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Innovazione

Elezioni politiche 2018: una campagna elettorale che guarda al passato dove l’innovazione fatica a trovare spazio

Come mai si parla poco di innovazione in campagna elettorale? Quali sono le azioni che il prossimo governo dovrebbe intraprendere per sostenere il settore? Sono alcune delle domande che abbiamo rivolto a Marco Cantamessa, professore del Politecnico di Torino e già presidente di I3P:

Come mai si parla poco di innovazione in campagna elettorale? Nonostante possa essere percepito come “tema da addetti ai lavori”, l’argomento è stato affrontato dagli ultimi governi…
Gli ultimi governi hanno dimostrato una significativa continuità nel lavorare sull’innovazione. Molte cose sono anche state fatte in modo bipartisan dal Parlamento. Purtroppo, gli effetti di queste iniziative non si sono ancora manifestati abbastanza, un po’ perché ci vuole del tempo, e un po’ perché ci sono problemi più ampi da risolvere a livello di Sistema-Paese.

Purtroppo, la campagna elettorale è stata tutta giocata sui registri della negatività, anziché su un registro di “costruiamo il futuro”. Nella campagna elettorale è stato centrale il rimpianto di un passato che non può più tornare. E’ chiaro, quindi, che quando il tema è “torniamo ai buoni vecchi tempi”, l’innovazione fa un po’ fatica ad entrare nel dibattito.

Il tema dell’innovazione è presente all’interno dei programmi elettorali?
Il tema è presente in forma assai leggera all’interno dei programmi dei diversi partiti. Tuttavia, a me preoccupa che, laddove se n’è parlato, ciò sia stato fatto in modo molto generico e, sovente, in chiave statalista e dirigista. Un approccio che secondo me non ha alcun senso pratico: è il caso, ad esempio, della proposta di istituire una “banca degli investimenti” che gestisca fondi pubblici dedicati all’innovazione. Una misura a dir poco ingenua che, in assenza di una strategia più ampia, finirebbe per essere utile solo a chi si troverebbe a svolgere questo lavoro di gestione. Direi, quindi, che di innovazione in campagna elettorale se n’è parlato poco, e in maniera abbastanza inefficace.

Quali sono le azioni che il prossimo governo dovrebbe intraprendere per sostenere il settore?
Ritengo sia necessario andare ad agire non tanto sul processo innovativo in senso stretto, quanto sui freni al processo di crescita che deriva dall’innovazione. Come dicevo prima, tante cose sono state fatte, ma ci sono alcuni ulteriori elementi che vanno assolutamente toccati.

Andrebbe innanzitutto ulteriormente migliorata la giustizia civile. Un tema in apparenza slegato dall’innovazione, ma che invece c’entra tantissimo, perché è la condizione necessaria affinché si effettuino investimenti.

Un altro tema, secondo me fondamentale, è l’introduzione di maggiore dinamismo nel nostro mercato, così da aumentare la domanda di innovazione. Uno dei nodi dell’innovazione in Italia è proprio questo: da un lato c’è una notevole offerta di innovazione ma, dall’altro, è molto debole la domanda. Oggi le imprese, a parte rare eccezioni, acquistano pochi beni e servizi innovativi: probabilmente non ne sentono l’esigenza per acquisire vantaggio competitivo. Forse hanno una percezione errata di cosa sta avvenendo nel mondo. O forse non c’è abbastanza concorrenza interna, e ritengono più rischioso l’innovare che il non innovare.

Un altro tema importante è togliere “lacci e lacciuoli” regolatori: oggi qualunque start-up o impresa innovatrice che abbia voglia di lanciare qualcosa di veramente nuovo si trova davanti uno Stato che da un lato la supporta con diverse politiche a supporto dell’innovazione ma, dall’altro, si trova davanti altre amministrazioni che frenano lo sviluppo, perché non riescono a capire se la cosa sia legale o no.

