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Massa Critica

Da un gruppo di docenti universitari di Torino la proposta della Paperoniale un’imposta sulla ricchezza finanziaria

Sono 4 milioni i poveri in Italia che, con l’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, saranno costretti per Natale a chiedere aiuto per il cibo da mangiare nelle mense o con la distribuzione di pacchi alimentari. I dati diffusi nella Giornata Mondiale dei Poveri (il 15 novembre, voluta da Papa Francesco) fanno riferimento alla proiezione sugli ultimi dati del Fondo per indigenti (Fead), con l’aumento di oltre il 40% delle richieste di aiuto agli Enti impegnati nel volontariato.

La nuova ondata di contagi non limita solo la convivialità durante le feste di fine anno, ha anche aggravato la situazione di quanti si trovano in una condizione di precarietà. Fra i nuovi poveri nel Natale 2020 ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalla limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi per Covid.

Persone e famiglie che mai prima d’ora avevano sperimentato condizioni di vita così problematiche. Le situazioni di difficoltà sono diffuse lungo tutta la Penisola ma le maggiori criticità si registrano nel Mezzogiorno con il 20% degli indigenti che si trova in Campania, il 14% in Calabria e l’11% in Sicilia ma condizioni diffuse di bisogno alimentare si rilevano anche nel Lazio (10%) e nella Lombardia (9%) dove più duramente ha colpito l’emergenza sanitaria, secondo gli ultimi dati Fead.

L’iniziativa promossa da docenti universitari piemontesi chiede al Parlamento di introdurre un’imposta sulla ricchezza finanziaria, e quindi non sulle proprietà, con esenzione delle famiglie meno abbienti. Proprio dalla zona rossa, dove un gruppo di economisti e sociologi universitari hanno analizzato la realtà con supporti statistici e studi a livello nazionale, arriva una proposta “rivoluzionaria” per la quale i promotori lanciano una petizione.

Sul sito www.paperoniale.it, gestito dal Centro Studi Argo di Torino, è possibile consultare il testo e conoscere la strategia elaborata dai professori. Si tratta di introdurre un contributo di solidarietà con aliquote progressive (non superiori all’1%) calcolate sulla ricchezza finanziaria. Nella norma – chiedono i promotori –  deve essere espressamente stabilito che i proventi di questo contributo dovranno essere interamente investiti nel miglioramento dei servizi per i cittadini, in particolare a vantaggio delle persone maggiormente in difficoltà, e per creare lavoro per i giovani disoccupati. Entro questo ambito la ripartizione dei fondi dovrà essere oggetto di una rigorosa valutazione tecnica.

Indipendentemente da quanto stabilirà il Parlamento – si legge nel testo – Si suggerisce la totale esenzione per la metà delle famiglie a più basso reddito, un’aliquota media intorno allo 0,8% per il decimo più ricco, e un’aliquota media intorno allo 0,15% per le altre. Dato che in Italia la ricchezza finanziaria è molto concentrata, il gettito dovrebbe essere superiore ai 20 miliardi.

Sul sito vi sono i necessari approfondimenti, ma può essere utile ricordare, a sostegno della petizione, alcuni dati che dovrebbero essere ovvi e purtroppo non lo sono.

  1. La ricchezza di cui parliamo è quella ufficialmente censita, quindi l’imposta potrebbe essere riscossa “con un click”, come già avviene per l’imposta di bollo sui risparmi. È per questo che si chiede di tassare la sola ricchezza finanziaria, e non quella immobiliare, cosa che richiederebbe pratiche complesse.
  2. I grandi patrimoni finanziari sono perlopiù frutto di redditi da capitale, che sono tassati in modo proporzionale e non progressivo, in contrasto con la Costituzione. Quindi l’imposta che suggeriamo, avendo aliquote progressive, è pienamente coerente col dettato costituzionale.
  3. Al di là di ogni altra considerazione, siamo in un’emergenza: le risorse vanno trovate là dove sono e dove è facile reperirle.
  4. Infine, è giusto chiedere la solidarietà dell’Europa; ma ci sembra profondamente sbagliato che l’Italia non contribuisca a questa solidarietà chiedendo un contributo ai propri cittadini in grado di darlo. E sarebbe ora di affermare il principio che chi deve fare dei sacrifici, quando è necessario, deve soprattutto essere chi ha di più, e non chi ha di meno.

