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Innovazione

Investire in Startup in fase seed: opportunità, entusiasmo e rischi

In collaborazione con il Podcast Investire di Margherita Carpinteri, abbiamo intervistato il Presidente della holding di Business Angel iNSQUARED Mario Arcella sulle tematiche dell’investimento in Startup in fase Seed e pre-seed

Il ciclo di vita di una startup inizia con la fase pre-Seed e Seed

Nel ciclo di vita di una startup la prima fase è il pre seed, che è anche il momento fondamentalmente dell’idea. Durante questa fase si valuta se l’idea funziona, se c’è mercato e se dei potenziali clienti sarebbero disposti a pagare per il prodotto o servizio che si vuole offrire. Prima di trovare finanziatori professionisti si deve ricorrere molto spesso al bootstrapping: si usano risorse proprie, di amici o parenti.

La fase Seed è la fase dove si elabora il business model, cioè “un modello descrittivo di come un’organizzazione genera ricavi fornendo prodotti e/o servizi ai propri clienti”, si crea un business plan e si sviluppa un Minimum Viable Product (MVP), quindi, un prodotto minimo da mettere sul mercato. Durante questa fase del ciclo di vita di una startup ci saranno i primi veri finanziamenti e spesso provengono da business angel, crowdfunding o incubatori startup (questi finanziamenti di solito sono inferiori al mezzo milione di euro).

Come agisce iNSQUARED?

iNSQUARED è una Società di Capitali che investe prevalentemente in startup e PMI innovative e si propone di contribuire al business delle partecipate sostenendone lo sviluppo attraverso le competenze dei Soci e il loro network professionale. Fondata da un gruppo di Business Angel con esperienze trasversali, iN2 si muove nell’ecosistema startup e innovazione grazie a un network distribuito su tutto il territorio nazionale.

L’obiettivo di questa holding è chiaramente quello di creare valore per i Soci e di conseguenza fare tutto il possibile perché le startup in portafoglio abbiano successo. La quotazione in borsa è sicuramente la vera ambizione per ogni azienda.

Grazie Mario per la chiacchierata. Siete di fatto un gruppo di business angel, potete spiegare la fase seed di un investimento in Startup in cosa consiste?

Il ciclo di vita di una startup, seppur spesso molto breve, è molto vario: la si valida, si cercano i finanziamenti, si cerca di crescere molto rapidamente per poi terminare con l’Exit. Si parte dell’idea e la si valida: Bootstrap e Pre-seed. Se l’idea non è poi così male e un mercato disposto a pagare per l’idea c’è allora la Startup supera la fase del pre-seed.
La fase successiva è Il seed che non è altro che l’investimento nella primissima fase dell’idea d’impresa: durante questo periodo il prodotto/servizio è ancora in fase concettuale o di prototipo, l’azienda ha un fabbisogno ridotto (che serve sostanzialmente a coprire le prime spese di sviluppo) ed è alle prese con il business plan, con le analisi di mercato e con la ricerca del personale. Durante questa fase, generalmente, i finanziamenti (di solito inferiori a mezzo milione di euro complessivi) provengono da business angel o da realtà come iNSQUARED, quindi un gruppo di business angel. iNSQUARED opera, solitamente, nelle fase seed ed early stage (che è la fase successiva al seed)

Qual’è il taglio di investimento in Startup?

Solitamente interveniamo con ticket da 5k o 10k. Molto spesso, oltre ai ticket appena citati, associamo, per le startup che ne hanno bisogno, anche dei servizi a valore aggiunto con l’obiettivo di mantenere un contatto stretto con il management e creare valore.

Trend particolari su cui investite?

Senza essere dogmatici, iN² coglie le opportunità generate dal proprio network avendo come target preferenziale le aree FinTech, PropTech, Foodtech, E-Learning, BioTech, Crypto /Blockchain, AI, Hospitality, Mobility e Smart City.

