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Elon Musk o “La bolla che verrà (parte seconda)”

c:\>07 Tutto ebbe inizio all’attacco della “Banda TNT” al Campidoglio, ma in realtà fu molto prima

Alla scomparsa di Steve Jobs, l’uomo che, pur non avendolo inventato, cambiò la faccia del mondo per come lo conoscevamo — seppure quello che divenne non fu ciò che avrebbe sperato — l’occidente disorientato dal lutto aveva un terrificante bisogno di sperare in un’alternativa (sapendo bene che non sarebbe più potuta arrivare dagli eredi di Apple). Non credo che lui fece molto per sobillare la cosa, ma di fatto il mondo tecnologico cominciò a scegliere lui, Elon Musk, un ultra-ingegnere sudafricano dalla natura decisamente boera in un paese controllato da lobbies aschenazite di cultura yiddish (in fondo in entrambi i casi passavano per l’Olanda), che si era fatto strada aprendo e vendendo idee imprenditoriali con fondi fantasma o “amichevoli”. Ma questo ve lo lascio cercare fra l’ampia e controversa letteratura sul personaggio. Ora torniamo ai Social e al controverso rapporto con il patron di Tesla e Starlink.

Turbative fra divertimento e guadagno

Elon dev’essersi accorto di questo bisogno del mondo consumistico di un profeta di riferimento e in fondo non ha né sottoscritto né rifiutato la scomoda eredità di Jobs, ma il suo rapporto con i media sembra essersi intensificato gradualmente dopo la di lui scomparsa.

Il grande exploit è avvenuto all’inizio del 2021 quando ha usato Twitter, dove già era stra-seguito per un endorsement in favore di un altro social, quasi per niente conosciuto da noi ma molto usato oltre oceano, Reddit. In particolare Elon Musk ha incoraggiato gli acquisti con un tweet in cui segnalava il canale degli investitori amatoriali Wallstreetbets. Questo gruppo di incursori azionari ha provocato un volume significativo di messaggi e meme volti a spingere per comprare azioni di GameStop scoprendo che l’operazione ha funzionato in men che non si dica. A questo punto ecco entrare in campo anche Elon Musk decisamente divertito ad incoraggiare gli acquisti sui social. Bersaglio di queste operazioni in stile Robin Hood la sempre più evidente pantomima del denaro di fatto usato in maniera spudorata dai grossi fondi e dalle principali banche di investimento. È stato un po’ come per i primi tempi delle criptovalute poi digerite e catabolizzate dal sistema come il caso di apertura della prima parte di questi articoli.

Però Musk è andato oltre cominciando a prendere il giro il mondo dei media e in particolare dei social media, trattandoli da pecoroni e mostrando nel contempo quanto rapidamente il mercato azionario cadesse nelle sue trappole e quindi la sua ridicola credibilità. E allora perché non sparare 43 miliardi per Twitter? Ma andiamo per ordine.

Pochi giorni dopo essere stato eletto “Persona dell’anno” dalla rivista TIME jobs ha ringraziato il circo mediatico con questo tweet: “Sto pensando di lasciare il mio lavoro e diventare un influencer a tempo pieno, cosa ne pensate?

Sempre rivolgendosi ai suoi followers ha chiesto se avrebbe fatto bene a donare il 10% delle sue azioni di Tesla e quando il 60% degli utenti aveva risposto di essere d’accordo ha iniziato a cedere un po’ di quote, facendo però crollare il titolo dell’azienda in borsa. Ma lui non ci ha fatto gran che caso. E ancora, dopo l’exploit di diventare influencer Elon Musk ha cambiato la sua bio in “venditore di profumi” con il risultato di riuscire a vendere in soli due giorni 20mila bottigliette della fragranza “Burnt Hair”, vale a dire “Capelli Bruciati”, al costo di 100 dollari ciascuna. Il profumo è stato presentato come “l’essenza del desiderio ripugnante”.

Un po’ di giorni dopo eccolo ancora sputare in faccia ai social un’ulteriore perturbazione: “Next I’m buying Coca-Cola to put the cocaine back in”, ovvero afferma che il suo prossimo passo sia quello di voler acquistare l’azienda Coca-Cola, per poter rimettere all’interno della famosissima bevanda la cocaina come avveniva ai primi tempi della produzione.

