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Le capacità di partenza nella fase due dell’emergenza coronavirus delle diverse città italiane

Un report di EY Italia ha analizzato le città italiane capoluogo di provincia valutando le rispettive capacità di ripartenza  post-COVID19 in base a diversi parametri

  1. Adeguamento delle strutture sanitarie, sia in termini di posti letto (soprattutto in terapia intensiva, per la cura dei malati gravi) sia di medicina di base, per la sorveglianza epidemiologica;
  2. Riorganizzazione delle infrastrutture di mobilità, verso una maggiore flessibilità del trasporto pubblico ed una moltiplicazione della mobilità alternativa;
  3. Potenziamento delle reti di telecomunicazioni, per supportare non solo lo smart working, la didattica a distanza e l’entertainment on-line, ma anche il tracciamento capillare degli individui attraverso le reti mobili;
  4. Rafforzamento delle tecnologie di controllo delle città, per monitorare gli affollamenti e gli assembramenti, regolare opportunamente l’afflusso ai mezzi pubblici e agli esercizi commerciali, quando verranno riaperti.

Le città non partiranno tutte dalla stessa situazione. Il COVID-19 non ha colpito in egual misura tutti i territori e la penetrazione dei contagi in rapporto alla popolazione è molto diversa da città a città, anche all’interno della stessa regione. Le città più colpite sono Cremona (con 151 contagiati totali su 10.000 abitanti) seguita da Lodi (118 contagiati su 10.000 ab.) e Piacenza (117). In una situazione critica sono quasi tutte le città della Lombardia (oltre a Lodi e Piacenza, soprattutto Bergamo con 96 contagiati su 10.000 ab. e Brescia con 94, ma Varese, la meno contagiata della Lombardia, è a metà classifica, con solo 24 contagiati su 10.000 ab.), diverse città dell’Emilia-Romagna (oltre a Piacenza, anche Reggio Emilia, Parma e Rimini, tutte con valori superiori ai 50 contagiati per 10.000 ab., ma con Ravenna e Ferrara a metà classifica con 23 e 22 contagiati per 10.000 ab.), Aosta, Trento e diverse città del Piemonte (Verbania, Alessandria, Vercelli nelle 20 città italiane più contagiate e le altre comunque nelle prime 40). Tra le città più contagiate anche Imperia, Massa, Genova, Bolzano, Trieste. Tra le città del Veneto, Verona è la più colpita (poco sotto i 40 contagiati per 10.000 ab.), ma Rovigo ne ha solo 13, confermando un miglior controllo dell’infezione nelle città venete e del Friuli-Venezia Giulia (che è complessivamente la regione meno colpita del Nord).

Nella parte “buona” della classifica, vi sono tutte città del Sud, soprattutto le isole come Sardegna e Sicilia, Calabria, Basilicata, Puglia.

Le leve a disposizione delle città per ripartire sono

  1. Un’organizzazione della risposta sanitaria all’altezza (posti letto negli ospedali, medici di medicina generale, farmacie per la distribuzione dei dispositivi di protezione);
  2. Infrastrutture di mobilità capienti (in grado comunque di trasportare un certo numero di cittadini senza eccessivo affollamento), flessibili (ad es. integrate con bike e car sharing e anche i monopattini, secondo alcuni il mezzo più indicato nella nuova situazione) e organizzate per la logistica urbana, il tutto supportato da servizi di infomobilità (es. app) che ne consentano un più facile e immediato utilizzo;
  3. Ampia copertura delle infrastrutture di comunicazione a banda ultralarga fissa (fibra ottica) e mobile (5G), wi-fi pubblico capillare, scuole e amministrazioni già connesse in fibra ottica;
  4. Capacità di tenere sotto controllo la città attraverso la sensoristica e le centrali di controllo urbano (traffico, sicurezza), elementi indispensabili per monitorare in tempo reale i flussi di spostamento dei cittadini, prevenire le situazioni di congestionamento e regolare tempi e orari di spostamento dei cittadini evitando i picchi degli orari di punta;
  5. Servizi pubblici interamente digitalizzati, che permettono la continuità di erogazione dei servizi evitando l’affollamento agli sportelli;
  6. Elevata capacità di engagement digitale dei cittadini (comunicazione con app e social network), perché garantisce maggiormente che le app di tracciamento vengano scaricate dalla maggioranza dei cittadini, più abituati ad interagire con la PA attraverso gli strumenti digitali.

Le città che hanno le infrastrutture più resilienti e le tecnologie più avanzate, sono pronte più di altre a ripartire. È però chiaro che le città hanno situazioni e prospettive molto diverse, il che rende evidente che trarranno dalla ripartenza vantaggi diversificati: una città con un livello di contagio più elevato potrebbe essere costretta a dover mantenere più rigorosamente il distanziamento sociale rispetto ad un’altra che ha meno contagi e che può consentire ai cittadini una maggiore libertà di movimento, con meno ripercussioni in termini di nuove ondate di contagi. E se questa città ha un sistema di mobilità più capiente e più flessibile, se il suo sistema di logistica urbana è più avanzato, se ha più fibra ottica nelle abitazioni e magari il 5G è già partito, ecco che potrà permettersi ancora più libertà di azione, perché i suoi cittadini potranno ad esempio fare più agevolmente smart working e didattica a distanza, avere più facilmente la spesa a domicilio ed uscire solo quando è strettamente necessario; se invece non hanno banda sufficiente e non riescono a lavorare efficacemente da casa, saranno costretti ad andare più spesso in ufficio ed aumentare così i rischi di assembramenti.

Le città del Nord, generalmente più mature nella gestione dei fenomeni sopra descritti, e quindi dotate di più leve, sono in teoria più avvantaggiate nella ripartenza, tuttavia, come visto in precedenza, partono da una situazione di contagio molto più elevato e saranno quindi costrette ad una ripartenza più cauta.