Quale metriche guardate in un una Startup prima d’investire? Valutare il fatturato in fase iniziale è  difficile quindi quali aspetti del business plan o del modello di business osservate?

Quando si opera nelle fase seed ed early stage, parlare di metriche è davvero difficile. Diciamo che investiamo in realtà che hanno queste caratteristiche: forte innovazione proprietaria, spesso tecnologica, che permetta di individuare un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Cerchiamo team il più completi possibile, ovvero composti non solo da figure tecniche, ma anche da persone con competenze gestionali, commerciali-marketing e finanziarie. Il team deve avere un approccio trasparente e disponibile al confronto.

Il tipo di azienda su cui investiamo sono start-up (0 a 2 M € di fatturato) che abbiano un elevatissimo potenziale di crescita e scalabilità, che permettano di arrivare almeno a 5-10 mil € di fatturato al terzo-quinto anno.

Se dovessi scegliere un paio di operazioni passate? Puoi raccontarmi le startup che più hanno caratterizzato il vostro persorso e perchè le avete scelte?

Ad oggi abbiamo partecipazioni in 12 startup  e PMI innovative, alcune sono esclusive ovvero il cui capitale non è accessibile al retail. Sono tutte partecipazioni che hanno caratteristiche di eccellenza, ma se dovessi sceglierne 2 per rilevanza, successo e qualità, evidenzierei di certo Trusters e GoVolt.

Trusters è una piattaforma italiana di lending crowdfunding che propone investimenti immobiliari online.  Il crowdfunding immobiliare è un sistema di finanziamento collettivo che, tramite la raccolta fondi online da parte di molteplici investitori, permette di investire in immobili e diversificare i rischi. Qualche mese fa Trusters ha raccolto 500.000 euro di aumento di capitale che sta utilizzando per scalare il proprio settore di mercato.

GoVolt invece offre servizi di micro-mobilità sostenibile in sharing che possano agevolare gli spostamenti urbani di cittadini, pendolari e visitatori. Se vivete a Milano non saranno passati inosservati i loro scooter colorati! Hanno un management di prim’ordine e durante il 2020 nonostante la crisi dovuta a covid-19 hanno portato avanti il business entrando nel settore del delivery con un progetto personalizzabile molto interessante.

Avete rapporti con incubatori o regioni?

Non abbiamo rapporti con le regioni, ma siamo in contatto con alcuni incubatori con cui stiamo lavorando a delle partnership strategiche.
Essere nei network degli incubatori è fondamentale per intercettare startup di qualità. Abbiamo di recente investito in Startup Wise Guys, di cui ora siamo LEAD Investor. Startup Wise Guys è uno tra i principali acceleratori europei e in Italia finanzia e sviluppa startup digitali (b2b e SaaS) ad alto potenziale.

Anche lo stato si sta muovendo per l’innovazione con Fondo nazionale innovazione anche se non ha ancora aperto a fasi seed, cosa ne pensate? 

Sappiamo che lo Stato è un elefante in movimento e che fa fatica a muoversi in un mondo estremamente dinamico e variegato come quello delle startup innovative. Questo spiega la scelta di effettuare gran parte delle operazioni affidandosi ad acceleratori e incubatori certificati. Probabilmente è la scelta migliore in questo momento, ma concentrare le risorse su pochi soggetti che fanno da gateway è chiaro che può evidenziare elementi di criticità e limitare l’accesso a questi fondi.

Cosa manca all’Italia per farle fare il salto di qualità in ambito Startup?

E’ un argomento per il quale occorrerebbe un giorno intero! Le startup sono aumentate anche nel lockdown, ma gli investimenti nell’innovazione italiana rimangono molto contenuti rispetto ai nostri competitor europei.

Il problema non è di semplice definizione ed è, a mio avviso, sistemico nel senso più letterale, e deleterio, del termine: partiamo dal fatto che chiamarle startup innovative è una tautologia visto che per definizione la startup deve esserlo. Anche il ruolo di Venture Capital e incubatori, associati al mondo dell’innovazione perché potenzialmente capaci di determinarne le sorti, ha le sue componenti.

