Ambiente

Pannelli solari smaltiti illegalmente in Africa: un dramma ecologico che nasconde il futuro incerto dei nostri impianti

Nei prossimi trent’anni si stima che in Italia ci saranno 2 milioni di tonnellate di pannelli solari da smaltire.

Negli ultimi mesi varie operazioni dei carabinieri del Noe e dell’agenzia delle dogane hanno portato alla scoperta di un traffico clandestino ancora di nicchia: quello dei pannelli solari da smaltire. Una volta raccolti questi vengono spediti nei paesi dell’Africa Occidentale come Burkina Faso, Nigeria e Ghana.

A maggio 1000 pezzi venivano bloccati al porto di Genova, mentre appena a fine settembre ne sono stati trovati ben 2500 stipati in un container diretto in Burkina Faso. A Gennaio altri 2000 erano stati bloccati al porto di Ancona prima di essere spediti in Mauritania.

A gestire i traffici sono piccoli gruppi che utilizzano però la stessa strategia: una volta raccolti i pannelli esausti con tariffe vantaggiose per il cliente, questi vengono raccolti nei capannoni del Nord Italia e, una volta dichiarati come usati anziché come rifiuti, vengono imbarcati in direzione Africa.

I pannelli provengono sempre da grandi impianti fotovoltaici italiani e si tratta di un traffico in ascesa che preoccupa le forze dell’ordine sopratutto per i futuri esiti ambientali che provocherà. Nelle gigantesche discariche dell’Africa Occidentale ci finisce l’80% dei rifiuti elettronici del mondo. Nigeria e Ghana che sono i principali importatori mondiali di Raee, cioè i rifiuti di apparecchiature elettriche o elettroniche.

Probabilmente anche lo smartphone o il tablet con qui stai leggendo questo articolo finirà in una di esse.

Un danno ambientale reso ancora più forte dalla corruzione dilagante dei paesi di arrivo che permette ai trafficanti di farla franca il più delle volte. Secondo un nuovo studio del 2018 delle Nazioni Unite effettuato a Lagos, in Nigeria, i controlli dei container in transito sono bassi e chi gestisce il traffico non subisce conseguenze.

Il porto di Lagos è il punto d’arrivo per la maggior parte di rifiuti elettronici. In un anno sono circa 60mila le tonnellate di materiale che arriva, di cui il 77% dalla sola Unione Europea. I controlli della Nesrea, l’agenzia ambientale del governo federale nigeriano, sono pochi e mal gestiti a causa dei pochi fondi a disposizione così l’inquinamento in quelle aree crei disastri ambientali che inevitabilmente avranno conseguenze di lungo periodo. Negli ultimi due anni, come riporta lo studio, l’agenzia ha controllato solo 150 container su i milioni in transito.

I pannelli solari usati, anche se da noi scartati, in Africa servono spesso a fornire energia a interi villaggi isolati e senza collegamenti elettrici. E’ per questo motivo che spesso fra questi pannelli a basso costo ci finiscono illegalmente dei rifiuti.

Un danno ambientale ma anche sociologico. Le aree delle discariche in Africa rappresentano una forma di reddito per migliaia di persone che pur di guadagnare 2 o 3 dollari al giorno vivono per ore in contatto con sostanze altamente tossiche alla ricerca di pezzi da riutilizzare. Questi paesi dell’Africa, così ricchi di risorse naturali con le quali creare i nostri smartphone e pc, divengono quindi le discariche del mondo, luoghi dove l’inquinamento estremo si fonde alla povertà più assoluta.

Quello dei pannelli solari esausti è un traffico che va prontamente fermato sia per limitare l’impatto ambientale nei paesi di smaltimento, sia per l’enorme quantità di pannelli da smaltire nei prossimi anni. Una ricerca dell’Irena, agenzia internazionale per l’energia rinnovabile, prevede che nel 2050 l’Italia dovrà disfarsi di 2,1 milioni di tonnellate di rifiuti. Una quantità di silicio, vetro e plastica che può diventare una vera e propria bomba inquinante.

In Italia il fotovoltaico da smaltire è circa 1000 tonnellate. Ancora poco se considerando che i pannelli hanno una durata media di 25 anni.

Secondo la direttiva europea per gli impianti domestici sotto i 10 KiloWatt, il cittadino comune deve solo portare i pannelli esausti nell’isola ecologica della propria città. Diverso è il discorso per l’uso professionale degli impianti. A variare sono i programmi dei sussidi statali con i quali sono stati finanziati gli imprenditori del fotovoltaico da parte del Gestore Servizi Energetici (GSE), società del ministero dell’Economia e Finanze dedicata alle rinnovabili.

Per i pannelli acquistati con i primi 3 Conti Energia, viene trattenuta come cauzione una parte dei sussidi affidati ai gestori al fine di assicurarsi il corretto smaltimento dell’impianto. Completamente diverso è il discorso per i pannelli acquistati dopo il 2011. In questo caso a gestire lo smaltimento dei rifiuti elettronici saranno i produttori dei pannelli fotovoltaici, riuniti in consorzi certificati dal GSE. Infine è previsto l’utilizzo di alcuni strumenti finanziari per garantire il vincolo dei fondi.

Proprio qui nasce però un caso, sollevato da alcuni esperti del settore. La quota che i produttori versano al fondo si attesta a 1 euro per pannello mentre la cifra attuale di riciclo si aggira intorno ai 10 euro per pannello. Il rischio concreto è che una volta raggiunto il fine vita, questi pannelli non avranno i fondi necessari per essere smaltiti con tutte le conseguenze ambientali ed economiche del caso.


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