Cittadini

Gender Pay Gap: la situazione in Italia

Il Gender Pay Gap è il divario di retribuzione tra donne e uomini. Secondo gli ultimi dati Eurostat in Italia la differenza tra salari femminili e maschili è del 4,2%, a fronte di una media europea del 13%. Tuttavia questi dati sono basati sulla differenza dello stipendio orario lordo medio e non tiene quindi conto delle disparità occupazionali e di tipologia di contratto.

Secondo i dati Ocse nel 2020 il circa il 17% dei contratti in Italia erano part-time, con una differenza sostanziale tra uomini e donne. Se infatti la percentuale di uomini con un contratto part-time era dell’8%, quella delle donne era del 31% sul totale dei contratti. Inoltre secondo i dati Istat le donne con un contratto di lavoro tra i 15 e i 16 anni sono il 50,1% di tutte le donne comprese in questa fascia d’età. La percentuale maschile si attesta invece al 68,7%.

Alla luce di queste differenze, secondo le elaborazioni di Federconsumatori dei dati Istat e dell’Osservatorio JobPricing, il Gender Pay Gap in Italia arriva ad un valore percentuale del 10%, con una differenza di stipendio annuo di circa 3.000€ in più in favore degli uomini. La differenza inoltre varia a seconda dei settori lavorativi, salendo fino al 20% nell’ambito dei servizi finanziari. Il gap varia inoltre anche sulla base del tipo di occupazione, passando da un -8,8% tra i ruoli di dirigenza ad un -9,54% tra gli impiegati, senza considerare che, ad esempio, la percentuale delle donne nelle amministrazioni delle aziende quotate in borsa nel 2019 era pari al 36,5% (fonte Statista). Più il livello sale dunque, più i ruoli sono maggiormente ad appannaggio maschile.

Un altro dato interessante emerge poi dal report dell’Osservatorio CPI in collaborazione con Almalaurea, pubblicato nell’ottobre 2021, secondo cui a 5 anni dal conseguimento della laurea magistrale la differenza media tra i salari di uomini e donne è di 293€. Infatti gli uomini a questo punto delle loro carriere guadagnano in media 1696€, contro i 1403€ delle donne, con una differenza che risulta essere pari al 21% del salario femminile.

L’intervento principale messo in atto recentemente è la legge sulla parità retributiva presentata dall’on. Chiara Gribaudo e approvata all’unanimità dal Parlamento nel novembre 2021. Questa prevede per esempio l’obbligo di redazione di un rapporto sulla situazione del personale per le aziende con più di 50 dipendenti – in precedenza era obbligatorio solo per quelle con più di 100 dipendenti. Inoltre la legge porta con sé un intervento riguardante la tipologia di contratto e occupazione, in quanto prevede che venga considerata come discriminazione di genere l’organizzazione di riunioni in orari di lavoro svantaggiosi per le donne.

In quest’ambito potrebbero inoltre essere utili azioni sul sistema degli asili nido e sul congedo di paternità, che potrebbero essere di supporto nell’eventualità di una maternità, che è purtroppo ancora una delle motivazioni principali di licenziamenti, dimissioni o mancate assunzioni.

 


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