I Venture Capital dovrebbero investire sulle aziende, diversificando e accettando il rischio della scommessa, ma in Italia manca liquidità e così i venture si trasformano in attenti valutatori, molto specializzati per segmenti, che giocano sul sicuro: al posto dei ragazzi nei garage, finanziano imprenditori con età media 38 anni, come ha rivelato uno studio sul tema. Ciò non è necessariamente sbagliato ma è evidente che si creano delle distorsioni. Distorsioni simili riguardano gli incubatori visto che chiunque avesse dello spazio libero a un certo punto ne ha istituito uno: c’è stato un momento paradossale in cui esistevano più incubatori che start up finanziate. Peccato che in teoria l’incubatore dovrebbe offrire guida e supporto per dare forma a un’idea e rendendola un’impresa, non consulenze spot offerta da management vario.

Giusto per avere un riferimento, negli Stati Uniti, si può fare da mentor ad altri startuppers solo se si è riusciti a vendere la propria società per almeno un milione di dollari.

In Italia, invece, non ci sono limiti né reali requisiti. Come sistema paese abbiamo quindi ancora tantissimo da fare e ce la possiamo fare perché abbiamo le marce giuste, dobbiamo solo ingranarle. Speriamo che i fondi messi a disposizione dall’Europa possano essere il carburante giusto.

Prima di lasciarci, ti faccio un’ultima domanda: so che state facendo un aumento di capitale. Se uno volesse avvicinarsi al mondo Startup e investire con voi cosa deve fare?

Si, l’aumento di capitale è rivolto a chi desidera avvicinarsi al mondo Startup e viverlo da dentro. Cerchiamo soci appassionati che mettano a disposizione le loro competenze e la loro energia. Abbiamo il sito www.insquared.it con tutti i nostri contatti: saremo felici di vedere il nostro gruppo crescere!

 

 


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In Evidenza

Cultura e sostenibilità: l’impegno di UCCA per la transizione green

 

Se è vero che il cambiamento verso un futuro sostenibile necessita anzitutto di un cambiamento culturale, è anche vero che ad oggi non è più possibile pensare a un’offerta culturale che non tenga conto nella sua attuazione delle sfide della sostenibilità.  

Come può nel concreto il comparto culturale sostenere la transizione green e diventare attivatore di cambiamento? Un interrogativo aperto a cui UCCA – Unione dei Circoli Cinematografici Arci sta provando a dare una risposta concreta attraverso il progetto “Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo” sostenuto dall’UE – Next Generation nell’ambito dell’avviso TOCC “Capacity building per gli operatori della cultura per gestire la transizione digitale e verde”. 

UCCA Aps è un’associazione nazionale di promozione della cultura cinematografica attiva dal 1967 e riconosciuta dal Ministero della Cultura e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che associa circa 180 cineclub in tutta Italia. Il prototipo di circolo UCCA ha ben poco a che spartire con la classica sala cinematografica: è uno spazio informale, spesso accuratamente arredato con materiali di risulta, pensato per e adibito a ospitare eventi culturali ad ampio spettro e interdisciplinari, che coniugano il cinema con live-act, performance, dj-set, reading, in un flusso ininterrotto di suggestioni rivolte a stimolare e soddisfare qualsiasi curiosità intellettuale.

“Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo” rappresenta un percorso di crescita collettivo della rete, reso possibile dall’utilizzo di metodologie e pratiche partecipative, quali focus group e world cafè, che porterà alla realizzazione di una proposta condivisa di linee guida e buone pratiche per i circoli del cinema che intendono affrontare la transizione verde.

Ne abbiamo parlato con gli ideatori del progetto.

 

Da quali esigenze e riflessioni nasce il progetto “Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo”?