Elon Musk è indubbiamente uno che twitta tantissimo: circa 5mila cinguettii l’anno, secondo il Wall Street Journal di qualche tempo fa, e l’impennata è avvenuta fra 2015 e 2016 in occasione del lancio di alcune auto di Tesla, e soprattutto lo fa in modo che quasi il 75% dei suoi tweet sono reply ai cinguettii di qualcun altro (cosa che quasi nessun influencer si sporca le mani a fare), anche a perfetti sconosciuti, usando un linguaggio semplice e colloquiale, spesso scherzando o scrivendo sciocchezze che poi magari gli si ritorcono contro.

Ecco alcuni esempi: nel 2015, twitta che “le voci secondo cui sto costruendo un’astronave per tornare su Marte, il mio pianeta natale, sono prive di fondamento”.

Mentre uno dei suoi razzi tenta il rientro sulla Terra promette che “se questa cosa riesce, mi regalo una Tana del Vulcano”: il riferimento è al rifugio del perfido Dr. Male nel film Austin Powers. Questa veste diabolica di maligno il cattivo dei social sembra non aver mai smesso di piacergli: “Un assaggio di vino rosso, un disco vintage, un po’ di Ambien… ed è subito magia” (l’Ambien è un sonnifero molto diffuso negli Usa).

Il 2018 è l’anno dell’apocalisse zombie e la Boring Company (un’altra delle sue aziende) presenta un prototipo di un lanciafiamme, che li combatterebbe con efficacia: “Quando arriverà il momento, sarai felice di averlo comprato. Potrai sterminarli in massa, o ti ridiamo i soldi indietro”. Poco dopo, la scherzosa retromarcia: “Quest’idea che io stia lavorando per dare vita a un’apocalisse zombie e fare crescere la domanda dei lanciafiamme è priva di fondamento”.

Per il Pesce d’Aprile twitta che Tesla è in bancarotta facendosi fotografare svenuto accanto a una delle sue auto. In Borsa la compagnia perde il 7% del suo valore. In seguito rincara la dose affermando di star pensando di privatizzare Tesla e toglierla dal mercato azionario, finendo però sotto indagine della Sec (la Consob americana) e a pagare una multa di 20 milioni di dollari.

Annuncia in seguito il sostegno economico ad un gruppo musicale che lotta contro l’Fbi e il software di riconoscimento facciale: “Comprerò tonnellate del vostro merchandising”, ma poi è costretto a scusarsi per aver dato pubblicamente del pedofilo al sommozzatore britannico che si era offerto di salvare 12 giovani calciatori thailandesi rimasti intrappolati in una grotta sotterranea: è uno dei pochi tweet che ha dovuto cancellare.

Nel 2019 cinguetta “bombardiamo Marte!”, con il fine di riscaldare il Pianeta Rosso colpendolo ai poli con ordigni termonucleari; sul negozio online di SpaceX la maglietta Nuke Mars è ancora in vendita e costa 30 dollari.

In tempi di COVID ha elogiato le scelte della Svezia, ha litigato pesantemente con Bill Gates integrando poi la cosa con un divertente “le voci secondo cui io e Bill siamo amanti sono totalmente infondate”.

Ha pubblicato una foto della Luna accompagnata dalla scritta “Occupiamo Marte”; ha dato “tutto il mio sostegno” al rapper Kanye West quando si è candidato alla presidenza degli Stati Uniti; ha scritto: “secondo me il prezzo delle nostre azioni [Tesla] è troppo alto”.

Il 2021 è l’anno del suo debutto su Clubhouse, divenuto febbrilmente celebre in men che non si dica per poi cadere nel dimenticatoio, e dei tanti tweet sulle criptomonete, da Bitcoin e Dogecoin, fatte sprofondare o salire di valore a seconda che le criticasse o le esaltasse.

Già più serie sono le boutades come quando è detto pronto a dare all’Onu 6 miliardi di dollari per sconfiggere la fame nel mondo, ma con un vincolo che è una bomba a orologeria: l’Onu dovrà dimostrare intanto come quel denaro risolverà davvero il problema e, sta qui il punto di crisi, dovrà rendere pubbliche le spese giustificando le spese dollaro per dollaro con un sistema di contabilità open source in cui tutti i cittadini del mondo potessero verificare centesimo dopo centesimo come vengono spesi i soldi.