Ci può fare un esempio a questo proposito?
Un esempio eclatante è il pasticcio che è stato fatto sulla sharing economy nel recente passato, dove si tentava di regolamentare non solo fenomeni già abbastanza mainstream come airbnb, ma anche fenomeni che ancora non stanno avvenendo, come il social eating. E problemi simili si incontrano nell’ambito della circular economy, tutte le volte in cui si parla di valorizzare rifiuti. Se lo Stato non aiuta l’innovazione anche creando “zone franche” regolatorie per permettere alle persone di innovare, il tutto diventa assai difficile.

Un altro aspetto fondamentale per stimolare la domanda di innovazione è quello di continuare con politiche industriali che aiutino la crescita dimensionale delle imprese, che è uno dei grandi problemi della nostra industria. Se non riusciamo a creare una dinamica per cui le aziende siano incentivate a crescere, magari anche acquisendosi a vicenda, diventa difficile immaginare che le start-up riescano anch’esse a crescere, o ad essere rilevate, dando una “exit” agli investitori.

Un ultimo tema fondamentale è quello di iniziare ad indirizzare una parte della spesa pubblica verso acquisti innovativi. Questa è la strada che gli Stati Uniti hanno da sempre seguito, e con ottimi risultati, in tema di innovazione: non tanto “finanziare progetti”, quanto “comprare oggetti”. Potremmo farlo anche noi in settori-chiave come la sanità, la scuola o la sicurezza, iniziando a comprare non solo tecnologie mature, al massimo ribasso e dai soliti noti ma anche, previa sperimentazione, beni e servizi da imprese innovatrici.


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In Evidenza

Cultura e sostenibilità: l’impegno di UCCA per la transizione green

 

Se è vero che il cambiamento verso un futuro sostenibile necessita anzitutto di un cambiamento culturale, è anche vero che ad oggi non è più possibile pensare a un’offerta culturale che non tenga conto nella sua attuazione delle sfide della sostenibilità.  

Come può nel concreto il comparto culturale sostenere la transizione green e diventare attivatore di cambiamento? Un interrogativo aperto a cui UCCA – Unione dei Circoli Cinematografici Arci sta provando a dare una risposta concreta attraverso il progetto “Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo” sostenuto dall’UE – Next Generation nell’ambito dell’avviso TOCC “Capacity building per gli operatori della cultura per gestire la transizione digitale e verde”. 

UCCA Aps è un’associazione nazionale di promozione della cultura cinematografica attiva dal 1967 e riconosciuta dal Ministero della Cultura e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che associa circa 180 cineclub in tutta Italia. Il prototipo di circolo UCCA ha ben poco a che spartire con la classica sala cinematografica: è uno spazio informale, spesso accuratamente arredato con materiali di risulta, pensato per e adibito a ospitare eventi culturali ad ampio spettro e interdisciplinari, che coniugano il cinema con live-act, performance, dj-set, reading, in un flusso ininterrotto di suggestioni rivolte a stimolare e soddisfare qualsiasi curiosità intellettuale.

“Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo” rappresenta un percorso di crescita collettivo della rete, reso possibile dall’utilizzo di metodologie e pratiche partecipative, quali focus group e world cafè, che porterà alla realizzazione di una proposta condivisa di linee guida e buone pratiche per i circoli del cinema che intendono affrontare la transizione verde.

Ne abbiamo parlato con gli ideatori del progetto.

 

Da quali esigenze e riflessioni nasce il progetto “Ambiente e cultura per il cambiamento: la transizione verso nuovi luoghi dell’audiovisivo”?

Il progetto nasce dalla riflessione in corso negli anni recenti sulle trasformazioni che hanno investito la fruizione cinematografica (la crisi delle sale, l’aumento del consumo individuale di audiovisivi etc) e di conseguenza le trasformazioni che hanno affrontato e stanno affrontando alcuni dei nostri circoli, anche con strategie diverse fra loro. Accanto a ciò, il tema politicamente che ha raggiunto i primi posti in agenda è la crisi climatica, su cui si sono attivate le ultime generazioni di attivisti – tema che non possiamo ignorare. 