I quattro cluster, sulla base della diffusione del contagio sono

1. Ripartenza facile (basso contagio/buona resilienza): sono le città (prevalentemente del Centro e del Sud) dove approfittare della ripartenza è più facile, perché hanno le infrastrutture e le tecnologie già pronte, e possono controllare meglio i pochi contagi sul loro territorio. Cagliari è la città dove la ripartenza potrebbe essere più facile, grazie ad un ottimo sistema di trasporto pubblico integrato dai servizi di sharing mobility e fortemente digitalizzato, e ad una rete di sensori collegati ad una centrale di controllo urbano molto avanzata. Appartengono a questo cluster anche città del Sud tradizionalmente dinamiche come Bari e Lecce, ma anche alcune città medie del centro-nord, come Siena, Pisa, Pordenone, Udine, che hanno infrastrutture e tecnologie di ottimo livello, e che sono state abbastanza al riparo dal contagio;

Ripartenza lenta (basso contagio/scarsa resilienza): sono città (anche in questo caso molte del Sud: Caltanissetta, Caserta, Crotone, ma anche alcune del Centro Italia come Viterbo e L’Aquila) dove la ripartenza potrebbe avvenire assai presto, dato il basso livello di contagio, ma più lentamente, perché le loro infrastrutture di mobilità e comunicazione non sono di livello elevato e non consentono grandi prestazioni.

3. Ripartenza frenata (alto contagio/buona resilienza): sono le città del Nord tradizionalmente “smart”, come Milano, Bergamo, Brescia, Piacenza, ecc., che, pur avendo sistemi di mobilità, reti TLC e reti di sensori molto avanzate, appaiono frenate nella ripartenza da alti livelli di contagio (spesso correlati ad elevati livelli di ospedalizzazione e carenza di medici di base sul territorio);

4. Ripartenza critica (alto contagio/scarsa resilienza): sono le città dove la ripartenza appare più critica, perché accanto a situazioni di contagio molto elevate si abbinano livelli di resilienza molto bassi (reti di trasporto pubblico poco capillari e scarsa presenza del car sharing, limitate coperture TLC, pochi sensori sul territorio e mancanza di piattaforme e centrali di controllo dove raccogliere i dati). Sono città come Cremona, Lodi, Lecco, Alessandria, Verbania, raramente ai primi posti nelle classifiche di smart city italiane, dove sembrano mancare le leve delle infrastrutture moderne e delle tecnologie avanzate per potersi risollevare prontamente.


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Dal 18 al 22 aprile tornano le celebrazioni dell’Earth Day con le parole d’ordine: Ambiente, Pace, Giovani, Innovazione, Plastica. (altro…)


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Eventi

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale inasprendo o generando instabilità e un conflitto mondiale a pezzi.

Quest’anno il movimento scenderà in piazza insieme ai movimenti palestinesi per chiedere anche un cessate il fuoco immediato e permanente in Palestina. Come afferma Martina Comparelli, attivista di Fridays For Future Milano: “Gli interessi delle lobby fossili continuano a finanziare gli Stati responsabili di guerre, colonialismo e genocidi, come per esempio accade nel caso del Piano Mattei di ENI voluto dal governo Meloni. La stessa ENI a fine Ottobre 2023 ha firmato un accordo con chi colonizza la Palestina, per esplorare giacimenti di gas nelle acque di Gaza, rendendosi a pieno titolo complice del genocidio del popolo palestinese.”

Inoltre, è stato annunciato uno sciopero di tutta la giornata di venerdì 19 aprile da parte del sindacato Sisa per tutto il personale docente, dirigente e ATA, sia di ruolo che precario, sia in Italia che all’estero. Questo sciopero rappresenta un’importante mobilitazione nel settore dell’istruzione, sottolineando l’urgenza di affrontare le sfide attuali legate alla giustizia climatica e sociale anche nel contesto educativo.

Il movimento climatico chiama a raccolta tutte le realtà che lottano per la giustizia climatica e sociale, per la costruzione di un futuro condiviso e più equo per tutti. “Abbiamo bisogno di riprenderci il futuro. Di agire per il benessere collettivo, fermando i progetti fossili confermati con il Piano Mattei come il raddoppio del gasdotto Tap, realizzando qui come altrove una transizione a pianificazione democratica” aggiunge Comparelli.

Di transizione e Piano Mattei si parlerà anche al prossimo G7 in Puglia, a giugno, ma gli già insufficienti impegni presi nell’edizione precedente non vedono ancora un riscontro nelle politiche italiane, come spiega Michele Ghidini, attivista di Fridays For Future Brescia: “Serve una spinta decisa verso l’uscita dal fossile: se vogliamo davvero rimanere i +1.5°C dobbiamo seguire le indicazioni che la scienza ci ha dato già da tempo. L’ultimo rapporto dell’IPCC è chiaro: la transizione deve essere accelerata accompagnandola con misure di riduzione delle disuguaglianze come la cancellazione del debito.”

Le date di mobilitazione sono annunciate in collaborazione con altre realtà sociali, sindacali e transfemministe, tra le quali il collettivo di fabbrica GKN e Giovani Palestinesi Milano. Come dice Alessandra Pierantoni, attivista di Fridays For Future Forlì: “Vogliamo mostrare che un’alternativa è non solo possibile, ma desiderabile. Abbiamo bisogno di un intervento pubblico ora che operi ora e massicciamente per assicurare una transizione equa partendo dai bisogni di base, che coinvolga anche il mondo del lavoro, in modo da creare nuovi posti in tutti i settori necessari e adottare politiche di inclusione economica e sociale. Nessuno/a deve essere lasciato indietro.”


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