Insomma, sembra dire Musk, che farsene dei soldi se non ti permettono di divertirti “ai confini della realtà”? Tutto questo prima di invischiarsi nell’affaire Twitter.

L’incredibile Twitter

Il 2020 fu l’anno dell’esplosione del COVID e con esso il ritorno in voga della censura. Non quella verso il porno, ma quella verso le proprietà e la pretesa di libertà. I cavalieri di questa schifosa restaurazione sono presto diventati i media. Gente compromessa per la manipolazione delle elezioni e il calpestio di ogni diritto della privacy si sono sentiti in diritto di oscurare account, sospenderne altri, cancellare post senza in alcun modo sentirsi in dovere di offrire spiegazioni. Con buona pace di utenti singoli come il sottoscritto che ben presto ha rimosso radicalmente sul sito il proprio account WhatsApp e ha smesso definitivamente da allora di utilizzare Facebook e LinkedIn (Twitter già lo usavo molto poco) decidendo di essere presente UNICAMENTE SU TELEGRAM E SU WORDPRESS, per alcuni soggetti, soprattutto chi lavora con le notizie o con il proprio branding si è trattato di un vero e proprio ricatto: se non le condividevi su Facebook (per non citare la tagliola di Google) le tue notizie non le guardava più nessuno. Fu poi la volta delle fake news e dei fact checker spesso vere le prime e false quelle dei secondi. E allora, viva Elon Musk! 

A questo proposito il fatto determinante fu l’attacco del 6 gennaio 2021 svoltosi al Campidoglio ultimamente aggravato dall’invasione dell’FBI nella casa di Trump con il sequestro dei suoi documenti. Che fosse Trump ad organizzare la marcia direi che c’è ben poca credibilità, mentre è indubbio il costante supporto dei social, primo fra tutti proprio Twitter, per ogni tweet e per ogni occasione per attaccare, squalificare, insultare quello che in quel momento era il presidente dello Stato con maggior potere al mondo. Ora che il presidente ha dimostrato in più occasioni di dar prova di scarsa presenza mentale (sforzo notevolmente la mia propensione enfatica) non si vede quasi nulla. L’evidente endorsement molto più clintoniano (i veri burattinai del volto presidenziale) che dem – e mai di certo minimamente liberal — si può immaginare abbiano fatto un giorno imbufalire il nostro Musk. “Ma come possono permettersi questi despoti della mutua di bannare un Presidente della Repubblica? Chi si credono di essere?”. Da qui all’ “Allora io vi compro in un battibaleno”. Poi forse se n’è pentito ma era già tardi: aveva sfidato l’establishment bancario-clintoniano. E allora, visto che la frittata è fatta, tanto vale giocarsela fino in fondo. Posti come Twitter erano macilente anagrafi di migliaia d’imbucati politici partigiani. Come si può fare a separare il grano dalla paglia? Tanto vale licenziarli quasi tutti per domandarsi solo dopo quali avrebbe avuto senso riprendere. Di certo fra le prime a cadere fu la rappresentante degli affari legali, una delle principali portavoce dell’ancient regime. E poi tutte le dirigenze.

Una sveglia ai burocrati che arriva dall’imprenditore è quella di dimenticarsi il posto fisso perché protetto dalla politica. Subito ha fatto presente che Twitter è un’azienda che in questo momento non naviga in buone acque e che quindi rischia da un giorno all’altro la bancarotta. Da quando è arrivato, Musk ha ridisegnato le politiche di Twitter per i suoi dipendenti, chiedendo loro di fare turni di 12 ore e ribadendo alla riunione di tutti i dipendenti che tutti devono lavorare da un ufficio o andarsene.

Musk è consapevole che non può di punto in bianco rendere Twitter un servizio ad esclusivo pagamento e allora si inventa la spunta blu, il sistema attraverso cui poter autenticare l’identità di taluni profili. Se tale certificazione era originariamente condizionata dalla discrezione editoriale del portale, l’avvento di Musk ha fatto sì che chiunque potesse verificare il proprio account, a patto che il soggetto in questione sia dotato di un Apple ID e versi un abbonamento da 7,99 dollari mensili.

A questo punto si sono moltiplicati i profili “Elon Musk” e lui, nonostante si fosse autoproclamato “assolutista della libertà di parola”, ha subito reagito sospendendo immediatamente coloro colpevoli di canzonarlo, introducendo una nuova regola per cui gli account che si fregiano di intenti parodistici non dichiarati siano degni di censura.