I Primi firmatari:

  • Filippo Barbera, Università di Torino
  • Maria Luisa Bianco, Università del Piemonte Orientale
  • Giancarlo Cerruti, Università di Torino
  • Bruno Contini, Università di Torino
  • Federico Dolce, Centro Studi Argo
  • Ugo Mattei, Università di Torino
  • Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale
  • Serena Pellegrino, già vicepresidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati
  • Francesco Scacciati, Università di Torino
  • Andrea Surbone, scrittore
  • Pietro Terna, Università di Torino
  • Teodoro Togati, Università di Torino
  • Willem Tousijn, Università di Torino

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Dal 18 al 22 aprile tornano le celebrazioni dell’Earth Day con le parole d’ordine: Ambiente, Pace, Giovani, Innovazione, Plastica. (altro…)


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Eventi

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale

 Fridays for Future Italia torna in piazza il 19 e 20 Aprile contro gli interessi che ostacolano giustizia climatica e sociale inasprendo o generando instabilità e un conflitto mondiale a pezzi.

Quest’anno il movimento scenderà in piazza insieme ai movimenti palestinesi per chiedere anche un cessate il fuoco immediato e permanente in Palestina. Come afferma Martina Comparelli, attivista di Fridays For Future Milano: “Gli interessi delle lobby fossili continuano a finanziare gli Stati responsabili di guerre, colonialismo e genocidi, come per esempio accade nel caso del Piano Mattei di ENI voluto dal governo Meloni. La stessa ENI a fine Ottobre 2023 ha firmato un accordo con chi colonizza la Palestina, per esplorare giacimenti di gas nelle acque di Gaza, rendendosi a pieno titolo complice del genocidio del popolo palestinese.”

Inoltre, è stato annunciato uno sciopero di tutta la giornata di venerdì 19 aprile da parte del sindacato Sisa per tutto il personale docente, dirigente e ATA, sia di ruolo che precario, sia in Italia che all’estero. Questo sciopero rappresenta un’importante mobilitazione nel settore dell’istruzione, sottolineando l’urgenza di affrontare le sfide attuali legate alla giustizia climatica e sociale anche nel contesto educativo.

Il movimento climatico chiama a raccolta tutte le realtà che lottano per la giustizia climatica e sociale, per la costruzione di un futuro condiviso e più equo per tutti. “Abbiamo bisogno di riprenderci il futuro. Di agire per il benessere collettivo, fermando i progetti fossili confermati con il Piano Mattei come il raddoppio del gasdotto Tap, realizzando qui come altrove una transizione a pianificazione democratica” aggiunge Comparelli.

Di transizione e Piano Mattei si parlerà anche al prossimo G7 in Puglia, a giugno, ma gli già insufficienti impegni presi nell’edizione precedente non vedono ancora un riscontro nelle politiche italiane, come spiega Michele Ghidini, attivista di Fridays For Future Brescia: “Serve una spinta decisa verso l’uscita dal fossile: se vogliamo davvero rimanere i +1.5°C dobbiamo seguire le indicazioni che la scienza ci ha dato già da tempo. L’ultimo rapporto dell’IPCC è chiaro: la transizione deve essere accelerata accompagnandola con misure di riduzione delle disuguaglianze come la cancellazione del debito.”

Le date di mobilitazione sono annunciate in collaborazione con altre realtà sociali, sindacali e transfemministe, tra le quali il collettivo di fabbrica GKN e Giovani Palestinesi Milano. Come dice Alessandra Pierantoni, attivista di Fridays For Future Forlì: “Vogliamo mostrare che un’alternativa è non solo possibile, ma desiderabile. Abbiamo bisogno di un intervento pubblico ora che operi ora e massicciamente per assicurare una transizione equa partendo dai bisogni di base, che coinvolga anche il mondo del lavoro, in modo da creare nuovi posti in tutti i settori necessari e adottare politiche di inclusione economica e sociale. Nessuno/a deve essere lasciato indietro.”


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