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Trasparenza

Il Prestito Sociale di Nova Coop: come funziona.

Il prestito sociale è una forma di autofinanziamento che le cooperative chiedono ai propri soci, così diventando soci prestatori, e che sono regolamentate dalla legge, da Bankitalia e dal CdA della cooperativa stessa.

Come funziona da Nova Coop

Il prestito sociale di Nova Coop è un servizio riservato ai soci, un prodotto finanziario che si basa sulla fiducia nel marchio e azienda Nova Coop. Il socio prestatore ha un Libretto Nominativo di Deposito per i prelievi e i versamenti.

Un po’ di numeri per capire come funziona: la cifra minima di deposito è 50,00 €, ma gli interessi si applicano a partire da 100,00 € di saldo per periodo. La cifra massima è 36.525,00 € e si può richiedere un rimborso, in contanti, tramite assegno o bonifico bancario, con un preavviso di 24 ore.

I tassi di interesse sono di 0,55% annuo lordo per depositi al di sotto dei 17.000 € e per le parti eccedenti tale deposito gli interessi sono 0,80% annuo lordo per cifre da 17.000 € fino a 27.000 € e 1,85% annuo lordo per eccedenze sopra i 27.000 € di deposito.

La Nova Coop sponsorizza il prodotto così: “Depositare il proprio risparmio alla Coop conviene: zero vincoli, zero spese di apertura e chiusura conto, zero spese per operazione, zero spesa per tenuta conto.” Senza contare che si può avere una carta socio prestatore su cui addebitare la spesa e orari più flessibili di quelli delle banche in cui operare.

Chi investe in Nova Coop in pratica investe il proprio denaro nell’attività dall’azienda e come dichiarato dalla stessa Nova Coop “l’ammontare del prestito sociale al 31.12.2015 era di 742,47 milioni pari all’1,02% del patrimonio netto.” quindi ben al di sotto di quello permesso (tre volte il patrimonio netto).

Le critiche

Nonostante i molti vantaggi molti sottolineano la pericolosità di tale investimento definendolo più rischioso delle obbligazioni subordinate e con tassi molto più bassi rispetto al rischio che si corre.

Inoltre recentemente su La Stampa è apparso l’articolo di Gianluca Paolucci, “Il rischio bolla della finanza rossa. Incognite su 9 miliardi di prestiti dei soci” in cui si denuncia i valori incongruenti delle azioni nel bilancio per quanto riguarda le partecipazioni a Unipol, rendendo incongruente anche il patrimonio netto delle cooperative che controllano Unipol. Gianluca Paolucci non parla direttamente del prestito sociale Nova Coop però questo non ha impedito ai soci prestatori di chiedere rimborsi e Nova Coop è corsa ai ripari con un comunicato stampa in cui si dichiara che “al 30 giugno 2017 tutti gli indicatori che misurano il grado di affidabilità di Nova Coop sono positivi”.

Intanto dal governo, nella figura del viceministro dell’Economia Enrico Morando, arriva la promessa di una nuova normativa sul prestito sociale, entro primavera 2018, per tutelare i risparmiatori e permettere alle cooperative di continuare a finanziarsi con questo strumento.


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Il commercio è l’anima dei social

C:\>10 Dietro il successo o le disgrazie di Twitter non c’è la politica, ma gli inserzionisti                                       