Chi di spada ferisce… dice il proverbio che ben si addice al satirico Musk il cui Twitter a questo punto ha vosto esplodere account e Tweet al vetriolo:

“Mi manca uccidere iracheni”, sosteneva un account attribuito all’ex-Presidente USA George W. Bush mentre, parallelamente, un sedicente LeBron James, star del basketball, annunciava la richiesta di trasferimento a una squadra ignota.

L’account fasullo @EliLillyandCo affermava che tale industria avrebbe reso libera e gratuita la distribuzione dell’insulina sul mercato statunitense. Una notizia fenomenale per l’umanità, ma non per la speculazione finanziaria: a Wall Street il titolo è crollato immediatamente, perdendo sul momento miliardi di dollari che sta ora faticando a recuperare. Scena simile anche per l’industria bellica della Lockheed Martin che avrebbe espresso la falsa intenzione di sospendere la vendita di armi all’Arabia Saudita, a Israele e agli Stati Uniti fintanto che non fossero chiarite alcuni aree oscure sul come queste nazioni gestiscono i diritti umani.

Siamo arrivati addirittura ad avere account, ricordiamolo!, sempre certificati di Satana e perfino di Gesù Cristo.

«Dobbiamo decisamente ottenere più soldi di quanti non ne spendiamo», avrebbe dichiarato ai suoi nuovi dipendenti Musk stando a quanto riportato da The Verge. «Se non lo facciamo e si verificasse una gigantesca uscita in negativo, la bancarotta non sarebbe fuori questione. Questa è la priorità». Nel frattempo, gli inserzionisti colgono l’occasione per sospendere gli investimenti.

Insomma, mentre una parte di Twitter starebbe riconquistando un profilo liberal degno dei primi tempi dell’Internet, quelli in cui era garantita dall’Electronic Frontier Foundation, la solvibilità finanziaria sarebbe minacciata proprio da quel sistema che Musk poteva permettersi di irridere quando a pagarlo era il sistema stesso.

Ora Elon è talmente preso da Twitter da perdere di vista addirittura Tesla alcuni dei quali azionisti intentano azioni legali.

Scrive Luca de Biase nel suo blog: «Il sistema dei media è complesso. Tutti gli elementi sono collegati a tutti gli altri in modo diretto e indiretto. Persone e macchine, interfacce e algoritmi, strutture e mode, coevolvono. In modo che qualsiasi convinzione che una certa mossa sia sicuramente – e linearmente – accompagnata da una certa conseguenza rischia di rivelarsi sbagliata e controproducente. In realtà, i media funzionano come un ecosistema. E per leggere la prospettiva in evoluzione dei media, occorre imparare dall’esperienza di chi studia ecologia. Il nuovo inizio di Twitter per ora non è stato altro che una raccolta di pasticci. Ma il nuovo proprietario Elon Musk e i suoi consiglieri potrebbero cogliere un’opportunità insperata per ripensare il servizio in modo coerente con regole e scopi attentamente studiati che siano veramente orientati ai diritti umani. Stiamo parlando del nuovo paradigma normativo deciso dalla Commissione Europea che diventerà l’ambiente legale fondamentale per il digitale, probabilmente non solo europeo. È entrata in vigore la legge sui servizi digitali. È il nuovo regolamento europeo pensato per guidare i servizi digitali verso un maggiore rispetto dei diritti dei cittadini, una maggiore sicurezza delle attività online e una più chiara definizione delle responsabilità dei grandi operatori. Il mondo dei servizi Internet ha goduto della massima deregulation decisa ai tempi di Bill Clinton e Al Gore alla Casa Bianca. Ma nel tempo quella libertà di azione ha generato esternalità negative molto potenti: notizie false e incitamento all’odio, truffe e incertezza normativa, eccessive concentrazioni di potere ed elusione fiscale e così via. Twitter potrebbe sfruttare questa innovazione normativa per scrivere strategie più intelligenti e potrebbe essere la prima piattaforma ad adattarsi in modo proattivo al nuovo contesto normativo. Questa sarebbe una strategia vantaggiosa per tutti. E l’idea proclamata di essere un “assolutista della libertà di parola” ha portato Musk a scontrarsi con la scoperta che ci sono altri diritti umani che devono essere rispettati».