Le nostre basi operano principalmente in degli spazi (che fanno spostare le persone, consumano energia, producono rifiuti) il cinema è fatto essenzialmente di proiezioni (che consumano energia): non vogliamo rinunciare né ai nostri spazi né alle nostre proiezioni per essere a impatto zero, ma vogliamo individuare, insieme ai nostri operatori/trici e a degli esperti che ci stanno accompagnando, le modalità per mantenere le nostre attività e ridurre il nostro impatto. 

Con che modalità coinvolgete i circoli cinematografici? Quali sono i loro feedback finora?

Ai circoli e ai dirigenti si chiede non solo di partecipare e iscriversi ma di portare le proprie esperienze, anche icasticamente condividendo durante gli incontri del progetto dei materiali pubblicitari e tutto ciò che può rappresentare le azioni svolte, sia dentro che fuori l’ambito della transizione ecologica. Ogni spunto, spesso sottovalutato o non visto nell’ottica del progetto, può essere invece utile per provare a generare un’azione di intelligenza collettiva che trova gli opportuni suggerimenti che ci portano a ragionare nell’ottica della transizione verde partendo da ciò che già si è. I feedback dalle operatrici e dagli operatori coinvolti sono molto lusinghieri tanto è vero che laddove possibile e previsto alcune persone stanno scegliendo di seguire più appuntamenti. In particolare viene apprezzata la dimensione di rete del progetto e la tematica sulla quale si concentra che è già al centro del dibattito e della riflessione delle nostre basi associative.

Quali sono i principali vantaggi che i circoli cinematografici possono ottenere attraverso la partecipazione al progetto?

I vantaggi sono di due tipi. Vi sono vantaggi diretti rispetto alla tematica affrontata, ovvero quella della transizione ecologica, rispetto alla quale le operatrici e gli operatori coinvolti sentivano e percepivano diverse esigenze. Il bisogno di essere formati e informati, la necessità di provare a sperimentare e a ricercare insieme delle soluzioni comuni e condivise che diverranno poi patrimonio di tutta la rete Ucca. In maniera indiretta questi incontri rafforzano poi la coesione e quel meccanismo di scambio e conoscenza tra le basi della rete Ucca e tra operatori e operatrici e vengono visti anche come la possibilità, specie per quei territori più “marginali”, che non a caso sono stati al centro della strategia e del piano operativo degli incontri, di poter essere al centro di un grande dibattito e di una grande riflessione che è politica e organizzativa insieme.

Quali sono i prossimi appuntamenti?

I prossimi appuntamenti del progetto ci vedranno impegnate e impegnati nell’individuazione di strategie, interne ed esterne, organizzative e di tipo comunicativo che ci permettano di far compiere alle nostre basi dei passi avanti decisivi verso la graduale transizione verde delle nostre pratiche e dei nostri spazi. In particolare il 29 marzo a livello nazionale saremo collegate in un world cafe online, mentre il 7 aprile saremo ad Agrigento per un focus group sempre sui temi del progetto. Ancora il 20 aprile un altro appuntamento nazionale online e nel mese di maggio chiuderemo il cerchio andando finalmente a scrivere il nostro “manifesto green” il quale sarà il frutto di tutte le riflessioni e gli spunti raccolti durante gli incontri di questi mesi. Non prima di aver attraversato le città di Bari, Napoli, Carbonia e Ferrara.

 

 


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Idrogeno

Coradia Stream il primo treno a Idrogeno inizia le sue sperimentazioni

Il primo treno Coradia Stream alimentato ad idrogeno ha lasciato lo stabilimento Alstom di Savigliano per raggiungere quello di Salzgitter, in Germania, ed essere sottoposto ai primi test statici con l’idrogeno e test dinamici a bassa velocità.

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Eventi

Venerdì  23 febbraio a Genova nasce CTE-Genova-Opificio digitale per la Cultura

Venerdì  23 febbraio presso l’Ex Stazione di Prà, in via Prà 39 a Genova viene inaugurato il progetto CTE-Genova-Opificio digitale per la Cultura che punta a favorire e promuovere nuove opportunità di sviluppo per le imprese,  per le start-up e le piccole e medie imprese, per realizzare e offrire soluzioni innovative per il settore della cultura e della creatività. (altro…)


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