Benessere

Un futuro senza ponte Guardando lontano

Esiste una profonda trincea che riguarda l’istruzione e la sua capacità di favorire la sopravvivenza e l’adattamento al futuro delle giovani generazioni.
Dimentichiamoci le pensioni, la democrazia, il lavoro… Questi sono problemi gravi e perfino drammatici che concernono la generazione dei genitori e quella dei nonni… perfino quella dei fratelli maggiori. A tutti costoro toccherà consentire di arrivare ad un domani che ad oggi è per loro ampiamente invisibile.

Per essere più precisi, è più facile immaginare come sarà il futuro che capire come ci si arriverà – e se ci si riuscirà.
Il lavoro esisterà ancora ma sarà condotto dalle macchine e fra queste vi saranno anche le persone perché nella maggior parte dei casi costano meno delle macchine e, in fondo, sono già diventati per molti aspetti la longa manus acritica dell’automazione, i nuovi schiavi che costano meno degli ERP e delle Catene (da quelle di montaggio alle enterprise-grade blockchain infrastructure). Scordiamoci il denaro per come lo conosciamo perché la virtualizzazione lo renderà talmente traasparente da spostare il suo uso per distribuire il potere sotto forma di capitale più o meno occulto sarà divenuto diseconomico e nuove forme di governo del potere prenderanno il sopravvento: dalle evoluzioni del potlach sotto nuove forme e vesti, al semplice ritorno degli eserciti privati e di nuove apartheid, ceti e caste.

Potremmo andare avanti a lungo, perché accoppiando alle trasformazioni indotte dalle tecnologie il fatto che in una generazione abbiamo più che raddoppiato in numero di esseri umani che attingono alle limitate risorse del pianeta con quello che la forbice fra i gruppi sociali – per tralasciare quelli etrnici – si è allargata in un modo talmente inedito da non permettere più alle teorie sociali di qualche decennio fa di spiegare i trend politico-economici dovrebbe farci comprendere che uno stravolgimento dell’umanità per come la stiamo vedendo è inevitabile. Personalmente aggiungerei che il villaggio globale di Macluhiana memoria non ha prodotto una coscienza migliore, ma solo una perdita della convenzione di realtà a vantaggio di un certo numero molto limitato di generatori di verità e soprattutto di ermeneutiche generalmente subite con fatalismo; un altro elemento è la perdita della spiritualità che è stata sempre una componente fondamentale dell’essere umano; perfino la squalifica delle religioni storiche e la reificazione militarizzata dei credo non ha portato ad un affrancamento dell’etica e della morale e quindi ad una maggiore assunzione delle responsabilità sociali quotidiane.

Guardando dietro l’angolo

In definitiva, non è impossibile guardare al futuro come a quel lato del monte che sta dall’altra parte di dove siamo noi, seppure non siamo in grado di scorgerne i dettagli perché la nostra vista non arriva fino a lì: quello che non sappiamo pensare è come fare a costruire quel ponte necessario per superare il profondo baratro di cui non scorgiamo neppure il fondo che ci separa dall’altro versante. Potrebbero bastare pochi decenni o uno sproposito di secoli; potrebbe rendersi necessaria la distruzione totale e il lento ritorno alla preistoria ripercorrendo la via a ritroso per scendere fino al baratro e risalire dall’altra parte, oppure una istantanea ristrutturazione percettiva e di pensiero come la rivoluzione copernicana potrebbero farci vedere tutto in un altro modo. La domanda è: “fino a che punto siamo in grado di separarci dalle nostre sicurezze e dalla dipendenza all’attuale standard di vita?”. Negli anni ’70, quando ancora le sole reti televisive erano i due canali RAI, ci furono paesi in cui la gente scese in piazza a protestare ferocemente, non per il lavoro o per la sicurezza, ma perché un danno al ripetitore non consentiva di vedere il quiz Rischiatutto. Questa notizia fu naturalmente un trafiletto in qualche giornale locale e nulla più, ma oggi un disservizio di poche ore di Whatsapp, di cui fino a pochissimi anni fa non si conosceva neppure l’esistenza, occupa le prime pagine di tutti gli organi di informazione del mondo. Se per un baco imprevisto Internet cessasse di funzionare, nonostante oggi molti gioiscono accattivati da questa immagine, ci troveremmo in quanto società persi come chi in mezzo al deserto, seppure con discrete scorte di viveri, non abbia più né mezzo di locomozione né strumenti di orientamento. Potremmo addirittura arrivare a suicidarci.

Prima di tirare le conclusioni

A cercare la morale della storia siamo tutti bravi. Sono discorsi da bar. Parliamo di guerra senza sentire l’odore del sangue e il dolore dei visceri fuori dalla pancia esercitando l’innocua arte della Cassandra dal tetto sopra la testa quando non muoveremmo un dito per distruggere quel monumento equino che svetta in tutte le piazze e perfino dentro le nostre case.
Per gran parte di noi e perfino per molti dei nostri figli non c’è una grande speranza di cambiare, ma le giovani generazioni e perfino alcuni fra i più aperti e volonterosi dei giovani questo spazio è possibile.

Abbiamo detto che domani il denaro non ci sarà più o almeno sarà qualcosa di diverso da come lo percepiamo oggi, ma per oggi non vediamo e non possiamo vedere un modo diverso per sopravvivere senza quell’idea e senza la superstizione del posto di lavoro. Pensiamo che le leve del potere siano in mano ai governanti e imprenditori, mentre in questo momento sono concetrate nel Deep State e nelle Lobby sovranazionali invisibili che stanno addirittura molto al di sopra dello stesso Nuovo Ordine Mondiale, ma non ci è dato neppure pensarlo: non tanto per l’ovvia conseguente accusa di “complottismo”, ma proprio perché la nostra ragione va in crash ancor più che a calcolare tutti i decimali del “Pi Greco”.

Insomma, a queste nuove generazioni spetta il difficile compito di tenere i piedi su due scarpe: da un lato fare “come se” il mondo attuale fosse vero osservando le sue regole al meglio, mentre dall’altro si segue un programma di disapprendimento della realtà fondato e razionale, ma nondimeno anche spirituale, volto a sondare paradigmi possibili, ma senza attaccarvicisi, nonostante tutto ciò non comporti nessun vantaggio concreto nell’oggi.

Staremo a vedere se quanti riusciranno a compiere questo sforzo e che costituiranno le leve della “classe immaginante” di un futuro possibile, decideranno in favore di un altruismo compassionevole come dei giovani indaco o se saranno le nuove leve di burattinai che si limiteranno a mandare in pensione gli attuali.
La sola cosa che credo possiamo dire di “sapere” con buone probabilità è che sarà inevitabile passare di lì.


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