Ma veramente il problema è Twitter?

Come abbiamo scritto nella prima parte FaceBook ha perso molto più di Twitter nonostante le città italiane che maggiormente usano Internet, Bologna e Firenze, lo facciano praticamente passando il tempo incollati ai social — leggi FaceBook e dintorni.

Ma perché non ricordare proprio in pieno Black Friday che la santa Amazon subisce una perdita record con una svalutazione di mille miliardi dai massimi. Una cosa finora mai vista né immaginata! E questa non è tanto una spiacevole notizia per Amazon ma un segnale di caduta a picco della credibilità del mercato consumistico.

Secondo Bloomberg, le prime cinque aziende tecnologiche statunitensi per fatturato hanno perso complessivamente quasi 4.000 miliardi di dollari di valore di mercato.

Se a questa sfiducia perfino caricaturale dovessimo aggiungere la sfiducia per il fattore aggregante e la capacità di condivisione e dialogo, non tanto di Twitter, ma di tutti i social media, compreso il “balengario” di Tik Tok, la questione potrebbe avere dei risvolti drammatici. Se “la gente” (non “le persone”) perdono interesse e fiducia in un fenomeno su cui ormai si basano risparmi, istituzioni, comunicazioni e via dicendo vuol dire che le persone perdono interesse per le persone e diventano definitivamente pessimiste nella possibilità del singolo e del gruppo di influenzare il sistema.

Questo sta già avvenendo in gran parte del pianeta che, bontà nostra, ignoriamo e quindi che ci sarebbe di strano se capitasse a noi, soprattutto in un momento in cui il sistema culturale ed economico si sta frammentando quantomeno in due grandi blocchi?

No, il problema non è Twitter ma la stanchezza per il mondo fasullo della virtualità, il Metaverso, da un lato e la costante speranza di essere qualcuno per tutti mentre sei nessuno per quei pochi che potresti conoscere davvero ma che si disinteressano di te.

I profili certificati e fasulli non sono un attacco a Twitter anche se nel farlo credevano di esserlo, sono una drammatica burla al mondo mediatico e a quello dei sei livelli di socialità che non ci hanno mai consentito di arrivare al Papa o a Berlusconi ma hanno tolto dalla strada quei giovani che lì avrebbero potuto protestare per scimmiottare in una riserva indiana digitale.

No, vecchi miei, vi leggo nella mente: non è vero che non li avete mai usati e soprattutto non è vero che si può tornare indietro, al brick and mortar, alla vita nella foresta, agli anni della sincerità e del libero amore!

È come fossimo imbottigliati in quella strada di Seul dove non riesci ad andare avanti e non puoi più tornare indietro: devi inventarti una vita possibile senza spinte in quel posto dove sei, almeno tenendo duro fino a che non torna giorno.


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A Novara Silicon Box porta un impianto produttivo per la realizzazione di semiconduttori e microchip per un investimento complessivo di 3,2 miliardi di euro

Silicon Box ha scelto Novara come sede del suo impianto produttivo per la realizzazione di semiconduttori e microchip, il primo nel suo genere in Europa, per un investimento complessivo di 3,2 miliardi di euro.

L’annuncio è arrivato durante la conferenza stampa per la firma della lettera di intenti che si è svolta a Roma a Palazzo Piacentini, sede del Mimit, alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, dei co-fondatori di Silicon Box Sehat Sutardja e Weili Dai, del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e del sindaco di Novara Alessandro Canelli.

Il sito di Novara è stato selezionato dall’azienda attraverso un processo di valutazione dettagliato, con il supporto di esperti e consulenti indipendenti. A pieno regime l’impianto potrà generare 1.600 nuovi posti di lavoro diretti, a cui si aggiungeranno quelli indiretti per la costruzione della fabbrica e per le forniture e la logistica a essa collegate.

Lo stabilimento sarà costruito e gestito secondo i principi europei di riduzione al minimo l’impatto sull’ambiente. L’investimento è al momento ancora soggetto all’approvazione della Commissione Europea.

Il sito contribuirà a soddisfare la domanda di assemblaggio di semiconduttori, principalmente nel mercato europeo, per abilitare nuove tecnologie come applicazioni di nuova generazione nel campo dell’intelligenza artificiale, calcolo ad alte prestazioni e componenti per veicoli elettrici.