Mentre la maggior parte dei social e ultimamente anche molti commentatori suonano campane a morto per il futuro del comparto c’è anche chi sfrutta le sfortunate diatribe del Twitter di Elon Musk per cavalcare l’alternativa alle polemiche. È il caso di questa nuova app social, TouchApp che si fa forte del fatto di aver “rimosso dalla piattaforma 10 mila pagine di contenuti che non rispettavano i nostri valori e non andavano a beneficio degli utenti” e di pretendere che gli utenti abbiano più di 13 anni di età (visto che nei paesi occidentali il 99% dei bambini avrebbe costante accesso ai principali social e che il loro utilizzo non è mai sceso sotto il 17%). Il CEO di questa scommessa rincara la dose schierandosi in prima fila nella battaglia contro l’imperante cyberbullismo fra i minori (e non solo) affermando che “TouchApp impedisce il bullismo, il razzismo, la critica e il dibattito distruttivi fornendo strumenti unici e consentendo a ogni utente di contribuire alla costruzione di comunità che aumentano il valore della comunicazione sui social. La nostra promessa è quella di creare uno spazio sicuro in cui possano crescere attraverso la condivisione su questioni qualificate e di valore, con l’obiettivo principale di proteggere gli utenti, specialmente i bambini e i giovani, dal bullismo e dai contenuti dannosi”.

In definitiva, che il politically correct e la normalizzazione della comunicazione siano il vero imperativo della direzione reale dei social media tappa la bocca a molte delle polemiche in corso. Lo dimostrano gli indirizzi degli agenti pubblicitari rivolti ai clienti inserzionisti come nel caso di “una realtà come Omnicom che rappresenta brand quali MacDonald’s, Apple o Pepsi, pochi giorni addietro aveva raccomandato ai suoi clienti di lasciar perdere per ora gli annunci su Twitter, in attesa di capire la direzione di Musk”

Tremano le compagnie americane che vivono di inserzioni in vista del prossimo appuntamento del il Super Bowl che avverrà la prima domenica di febbraio e che rappresenta il maggior gettito pubblicitario degli USA e non solo, lo stesso evento in cui fece scalpore lo spot lanciato proprio dai megaschermi dello stadio per presentare il Macintosh.

È preoccupato Musk che ha visto gli introiti pubblicitari calare di 0,5 miliardi in breve tempo e lancia l’interrogativo provocatorio proprio a Tim Cook, chiedendo se “Apple ha praticamente smesso di fare pubblicità su Twitter perché odiano la libertà di espressione in America?”. I due CEO si sono poi incontrati in un’occasione in cui il più importante inserzionista del social avrebbe continuato ad investire su Twitter seppure passando dai 180 milioni già prima della fine dell’anno a 150 milioni di dollari per il 2022.

Nelle ultime ore, per arginare il fenomeno, Elon Musk avrebbe proposto agli inserzionisti americani uno sconto simile al “2 per 1”: «Gli inserzionisti statunitensi che comprano pubblicità per 500,000 dollari, disporranno di un meccanismo per vedere il valore della loro spesa aumentato del 100% fino a 1 milione di dollari».

Tuttavia, la ragione della preoccupazione degli investitori non sta tanto nel capitale: insiste soprattutto nel rischio che le inserzioni compaiano accanto a post che destino preoccupazione anche se con finalità di riflessione sociale. Recentemente 5 persone sono state uccise e altre 18 ferite in una sparatoria per opera di un folle in un locale LGBTQ+ a Colorado Springs. Post relativi ad eventi come questo suscitano in loro il timore che i loro messaggi e tweet, appaiano accanto a quelli relative a queste tragedie. Filmati di pestaggi della polizia o foto di uccisioni provocherebbero abbinamenti più o meno inconsci con il brand che vi comparirebbe accanto.

In pratica, a dettare le politiche dei social media non è la libertà di pensiero ma la dittatura del consumismo che tutto sommato è diventata il vero padrone delle condivisioni e per questo a prendere piede è verosimile che siano gli influencer della realtà addomesticata, più che virtuale. E su queste ragioni c’è poco da dibattere: è tutto solo meccanicistico, e quindi non è colpa di nessuno, se non del gregge del consumo stesso. La legge non è quella della “libera espressione“, quanto quella del “libero mercato“.

Alla fine, quasi quarant’anni dopo che proprio il filmato voluto da Steve Jobs sembrava voler annunciare un futuro di abbattimento dei condizionamenti mentali, oggi tutta l’informatica di Internet, prima fra tutte la stessa Apple, sta smentendo le sue previsioni: il 2024 sarà come 1984!


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