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Animali

L’antibiotico-resistenza, un piano dell’Unione Europea su come combatterla.

Il 20 giugno scorso sono stati adottati all’unanimità dal Parlamento Europeo, insieme a Consiglio dell’Unione Europea e Commissione Europea, due report sulle strategie da adottare per frenare l’uso di antibiotici.

Si stima che l’antibiotico-resistenza sia responsabile di circa 25.000 morti e € 1,5 miliardi di spese in cure extra ogni anno nella sola Unione Europea. La crescita del fenomeno antibiotico-resistenza è causata da una serie di fattori: eccessivo e inappropriato uso di antibiotici nell’uomo, abuso veterinario nel bestiame, cattiva igiene negli ambienti sanitari o nella catena degli alimenti. Comunque, la mancanza di consapevolezza è un fattore chiave; infatti, il 57% degli europei non sa che gli antibiotici non hanno effetto sui virus e il 44% ignora che questi non servono per influenza e raffreddore.

Il principio dell’approccio “One Health”, sottolinea che la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono interconnessi e che le malattie sono trasmesse dalle persone agli animali e viceversa.

I membri del Parlamento Europeo chiamano la Commissione Europea e gli stati membri a limitare la vendita di antibiotici da parte di medici sia per l’uomo che veterinari e di rimuovere ogni incentivo per la loro prescrizione. Bisogna agire fermamente contro la vendita illegale e la vendita senza ricetta degli antibiotici.

Un punto importante dei report parla degli incentivi allo sviluppo di test rapidi per la diagnosi in modo da rendere più rapida la risposta del medico e da ridurre l’uso di antibiotici. Un altro punto è la legislazione sulle medicine veterinarie che riprende la discussione del 5 giugno scorso sulla limitazione dell’uso profilattico degli antibiotici, ovvero quando non ci sono segni clinici di infezione. Inoltre, l’uso metafilattico (trattare un gruppo di animali quando uno presenta segni di infezione) è consigliato solo quando non ci sono alternative possibili e dopo diagnosi e giustificazione di un veterinario. La legge dà il potere alla Commissione Europea di designare antibiotici che sono riservati al trattamento umano.

L’accordo con il Consiglio impone la reciprocità degli standard europei nell’uso degli antibiotici anche per il cibo importato.


Foto di copertina di NIAID


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Ambiente

Il problema delle specie esotiche invasive

Tra le principali causa di perdita di biodiversità ci sono le  Specie esotiche invasive ovvero specie di animali e di piante originarie di altre regioni geografiche che volontariamente o accidentalmente introdotte sul territorio nazionale, che hanno sviluppato la capacità di costituire e mantenere popolazioni vitali allo stato selvatico e che si insediano da rappresentare una vera e propria minaccia. (altro…)


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Ambiente

La foresta di Bialowieza, il luogo dove è stato salvato dall’estinzione il bisonte europeo

Situata tra Polonia e Bielorussia, la foresta di Bialowieza si erge per più di mille km2 e costituisce ciò che è rimato della foresta vergine che copriva tutta l’Europa Centrale. 876 km2 fanno inoltre parte del Parco Nazionale istituito dalla Polonia e del sito Patrimonio dell’umanità UNESCO. Famosa in tutto il mondo per ospitare il più grande branco in libertà di bisonte europeo – per l’Unesco conta di circa 900 esemplari – la foresta ha una storia centenaria di tutele, istituzioni di riserve di caccia e sfruttamenti da parte delle popolazioni europee.

Il primo a porre una protezione ufficiale a tutela della foresta di Bialowieza fu il re di Polonia Sigismondo il Vecchio nel 1538, istituendo la pena di morte per i bracconieri di bisonti. In precedenza era stata riserva di caccia prima e riserva di cibo per l’esercito del re Ladislao II poi. Dopo molti anni in cui rimase riserva di caccia, lo zar di Russia Paolo I – in seguito alle spartizioni della Confederazione polacco-lituana alla fine del XVIII secolo – rese servi della gleba tutti gli abitanti della foresta e abolì ogni tipo di protezione. Il risultato fu che in 15 anni numerosi cacciatori vi entrarono e la popolazione dei bisonti passo approssimativamente da 500 a 200 individui. Nel 1801 lo zar Alessandro I istituì quindi nuovamente la riserva di Bialowieza e il numero di bisonti salì fino a circa 700 unità. In epoca zarista seguirono poi periodi di tutela alternati a periodi senza protezioni alla foresta, fino alla prima guerra mondiale quando l’esercito imperiale tedesco prese la foresta. Al termine dell’occupazione era stato ucciso ogni esemplare di bisonte europeo del luogo.

Dal 1921 parte della foresta si trova all’interno del Parco Nazionale istituito dal governo polacco, nel quale vennero reintrodotti alcuni esemplari di bisonte europeo, comprati tra i pochi rimasti in alcuni giardini zoologici sparsi per l’Europa. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la foresta fu divisa tra Polonia e Bielorussia e nel 1992 venne infine inserita nei siti Patrimonio dell’umanità UNESCO e venne poi riconosciuta come Riserva della Biosfera.

Oggi la foresta ospita la riserva di bisonti europei e moltissime altre specie tra le quali alci, castori, cinghiali, lupi, varie specie di uccelli, cervi e cavalli selvatici. La “riserva stretta” – ovvero la parte più centrale, caratterizzata da una pressoché totale mancanza di ingerenza umana – può essere inoltre visitata con l’accompagnamento di guide specializzate. La foresta è quindi anche una risorsa economica molto importante per i villaggi locali poiché permette un afflusso turistico pressoché continuo. Tuttavia, nella parte polacca, il Parco Nazionale copre solo il 16% dell’estensione totale della foresta e sono in atto numerose proteste, con Greenpeace che negli ultimi anni ha denunciato uno sfruttamento sempre maggiore di legname nella parte della foresta non protetta, anche a fronte di una sentenza della Corte di Giustizia Europea in cui si invitava la Polonia a rispettare i suoi obblighi di protezione forestale.


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Ambiente

Greenpeace: Olanda riduce del 30% gli animali allevati per proteggere l’ambiente

Il governo olandese ha reso noti i suoi piani per dimezzare le emissioni di azoto nazionali entro il 2030, anche attraverso la riduzione del 30% dei capi allevati. Si tratta del primo Paese in Europa a prendere questa strada, che il mondo scientifico indica ormai da tempo, avvertendo che le soluzioni tecnologiche non sono sufficienti a ridurre gli impatti del settore zootecnico, se non si interviene anche sul numero e sulla densità degli animali allevati. L’accordo non lascerà soli gli allevatori: sono stati stanziati 25 miliardi di euro per accompagnare questa transizione. (altro…)


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