L’investimento di Silicon Box si inserisce a pieno titolo nella strategia europea segnata dal Chips Act – che punta a raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20% – e nella strategia italiana per la microelettronica, che stanzia 4 miliardi per attrarre in Italia grandi investimenti e punta a irrobustire la ricerca industriale avanzata.

L’arrivo della multinazionale di Singapore a Novara rappresenta il secondo grande investimento in Italia nel settore della microelettronica in poche settimane, dopo quello da 5 miliardi annunciato a fine maggio da parte di STMicroelectronics per la costruzione di un nuovo impianto a Catania per la produzione in grandi volumi di carburo di silicio (SiC) da 200 mm per dispositivi e moduli di potenza, nonché per attività di test e packaging.

“L’annuncio di oggi – ha sottolineato Urso – conferma la validità del nostro piano strategico sulla microelettronica: è in atto un effetto volano degli investimenti sui chip in Italia. Silicon Box è davvero un caso modello, un unicum nel panorama internazionale, sarà il primo impianto di produzione di chiplet in Europa. Un partner industriale che ci farà crescere nel settore dell’alta tecnologia e che ci permetterà di aumentare le capacità di design e nel know how”. Urso ha poi aggiunto che “dall’inizio del 2024, se sommiamo l’investimento di Silicon Box a quello di STMicroelectronics e altri più contenuti da parte di aziende straniere in Italia – oltre all’assegnazione della linea pilota sui materiali ad alta resistenza che la Commissione europea ha voluto realizzare nella Etna Valley in Sicilia – arriviamo a un ammontare complessivo di oltre 9 miliardi di euro sulla microelettronica nel nostro Paese. Un dato, solo nei primi sei mesi dell’anno, non riscontrabile in nessun altro Paese europeo”.

Il presidente Cirio ha ribadito l’importanza dei risultati raggiunti in questi anni alla guida della Regione: “Il mio primo mandato da presidente del Piemonte si è concluso con l’importante risultato del secondo modello di auto a Mirafiori a Torino e il secondo si apre con il coronamento di un lavoro che ci impegnato negli ultimi mesi con il Governo, il Comune di Novara e Silicon Box per un investimento straordinario, da oltre 3 miliardi di euro, che approda in Piemonte con oltre 1.600 posti di lavoro in un settore che rappresenta il futuro della manifattura e che si aggiunge a altri investimenti annunciati nelle scorse settimane a conferma di quanto sia strategica la scelta del governo italiano di insediare in Piemonte e a Torino la sede della Fondazione per l’intelligenza artificiale”. Poi ha sottolineato che “l’investimento di Silicon Box rappresenta per noi un risultato straordinario, dimostra che investire in Piemonte è conveniente e conferma l’attrattività crescente del nostro territorio che ha battuto la competizione di regioni come la Lombardia e il Veneto che per anni sono state il locomotore del Nord a cui oggi si aggiunge a pieno titolo anche il Piemonte grazie al grande lavoro di questi anni e al fatto che, con Tav e Terzo Valico, che vanno a completamento nei prossimi anni, proprio in questo territorio si incroceranno le grandi direttrici europee di mobilità e di scambio delle merci. Ci abbiamo lavorato tanto, ci abbiamo creduto, abbiamo investito tempo, rapporti e risorse. Questo è il primo passo della Silicon Valley in Italia ed è un’occasione unica che rende il nostro Piemonte sempre più centrale in Italia e in Europa”.

