si tratta di un numero quasi doppio rispetto alle persone costrette a fuggire da guerre e violenza.
«Eventi meteorologici estremi sempre più frequenti costringono milioni di persone nei Paesi più poveri ad abbandonare le proprie case in cerca di sicurezza», dichiara Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia. «I Paesi più industrializzati e i Paesi in via di sviluppo devono lavorare insieme per trovare soluzioni concrete, sia per affrontare direttamente questi fenomeni che per sostenere e proteggere chi non ha altra scelta che lasciare la propria casa».

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Ambiente
Dal G7 dei ministri dell’ambiente a Sapporo le misure per la riduzione dell’inquinamento da plastica e per l’uso di combustibili fossili

Il G7 di Sapporo, in Giappone ha visto l’incontro dei ministri dell’ambiente e del clima con l’obiettivo comune di porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 nei loro paesi. (altro…)

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Ambiente
Report Nevediversa 2023: in montagna è sos neve per la crisi climatica e l’aumento delle temperature

In Italia, complice la crisi climatica, è sos neve. Una neve sempre più rara – visto che su Alpi e Appennini a causa dell’aumento delle temperature nevica sempre di meno con impatti negativi anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica e una neve sempre più costosa. (altro…)

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Ambiente
Quanto impatta sul clima una pizza? #worldpizzaday

In occasione della Giornata Mondiale della Pizza, nata nel 2017 quando il noto piatto italiano è stato riconosciuto come Patrimonio Culturale dell’Umanità dall’Unesco, Studio Fieschi, impresa che si occupa della misurazione degli impatti ambientali, ha calcolato le emissioni di CO2 di questa ricetta grazie all’analisi del ciclo di vita (LCA), la metodologia su cui c’è il maggior consenso della comunità scientifica internazionale.
Non poteva che essere la pizza margherita, la regina delle pizze, il punto di partenza. L’impronta di carbonio, cioè l’insieme delle emissioni, della margherita è circa di 0,7 kg di CO2eq (CO2 equivalente). Un dato che emerge considerando i soli ingredienti necessari (quindi non la cottura) per preparare una margherita da 28/30 cm di diametro.
Se consideriamo l’impronta di carbonio, invece, di una marinara, emerge una curiosità interessante. Già, perché gli ingredienti di questa pizza emettono circa 0,2 kg di CO2eq, cioè circa un quarto della margherita. Come mai questa differenza? La risposta sta nella mozzarella, che da sola da un punto di vista climatico contribuisce per circa il 75% delle emissioni di CO2 della margherita.
Dobbiamo quindi rinunciare alla mozzarella?
No, gli impatti climatici della mozzarella non devono indurci a evitare di ordinare una margherita. Semmai è utile sapere che in base agli ingredienti, il profilo climatico delle pizze che scegliamo può essere molto diverso. Per esempio, quelle che includono la carne, come le pizze con il prosciutto, con la salsiccia o con la carne macinata (poco usata in Italia, ma presente nei paesi anglosassoni in diverse pizze, fra cui la minced beef pizza), hanno impatti climatici in genere superiori alle “sorelle” vegetariane.
In linea generale, possiamo comunque considerare la pizza un piatto più sostenibile di altri pasti, fra cui quelli a sola base di carne.

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