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In nome di Dio, l’appello di Papa Francesco ai potenti della terra per cibo, vaccini liberi e salario minimo

Papa Francesco in un messaggio all’incontro dei Movimenti Popolari ha lanciato un appello per i paesi poveri finalizzato a garantire i bisogni primari della gente a liberalizzare i brevetti per i vaccini e a condonare i debiti fatti contro gli interessi dei popoli.

Bergoglio sostiene che bisogna cambiare i modelli socio-economici, affinché abbiano un volto umano, perché tanti modelli lo hanno perso. Per cambiare il modello economico occorrerebbe introdurre il salario universale e la riduzione della giornata lavorativa.
I cambiamenti legati alla pandemia, secondo Bergoglio, dovrebbero spingere a non tornare agli schemi del passato, perché ritornare agli schemi precedenti sarebbe un suicida, ecocida e genocida.

In nome di Dio, l’appello di Papa Francesco ai potenti della terra

Vogliamo che questa beatitudine si estenda, permei e unga ogni angolo e ogni spazio dove la vita si vede minacciata. Ma ci succede, come popolo, come comunità, come famiglia e persino individualmente, di dover affrontare situazioni che ci paralizzano, dove l’orizzonte scompare e lo smarrimento, il timore, l’impotenza e l’ingiustizia sembrano impossessarsi del presente. Sperimentiamo anche resistenze ai cambiamenti di cui abbiamo bisogno e a cui aspiriamo, resistenze che sono profonde, radicate, che vanno al di là delle nostre forze e decisioni. È ciò che la Dottrina sociale della Chiesa ha chiamato “strutture di peccato”, che siamo chiamati anche noi a convertire e che non possiamo ignorare nel momento in cui pensiamo al modo di agire. Il cambiamento personale è necessario, ma è anche imprescindibile adeguare i nostri modelli socio-economici, affinché abbiano un volto umano, perché tanti modelli lo hanno perso. E, pensando a queste situazioni, divento insistente nel chiedere. E inizio a chiedere. A chiedere a tutti. E a tutti voglio chiedere in nome di Dio.

Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti. Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai gruppi finanziari e agli organismi internazionali di credito di permettere ai Paesi poveri di garantire i bisogni primari della loro gente e di condonare quei debiti tante volte contratti contro gli interessi di quegli stessi popoli.

Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere –, forestali, immobiliari, agroalimentari, di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti.

Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie alimentari di smettere d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti della tecnologia di smettere di sfruttare la fragilità umana, le vulnerabilità delle persone, per ottenere guadagni, senza considerare come aumentano i discorsi di odio, il grooming [adescamento di minori in internet], le fake news [notizie false], le teorie cospirative, la manipolazione politica.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti delle telecomunicazioni di liberalizzare l’accesso ai contenuti educativi e l’interscambio con i maestri attraverso internet, affinché i bambini poveri possano ricevere un’educazione in contesti di quarantena.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai mezzi di comunicazione di porre fine alla logica della post-verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido; che cerchino di contribuire alla fraternità umana e all’empatia con le persone più ferite.

Voglio chiedere, in nome di Dio, ai Paesi potenti di cessare le aggressioni, i blocchi e le sanzioni unilaterali contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra. No al neocolonialismo. I conflitti si devono risolvere in istanze multilaterali come le Nazioni Unite. Abbiamo già visto come finiscono gli interventi, le invasioni e le occupazioni unilaterali, benché compiuti sotto i più nobili motivi o rivestimenti.

Questo sistema, con la sua logica implacabile del guadagno, sta sfuggendo a ogni controllo umano. È ora di frenare la locomotiva, una locomotiva fuori controllo che ci sta portando verso l’abisso. Siamo ancora in tempo.

Ai governi in generale, ai politici di tutti i partiti, voglio chiedere, insieme ai poveri della terra, di rappresentare i propri popoli e di lavorare per il bene comune. Voglio chiedere loro il coraggio di guardare ai propri popoli, di guardare negli occhi la gente, e il coraggio di sapere che il bene di un popolo è molto più di un consenso tra le parti. Si guardino dall’ascoltare soltanto le élite economiche tanto spesso portavoce di ideologie superficiali che eludono le vere questioni dell’umanità. Siano al servizio dei popoli che chiedono terra, casa, lavoro e una vita buona. Quel “buon vivere” aborigeno che non è la “dolce vita” o il “dolce far niente”, no. Quel buon vivere umano che ci mette in armonia con tutta l’umanità, con tutto il creato.

Voglio chiedere anche a noi tutti, leader religiosi, di non usare mai il nome di Dio per fomentare guerre o colpi di Stato. Stiamo accanto ai popoli, ai lavoratori, agli umili e lottiamo insieme a loro affinché lo sviluppo umano integrale sia una realtà. Gettiamo ponti di amore perché la voce della periferia, con il suo pianto, ma anche con il suo canto e la sua gioia, non provochi paura ma empatia nel resto della società.

E così sono insistente nel chiedere. È necessario che insieme affrontiamo i discorsi populisti d’intolleranza, xenofobia, aporofobia – che è l’odio per i poveri –, come tutti quelli che ci portano all’indifferenza, alla meritocrazia e all’individualismo, queste narrative sono servite solo a dividere i nostri popoli e a minare e neutralizzare la nostra capacità poetica, la capacità di sognare insieme.


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