Economia circolare

La depurazione delle acque, una debolezza dell’Italia che potrebbe diventare un’opportunità

Sono circa 10 milioni i cittadini italiani che ancora non hanno un adeguato servizio di depurazione. L’11% invece ne è ancora sprovvisto. La conseguenza diretta, oltre agli incalcolabili danni per l’ambiente e la qualità delle acque marine e di superficie, sono le sanzioni europee comminate all’Italia, colpevole di ritardi nell’applicazione delle regole sul trattamento delle acque.

La questione ‘depurazione’ spesso però viene avvertita o quando l’Europa ce lo ricorda oppure soltanto nel periodo estivo, dal momento che molte delle aree ‘bacchettate’ dall’Ue sono rinomate località turistiche del nostro Paese: così da Cefalù a Courmayeur da Rapallo a Trieste da Napoli a Roma e in parte Firenze, da Ancona a Pisa, registrano carenze. In tutto quasi mille che non rispettano le regole comunitarie sul trattamento delle acque reflue. Tra le Regioni più colpite, Sicilia, Calabria e Campania. Secondo Utilitalia infatti “gli scarichi non depurati sono i peggiori nemici del turismo”.

Con una corretta depurazione si ottiene sia acqua nuovamente riutilizzabile sia fanghi che possono esser riutilizzati come fertilizzante in agricoltura oppure esser valorizzati per esempio trasformandoli in bio-combustibili. Ogni anno in Europa – secondo i dati dell’Unione Europea – vengono trattati più di 40 mila milioni di metri cubi di acque reflue, ma ne vengono “riusati” soltanto 964 milioni di metri cubi. In Australia e in Israele il riuso delle acque reflue depurate è molto diffuso, in Europa sono la Spagna e Malta a primeggiare. Il potenziale di crescita è enorme: l’Europa potrebbe arrivare a utilizzare sei volte il volume di acque trattate oggi. In Italia, che ha uno dei potenziali più alti, si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue.


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