Il sindaco Canelli ha parlato di “grande risultato per la nostra città. L’arrivo di Silicon Box costituisce un investimento strategico epocale non solo per Novara e per il Piemonte, ma per l’Italia tutta. Da 10 mesi a questa parte abbiamo lavorato per costruire un dossier di candidatura che ha consentito di portare in città questo insediamento che di fatto dà inizio ad un cambio di paradigma sullo sviluppo futuro di Novara e del nord est del Piemonte con la nascita di un hub della scienza e della tecnologia e di un distretto dell’innovazione per il quale la nuova produzione per i semiconduttori sarà centrale e il cui ruolo includerà lo svolgimento di compiti aggiuntivi relativi all’ambiente tecnologico, territoriale ed economico che la nuova fabbrica andrà a creare intorno ad essa. Missione che porterà anche a nuove opportunità di collaborazione con Università italiane ed enti di ricerca europei. Un intervento che prevede anche un importante rigenerazione urbana di aree industriali dismesse e degradate nel tessuto urbano. Inoltre, il progetto avrà un impatto rilevantissimo sul piano dell’occupazione, certamente, ma anche e soprattutto sul piano economico e formativo”. Canelli ha poi precisato che “Novara non è stata scelta a caso: la posizione strategica del nostro territorio è senz’altro stata essenziale nella decisione finale, ma gli investitori hanno visto molto di più nella nostra città. Hanno visto un tessuto produttivo florido, un’Università dove arrivano studenti da tutta Europa, hanno visto la presenza di scuole tecniche già altamente specializzate. Silicon Box non sarà dunque solo un parco tecnologico, ma una realtà dove verrà fatta formazione e che si impegnerà a creare un ecosistema della filiera dei semiconduttori e che aiuterà la nostra città’ ad avviare ulteriori progetti di riqualificazione e rigenerazione”.


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Tutto pronto a Torino per il World Camp Europe al Lingotto per il meeting europeo dedicato a WordPress

Dal 13 al 15 giugno Torino ospita il World Camp Europe, il meeting europeo dedicato a WordPress, la piattaforma Open source di publishing più usata al mondo, che alimenta oltre il 43% del web.

Sono attesi al Lingotto Fiere oltre tremila partecipanti che utilizzano, sviluppano, contribuiscono e amano WordPress. Appassionati ed esperti avranno la possibilità di condividere le proprie conoscenze confrontandosi su tecnologie, strumenti, servizi e tutto quanto ruota intorno a WorldPress e all’evoluzione del web.

L’evento si stima abbia una ricaduta economica di oltre i 3 milioni e mezzo di euro unitamente a una grande visibilità mediatica.

La candidatura è stata presentata da Laura Sacco a nome della community italiana di WordPress con il supporto di Turismo Torino e Provincia Conventional Bureau, che ha preparato il dossier di candidatura e assistito i referenti internazionali nei sopralluoghi e durante le visite tecniche. Fattore determinante per la scelta della città della Mole il gioco di squadra con GL Events, al fine di ottenere le migliori condizioni e l’incentivo economico del pacchetto “Torino per i tuoi eventi”, un’iniziativa dell’Atltorinese per attrarre congressi in città, sostenuta dalla Camera di Commercio di Torino.

“Siamo entusiasti – sottolinea Marcella Gaspardone , manager di Turismo Torino – di ospitare il WorldCamp Europe che vede l’alternarsi di relatori internazionali su tematiche alle quali il nostro Ente presta molta attenzione.

Durante la tre giorni speaker di livello internazionale comunicheranno le loro esperienze e case history. Dai Paesi Bassi Camille Cunningham, appassionata di SEO e copywriter, terrà una sessione su “ricerca delle parole chiave 101: scoprire le parole chiave che portano al successo digitale”, tematica sulla quale Turismo Torino e Provincia ha da sempre investito per incrementare la presenza sul web. Camille lavora come specialista di contenuti e scrive contenuti che aiutano altre persone a padroneggiare l’arte del SEO ed avere successo nel competitivo settore online.

“È emozionante vedere – sottolinea Laura Sacco, a nome della community italiana di WorldPress con il supporto di Turismo Torino e Provincia Convention Bureau – una così grande famiglia internazionale ritrovarsi con entusiasmo nella nostra città. Sarà l’occasione non solo per affrontare tematiche importanti per il futuro del mercato digitale, ma anche per far conoscere Torino e la nostra cultura a migliaia di persone, grazie a vari eventi e attività collaterali che abbiamo organizzato per tutti i partecipanti, tra visite guidate, tour gastronomici e ingressi ai musei”.

L’edizione di WorldCamp che si svolge nel capoluogo subalpino ha ricevuto per la prima volta il patrocinio del Parlamento europeo. Un sostegno rilasciato dall’UE a solo un numero selezionato di eventi di alta qualità, senza scopo di lucro e di chiara dimensione europea.


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Per i 20 anni di Irion presentata una ricerca su qualità dei dati, aziende e IA

L’Intelligenza Artificiale sta cambiando il mondo del lavoro, diventando rapidamente un vantaggio competitivo che aiuta le aziende a migliorare la loro efficienza, ridurre i costi e aumentare la produttività. (altro…)


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