Il progetto nasce dalla riflessione in corso negli anni recenti sulle trasformazioni che hanno investito la fruizione cinematografica (la crisi delle sale, l’aumento del consumo individuale di audiovisivi etc) e di conseguenza le trasformazioni che hanno affrontato e stanno affrontando alcuni dei nostri circoli, anche con strategie diverse fra loro. Accanto a ciò, il tema politicamente che ha raggiunto i primi posti in agenda è la crisi climatica, su cui si sono attivate le ultime generazioni di attivisti – tema che non possiamo ignorare. 

Le nostre basi operano principalmente in degli spazi (che fanno spostare le persone, consumano energia, producono rifiuti) il cinema è fatto essenzialmente di proiezioni (che consumano energia): non vogliamo rinunciare né ai nostri spazi né alle nostre proiezioni per essere a impatto zero, ma vogliamo individuare, insieme ai nostri operatori/trici e a degli esperti che ci stanno accompagnando, le modalità per mantenere le nostre attività e ridurre il nostro impatto. 

Con che modalità coinvolgete i circoli cinematografici? Quali sono i loro feedback finora?

Ai circoli e ai dirigenti si chiede non solo di partecipare e iscriversi ma di portare le proprie esperienze, anche icasticamente condividendo durante gli incontri del progetto dei materiali pubblicitari e tutto ciò che può rappresentare le azioni svolte, sia dentro che fuori l’ambito della transizione ecologica. Ogni spunto, spesso sottovalutato o non visto nell’ottica del progetto, può essere invece utile per provare a generare un’azione di intelligenza collettiva che trova gli opportuni suggerimenti che ci portano a ragionare nell’ottica della transizione verde partendo da ciò che già si è. I feedback dalle operatrici e dagli operatori coinvolti sono molto lusinghieri tanto è vero che laddove possibile e previsto alcune persone stanno scegliendo di seguire più appuntamenti. In particolare viene apprezzata la dimensione di rete del progetto e la tematica sulla quale si concentra che è già al centro del dibattito e della riflessione delle nostre basi associative.

Quali sono i principali vantaggi che i circoli cinematografici possono ottenere attraverso la partecipazione al progetto?

I vantaggi sono di due tipi. Vi sono vantaggi diretti rispetto alla tematica affrontata, ovvero quella della transizione ecologica, rispetto alla quale le operatrici e gli operatori coinvolti sentivano e percepivano diverse esigenze. Il bisogno di essere formati e informati, la necessità di provare a sperimentare e a ricercare insieme delle soluzioni comuni e condivise che diverranno poi patrimonio di tutta la rete Ucca. In maniera indiretta questi incontri rafforzano poi la coesione e quel meccanismo di scambio e conoscenza tra le basi della rete Ucca e tra operatori e operatrici e vengono visti anche come la possibilità, specie per quei territori più “marginali”, che non a caso sono stati al centro della strategia e del piano operativo degli incontri, di poter essere al centro di un grande dibattito e di una grande riflessione che è politica e organizzativa insieme.

Quali sono i prossimi appuntamenti?

I prossimi appuntamenti del progetto ci vedranno impegnate e impegnati nell’individuazione di strategie, interne ed esterne, organizzative e di tipo comunicativo che ci permettano di far compiere alle nostre basi dei passi avanti decisivi verso la graduale transizione verde delle nostre pratiche e dei nostri spazi. In particolare il 29 marzo a livello nazionale saremo collegate in un world cafe online, mentre il 7 aprile saremo ad Agrigento per un focus group sempre sui temi del progetto. Ancora il 20 aprile un altro appuntamento nazionale online e nel mese di maggio chiuderemo il cerchio andando finalmente a scrivere il nostro “manifesto green” il quale sarà il frutto di tutte le riflessioni e gli spunti raccolti durante gli incontri di questi mesi. Non prima di aver attraversato le città di Bari, Napoli, Carbonia e Ferrara.

 

 


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