Digitale

Zoom Video Communications e i guai con la privacy

Zoom Video è diventata in poche settimane la nuova stella della Silicon Valley aumentando del 2 mila per cento i collegamenti giornalieri e del 100% la capitalizzazione in borsa, ma ora il fondatore ha ammesso gli errori sulla gestione della privacy

Zoom Video e quei server cinesi che non piacciono allla FBI

Zoom Video è diventata una piattaforma di uso quotidiano durante la pandemia: milioni di insegnanti e lavoratori in Smart Working hanno deciso di iscriversi per far fronte al nuovo modo di lavorare. Tuttavia la stessa azienda ha dovuto ammettere che alcune riunioni di utenti non cinesi sono state “autorizzate a connettersi ai sistemi in Cina, dove non avrebbero dovuto essere in grado di connettersi ”.

Anche Boris Johnson ha reso noto con un post (mostrando addirittura l’ID dell’incontro virtuale) di fare giornalmente meeting su Zoom con i suoi ministri e collaboratori, ma adesso, con i problemi legati alla privacy, non sappiamo quanto potrà essere utilizzato ad alti livelli statali.

Eric Yuan

La società ha dichiarato di aver “erroneamente” consentito alle chiamate di passare attraverso i suoi due data center cinesi da febbraio per poter per far fronte all’aumento del traffico, poiché milioni di utenti si sono precipitati ad utilizzare la sua tecnologia per ospitare incontri di lavoro e incontri sociali durante il blocco.”

Zoom ha però ammesso che il disguido si è verificato soltanto “in circostanze estremamente limitate” e che i clienti governativi non sono stati colpiti. L’azienda californiana ha varie sedi in Cina, tra cui un dipartimento di ricerca e sviluppo con oltre 700 dipendenti, per mantenere bassi i costi del personale.

Queste dichiarazioni sono una svolta poichè l’azienda aveva sempre negato di aver dirottato le conversazioni su server cinesi.

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Zoom aveva negato di avere due data center

Il Financial Times, parlando con l’azienda, aveva saputo che “i dati provenienti dagli Stati Uniti restano negli Stati Uniti e i dati relativi alle riunioni transfrontaliere vanno ovunque il loro account aziendale sia ospitato“.

Addirittura Zoom aveva dichiarato che possedeva un solo data center in Cina, invece di due.

Queste ammissioni non sono le prime riguardo a falle di privacy dell’azienda di San Jose: secondo un rapporto di Citizen Lab, Istituto di ricerca dell’Università di Toronto, Zoom è Un’app con limitazioni facilmente identificabili nella crittografia, problemi di sicurezza e server offshore situati in Cina che gestiscono le chiavi di riunione presenta un chiaro obiettivo per gli aggressori di stato nazione ragionevolmente dotati di risorse, tra cui la Repubblica popolare cinese”.

Intanto anche il Tycoon Elon Musk ha deciso di abbandonare Zoom per i meeting delle sue aziende finchè non si chiarirà l’accaduto.


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