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Il commercio è l’anima dei social
C:\>10 Dietro il successo o le disgrazie di Twitter non c’è la politica, ma gli inserzionisti
In definitiva, che il politically correct e la normalizzazione della comunicazione siano il vero imperativo della direzione reale dei social media tappa la bocca a molte delle polemiche in corso. Lo dimostrano gli indirizzi degli agenti pubblicitari rivolti ai clienti inserzionisti come nel caso di “una realtà come Omnicom che rappresenta brand quali MacDonald’s, Apple o Pepsi, pochi giorni addietro aveva raccomandato ai suoi clienti di lasciar perdere per ora gli annunci su Twitter, in attesa di capire la direzione di Musk”
È preoccupato Musk che ha visto gli introiti pubblicitari calare di 0,5 miliardi in breve tempo e lancia l’interrogativo provocatorio proprio a Tim Cook, chiedendo se “Apple ha praticamente smesso di fare pubblicità su Twitter perché odiano la libertà di espressione in America?”. I due CEO si sono poi incontrati in un’occasione in cui il più importante inserzionista del social avrebbe continuato ad investire su Twitter seppure passando dai 180 milioni già prima della fine dell’anno a 150 milioni di dollari per il 2022.
Nelle ultime ore, per arginare il fenomeno, Elon Musk avrebbe proposto agli inserzionisti americani uno sconto simile al “2 per 1”: «Gli inserzionisti statunitensi che comprano pubblicità per 500,000 dollari, disporranno di un meccanismo per vedere il valore della loro spesa aumentato del 100% fino a 1 milione di dollari».
Tuttavia, la ragione della preoccupazione degli investitori non sta tanto nel capitale: insiste soprattutto nel rischio che le inserzioni compaiano accanto a post che destino preoccupazione anche se con finalità di riflessione sociale. Recentemente 5 persone sono state uccise e altre 18 ferite in una sparatoria per opera di un folle in un locale LGBTQ+ a Colorado Springs. Post relativi ad eventi come questo suscitano in loro il timore che i loro messaggi e tweet, appaiano accanto a quelli relative a queste tragedie. Filmati di pestaggi della polizia o foto di uccisioni provocherebbero abbinamenti più o meno inconsci con il brand che vi comparirebbe accanto.
In pratica, a dettare le politiche dei social media non è la libertà di pensiero ma la dittatura del consumismo che tutto sommato è diventata il vero padrone delle condivisioni e per questo a prendere piede è verosimile che siano gli influencer della realtà addomesticata, più che virtuale. E su queste ragioni c’è poco da dibattere: è tutto solo meccanicistico, e quindi non è colpa di nessuno, se non del gregge del consumo stesso. La legge non è quella della “libera espressione“, quanto quella del “libero mercato“.
Alla fine, quasi quarant’anni dopo che proprio il filmato voluto da Steve Jobs sembrava voler annunciare un futuro di abbattimento dei condizionamenti mentali, oggi tutta l’informatica di Internet, prima fra tutte la stessa Apple, sta smentendo le sue previsioni: il 2024 sarà come 1984!
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