Ambiente

Il fallimento della Cop25 sul clima di Madrid: le parole non bastano più

Si è conclusa la conferenza mondiale sul clima (cop25) di Madrid che ha coinvolto 196 paesi del mondo riuniti per discutere dell’emergenza ambientale. Al termine delle due settimane dell’incontro, iniziato il 2 dicembre, i risultati sono stati molto modesti rispetto a quanto si sperava. La parte più importante dei lavori riguardava l’accordo sul mercato del carbonio, tuttavia proprio questo punto è stato tralasciato e rimandato al prossimo anno.

Le nazioni hanno infatti sottoscritto l’obbligo per i paesi ricchi di comunicare, nell’arco del prossimo anno, di quanto voler abbassare le emissioni di gas serra. Un magro risultato ottenuto grazie alla forza con cui i paesi più vulnerabili (quelli che rischiano la distruzione come le piccole isole del pacifico) hanno affrontato i rappresentanti della nazioni più ricche.

Al centro dello scontro c’è stata la discussione sull’articolo 6 dell’accordo di Parigi, che regola proprio il commercio delle quote di carbonio, e che si è deciso di procrastinare al prossimo incontro di Bonn nel giugno 2020. Nonostante durante la plenaria conclusiva dei 196 paesi  si sia riconosciuto il “bisogno urgente” di agire contro il riscaldamento climatico, non si è raggiunto l’accordo proprio su uno dei punti cardine di questa Cop25.

Oltre al tema del carbonio e della cosiddetta “Ambizione” (cioè l’aumento da parte di ciascun paese degli impegni nazionali per il taglio dei gas serra) c’è un terzo nodo ancora da sciogliere: gli aiuti per le perdite e i danni subiti dai Paesi vulnerabili (loss and damage).

Questi ultimi chiedono 50 miliardi di dollari l’anno fino al 2022, da aggiungere ai 100 miliardi l’anno fino al 2020 ed estesi almeno al 2025 per favorire l’economia e le ricostruzioni dei danni subiti a causa dei cambiamenti climatici. Ad ostacolare maggiormente la discussione su questo punto ci sono gli Stati Uniti i quali non vogliono che ci sia alcuna richiesta di garanzie nei loro confronti.

Anche in questa edizione si è persa una grande occasione per combattere il cambiamento climatico. A dirlo è lo stesso segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che si è setto “deluso”, affermando che “la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione” nell’affrontare la crisi dei cambiamenti climatici: “Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò”, ha scritto su Twitter.

Non poteva mancare il commento di Greta Thunberg che, su Twitter, ha espresso la sua determinazione a continuare la lotta per l’ambiente: “La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo mai. Abbiamo solo appena iniziato”.

La direttrice esecutiva di Greenpeace, Jennifer Morgan ha di come “i progressi auspicati sono stati compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l’emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto.” La Morgan ha poi apprezzato il lavoro dei paesi vulnerabili e criticato duramente i leader delle altre nazioni: “Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica”.

Infine un duro affondo all’ipocrisia dei politici e all’inconsistenza dei risultati ottenuti da questa Conferenza è arrivato dal Wwf: “I Paesi più inquinanti – Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e altri – si sono sottratti alla loro responsabilità di ridurre le emissioni di gas serra, bloccando progressi significativi a Madrid. Nonostante le accese richieste di azione immediata per il clima da parte dei Paesi vulnerabili, della società civile e di milioni di giovani di tutto il mondo, i grandi responsabili delle emissioni di CO2 hanno ostacolato gli sforzi per accelerare la marcia e mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C”.

 


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